[15/07/2010] News

Energia nucleare e (in)sicurezza energetica

LIVORNO. Secondo l'International Energy Agency (Iea) la sicurezza energetica è «la disponibilità fisica ininterrotta a un prezzo accessibile, nel rispetto delle preoccupazioni per l'ambiente», si tratta quindi di garantire l'approvvigionamento delle risorse necessarie per produrre energia. Parte da qui l'analisi che Greenpeace International fa della rapporto annuale 2009 dell'Euratom Supply, la cui «missione é quella di assicurare un regolare ed equo approvvigionamento di combustibili nucleari per gli utilizzatori comunitari». Il rapporto dell'Agenzia dell'Euratom fornisce infatti molte informazioni interessanti sui flussi di uranio da e per l'Unione europea.

«La sicurezza energetica è spesso citato come uno dei principali vantaggi del nucleare (ignoreremo per ora la sua totale mancanza di rispetto per le tematiche ambientali) - spiega Greenpeace - La teoria vuole che nei Paesi con reattori nucleari si faccia meno affidamento sulle importazioni di gas e petrolio da regioni instabili come il Medio Oriente. Quel che la teoria ignora è che questi Paesi si stanno scambiando le risorse l'uno con l'altro: dai combustibili fossili all'uranio. Come il petrolio e il gas, l'uranio è una risorsa limitata e controllata da qualcuno che la fornisce. Ogni nazione nucleare, che non ha propri rifornimenti di uranio è quindi del tutto dipendente da altri Paesi. Questo non è quel che chiameremmo sicurezza energetica».

Greenpeace basa la sua convinzione proprio sui dati forniti dal rapporto Euratom che a pagina 25 riporta un grafico (nell'immagine) che mostra come nel 2009 solo 2,73% dell'uranio fornito alle utilities dell'Unione europea proveniva dalla stessa Ue. Quasi la metà dell'uranio che manda avanti le centrali nucleari europee proviene dall'ex Urss (Russia, Kazakistan, Uzbekistan) e dall'Africa (Niger, Sudafrica e Namibia). Quindi l'uranio, proprio come il petrolio e il gas, ha lo stesso difetto politico che si vorrebbe ovviare: proviene spesso da Paesi con governi instabili e/o autoritari che hanno un discutibile concetto dei diritti umani. Il rinascimento nucleare, che per esempio dovrebbe rendere l'Europa meno dipendente dalle forniture di gas russo, fa e farà affidamento soprattutto sulle forniture di uranio russo...

L'Iea ieri ha presentato il suo rapporto biennale "Energy Technology Perspectives"  che fornisce «indicazioni su come realizzare un futuro energetico pulito, intelligente e competitivo» e su come le emissioni di CO2 potrebbero tornare ai livelli attuali entro il 2050. In questo rapporto lo scenario nucleare è molto simile a quello presentato nel 2008 e prevede che nel 2050 nel mondo ci saranno in funzione 1.200 reattori nucleari. «Purtroppo - dice Greenpeace - questo massiccio investimento di tempo, energia, lavoro, denaro e risorse ridurrà le emissioni di CO2 solo di appena il 6%», come evidenzia il grafico a pagina 6 della sintesi del rapporto. Niente rispetto ad un 17% di riduzioni delle emissioni prodotto dalle fonti rinnovabili e dal 58% ottenuto con carburanti più efficienti ed il risparmio energetico.

Il costo aggiuntivo previsto dall'Iea per ottenere tutti questi tagli di CO2 sarebbe di 6.000 miliardi di dollari. «Il fatto - spiega Greenpeace - è che con il costo dell'energia nucleare sta salendo a razzo rispetto a quello di adesso, la costruzione di centrali nucleari di nuova generazione potrebbe inghiottire da solo i 6.000 miliardi. 6.000 miliardi di dollari divisi tra 1.200 reattori fa cinque miliardi di dollari. Questo è inferiore all'attuale costo a cui sono arrivate le centrali cosiddette di terza generazione e allo stato dell'arte dell'Epr.  Immaginate quanti progetti di energia pulita e rinnovabile e programmi di efficienza si potrebbero costruire con tutti quei soldi».

Il rapporto Iea spiega anche un'altra cosa: se fossero costruiti questi reattori nucleari nell'arco della loro vita utilizzerebbero 5 milioni di tonnellate di uranio e questo, secondo la stessa Agenzia, «Equivale alle risorse convenzionali correnti conosciute», inoltre la corsa all'uranio aumenterà lo sfruttamento degli esseri umani e dell'ambiente nei Paesi che ospitano le miniere. Tutto questo viene definito"sicurezza energetica".

Nel complesso il "20 Energy Technology Perspectives" usa un linguaggio ottimista per dare pessime notizie all'industria nucleare ed ai suoi indefettibili sostenitori: se anche la durata di vita dei reattori esistenti venisse estesa fino al 2050, i tanti nuovi reattori nucleari necessari a raggiungere l'obiettivo richiesto semplicemente no potrebbero essere costruiti senza un'espansione enorme delle expertise e della capacità produttiva. MA casi come quelli della Corea del nord, dell'Iran, del Myanmar, della Siria e del Pakistan, dimostrano che il mondo non può permettersi una "liberalizzazione" delle conoscenze e delle tecnologie nucleari senza rischiare la propria sicurezza  «Sempre più paesi sono in gara per le risorse per costruirsi i propri reattori - dice Greenpeace - Corrono nella direzione sbagliata».

Dove prenderemo tutto questi uranio extra? La competizione tra Paesi emergenti come Cina ed India e l'Europa per l'uranio russo, asiatico e africano sembra destinata ad aumentare e spingerà i prezzi dell'uranio  verso l'alto, rendendo l'energia nucleare ancora più costosa di quanto lo sia già. L'Euratom potrebbe avere non poche difficoltà a svolgere il suo compito  di assicurare «Un regolare ed equo approvvigionamento» di carburante nucleare per l'Ue.

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