[23/06/2010] News

Gli oceani subpolari sono la chiave climatica dei tropici. Un "El Niņo" planetario e un nuovo pliocene?

LIVORNO. Un team internazionale guidato dai ricercatori dell'Institut de ciència i tecnologia ambientals (Icta) dell'Universidad autònoma de Barcelona (Uab) e composto anche da scienziati tedeschi, svizzeri e britannici, ha pubblicato i primi registri dell'evoluzione delle temperature della superficie marina dell'Atlantico settentrionale e meridionale e del sud Pacifico dal pliocene, un'era iniziata 3,65 milioni di anni fa, fino ad oggi. I dati ottenuti con questa ricostruzione sono stati resi noti con lo studio "Subpolar link to the emergence of the modern equatorial Pacific cold tongue" pubblicati su Science ed indicano che le zone più vicine ai poli di entrambi gli oceani hanno giocato un ruolo fondamentale nell'evoluzione del clima dei tropici.

La ricerca rappresenta un altro tassello al puzzle degli studi sul comportamento degli oceani e sulla loro influenza sulla complessa macchina climatica del nostro pianeta.

L'Icta in una nota spiega che «Lo studio del clima del pliocene è oggetto di un'intensa indagine da diversi anni, dato che rappresenta il periodo climatico più vicino nella storia della terra nel quale, durante uno certo spazio di tempio, le temperature medie del pianeta furono significativamente più elevate che nel presente. Pertanto, si considera che il Pliocene o possa essere rappresentativo del clima della terra nelle future condizioni di riscaldamento globale».

I ricercatori hanno analizzato e misurato composti organici chiamati alchenoni getto internazionale nei sedimenti marini raccolti attraverso il progetto "Integrated Ocean Drilling Program", un programma globale di ricerca marina globale che, come spiega il bollettino scientifico dell'Ue Cordis «Ha lo scopo di studiare la storia e la struttura delle Terra e di monitorare gli ambienti al di sotto del fondo marino. Gli alchenoni sono composti organici molto resistenti prodotti dal fitoplancton che abita in superficie. Poiché queste microscopiche piante marine cambiano la composizione chimica del loro alchenone con il fluttuare delle temperature, i ricercatori sono stati in grado di usarle come biomarcatori per ricostruire le temperature della superficie dell'oceano di milioni di anni fa».

Erin McClymont, una scienziata della Newcastle university che ha partecipato alla ricerca, spiega che «Le molecole di fitoplancton sono come fossili di conchiglie o di pesci che cadono sul fondo dell'oceano e vengono conservati. Le molecole del fitoplancton rimaste sono state gradualmente sepolte sotto strati di sedimenti al di sotto del fondo dell'oceano e analizzando tali sedimenti siamo stati in grado di ricostruire le temperature della superficie dell'oceano nel passato».

La ricostruzione della temperatura superficiale del nord Pacífico e dell'Atlantico meridionale ha permesso di identificare un raffreddamento simultaneo della superficie marina nelle zone subpolari dei due emisferi in un periodo tra gli 1,8 e gli 1,2 milioni di anni. Questo periodo coincide con il tempo di formazione della "lingua fredda", una fascia di acque fredde superficiali, larga circa 1000 kilometri, che scorre lungo il Pacifico equatoriale e che attualmente sparisce quasi durante il fenomeno di "El Niño".

I ricercatori dell'Icta spiegano che «Studio precedenti hanno dimostrato che durante le condizioni calde del Pliocene, questa lingua di acqua fredda non esisteva, in modo che le condizioni nel Pacífico equatoriale erano simili quelle di un episodio di "El Niño" permanente. I dati ottenuti in questo studio indicano che il raffreddamento e l'espansione delle acque polari verso i tropici intensificarono la circolazione atmosferica. E questo giocò un ruolo fondamentale nel Pacifico equatoriale, provocando la diminuzione della profondità del termoclino - - lo strato di acqua degli oceani dove la temperatura scende rapidamente - e, pertanto, l'apparizione della lingua di acqua fredda che osserviamo attualmente. La ricerca realizzata apporta l'evidenza empirica, prima descritta in studi con modelli climatici, che gli oceani delle alte latitudini possono giocare un ruolo chiave nel controllo dei clima tropicali e, in particolare, nella profondità del termoclino nel Pacífico equatoriale». La McClymont evidenzia che «Le coperte del team mostrano che le regioni oceaniche vicine ai poli hanno un ruolo fondamentale nel determinare il clima mondiale. Uno dei risultati di un aumento della temperatura globale potrebbe essere un aumento della profondità della termoclina, uno strato di acqua dell'oceano nel quale le temperature cambiano rapidamente, e una contrazione della lingua fredda nel Pacifico orientale, che attualmente porta acque fredde e profonde in superficie».

Infatti, la ricerca contribuisce al dibattito su quali siano le aree del pianeta che, quando cambiano il loro clima locale, danno luogo a processi di cambiamento globale. Fino ad oggi si pensava che queste zone si trovassero soprattutto nei tropici, dove si producono fenomeni imponenti come "El Niño" che produce gravi perturbazioni climatiche, come inondazioni e siccità, con ripercussioni a livello planetario, lo studio evidenzia l'importanza che hanno le zone polari: «Attualmente, le alte latitudini sono quelle che sembrano rispondere in maniera più evidente al riscaldamento globale. Data la stretta relazione dimostrata in questo studio tra le variazioni del clima in queste zone e la profondità del termoclino nel Pacifico equatoriale, sembra possibile che la lingua fredda equatoriale cessi in risposta all'attuale riscaldamento, producendo uno scenario climatico simile a quello del Pliocene».

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