[11/08/2010] News toscana

Ai parchi non basta un po' d'ossigeno

PISA. A tenere banco sulla vicenda dei parchi sono ancora i tagli pesanti per i parchi nazionali e su quelli che indirettamente si scaricano anche sui parchi regionali. Lo stato infatti li colpisce entrambi; direttamente nel caso di quelli nazionali indirettamente gli altri tagliando massicciamente risorse alle regioni e agli enti locali.

Gli effetti non sono naturalmente gli stessi dappertutto. E non solo in conseguenza del ridursi delle risorse. Diverse sono state e sono infatti anche le reazioni politico-istituzionali sulle quali forse l'attenzione risulta minore. Parlare però in questo contesto di ‘isole felici' è forse azzardato anche se sicuramente vi sono per fortuna realtà regionali che non hanno issato bandiera bianca.

Sotto questo profilo l'aspetto più inquietante riguarda quelle regioni che dopo le elezioni hanno pensato o stanno pensando di azzerare la situazione commissariando tutte o la maggior parte dei loro parchi. In nessun paese del mondo il cambio di governo nazionale o regionale produce simili effetti che possono solo ingarbugliare ulteriormente situazioni già complicate e difficili.

Penso alla Campania, al Lazio ma anche a quelle regioni che essendosi da poco dotate di nuove norme come il Piemonte corrono Il rischio di modificarle prima ancora di sperimentarle. Poi vi sono regioni -è il caso della Liguria-che al momento preferiscono ragionevolmente pensare soprattutto ai parchi e alle aree protette che hanno, piuttosto che puntare nell'immediato ad una loro estensione.

E se qualcuno lo fa come per il parco nazionale dell'Appennino-Tosco Emiliano non per questo non deve mettere mano al più presto -è il caso della Toscana- ad una nuova legge regionale che ridefinisca meglio il ruolo complessivo dei parchi nella programmazione regionale. Che è il vero tema anche nazionale e che riguarda in primis il ministero ma anche quelle regioni che finora si sono trastullate con i parchi tanto che anche i riferimenti ormai preistorici come il Gennargentu continuano a provocare incredibili turbolenze.

Salvo poi scoprire - e qui entra in campo a tutti gli effetti il ministero e lo stato- che in quella regione hai un'area marina come quella di Tavolara che funziona bene ma che manca ‘soltanto' di uno strumento di gestione, di un piano e deve affidarsi ad una ordinanza della Capitaneria di Porto per avere un minimo di riferimento operativo. E mentre al ministero ci si ostina a considerare cocciutamente le aree protette marine cosa propria e guai a chi le tocca, da qualche parte si chiede puramente e semplicemente di togliere dalla legge quadro qualsiasi riferimento pianificatorio che le assimili ai parchi terrestri.

E qui si viene al punto cruciale di questa vicenda che non potrà considerasi chiusa solo quando avremmo strappato qualche risorsa in più. Non basta insomma una boccata d'ossigeno.
Il tarlo dei parchi prima che nei bilanci sta infatti nelle competenze e nella gestione. Le prime sono andate via-via ridimensionandosi a cominciare dal paesaggio ma anche in quei progetti nazionali e comunitari di cui parlava e parla la legge 426 che sono rimasti lettera morta vuoi per la costa, le Alpi, l'Appennino, le piccole isole al punto che oggi c'è il rischio che siano battute all'asta perfino celeberrime cime dolomitiche dopo il riconoscimento dell'UNESCO.

Eppure abbiamo parchi interregionali di grande e grandissima dimensione che operano al pari dei distretti idrografici su scale certo non racchiudibili in confini amministrativi e neppure padani che potrebbero mettere bene a frutto anche le risorse comunitarie sovente inutilizzate in tutto o in parte. La contraddizione sempre più evidente e acuta -anche se spesso ignorata- è che a fronte di una realtà ambientale che reclama interventi e una gestione sempre più accorta e dotata di progetti e strumenti adeguati, a pagare dazio sono stati e sono proprio le autorità di bacino come i parchi senza i quali stato, regioni,.province e comuni risulteranno una filiera istituzionale insufficiente e inadeguata perché incompleta e priva di competenze e conoscenze indispensabili. E qui a non avere la carte in regola oltre allo stato sono anche troppe regioni ed enti locali.

Ecco perché non basta garantire qualche boccata d'ossigeno pur indispensabile.
Se vicende che riguardano parchi storici come il Circeo non trovano pace e anche il Gran Paradiso torna dopo anni a risollevare la questione del ruolo delle due regioni ma soprattutto che le decisioni più importanti a partire dalla nomine del presidente e del direttore vengono decise a Roma con tanti saluti al federalismo e alla leale collaborazione non basta davvero qualche euro in più a mettere le cose a posto.

Ecco perché i parchi e le loro rappresentanze debbono farsi sentire e valere di più.

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