[19/08/2010] News

L'Equador rinegozia i contratti petroliferi (anche dell'Agip), verso la nazionalizzazione soft

LIVORNO. Dopo Venezuela e Bolivia anche l'Equador si riappropria delle sue risorse del sottosuolo. Il governo progressista di Rafael Correa ha iniziato a convocare le multinazionali petrolifere che operano in Equador per rinegoziare i loro contratti. Le prime sono state la ispano-argentina Repsol-Ypf e la cilena Enap.

Il ministro delle risorse non rinnovabili di Quito, Wilson Pastor, ha annunciato che in tutto nel 2010 saranno rivisti 33 contratti di estrazione che verranno trasformati in contratti di prestazione di servizi. Fino ad ora le multinazionali avevano contratti di estrazione ed erano le proprietarie del graggio estratto.

Quindi si tratta di una nazionalizzazione soft: le multinazionali continueranno a estrare il petrolio equadoriano (e a guadagnarci anche se un po' meno) ma non ne saranno proprietarie. Le multinazionali dovranno anche prevedere risorse ogni anno per eventuali bonifiche ambientali in caso di incidenti.

A luglio l'entrata in vigore di una legge di riforma ha reso lo Stato dell'Equador proprietario unico della produzione del suo greggio che attualmente supera i 470.000 barili al giorno. Quito intende imporre alle multinazionali una tariffazione unica per «Salvaguardare tra l'80 e il 0 90% dell'entrata petrolifera, cioè dei benefici tratti dalla vendita del petrolio».

Domani è la data ultima per presentare commenti e osservazioni che non possono riguardare 4 punti del contratto, cioè le decisioni politiche del governo. Alle multinazionali straniere sono già stati sottoposti due diverse versioni di contratto, sono al lavoro 13 gruppi di negoziazione e gli accordi più importanti dovranno essere conclusi entro il 23 novembre, tutti gli altri entro il 23 gennaio 2011.

Dopo Repsol-Ypf e Sipec, toccherà ad Andes Petroleum e Petroriental, il terzo turno sarà per Petrobras eed Agip, il quarto per imprese che operano in campi petroliferi marginali: TecPetroecuador, Petrosud e alla fine toccherà a Petrobell, al Consorcio petrolero Amazónico e al Consorcio energético Gran Colombia.

Pástor ha spiegato che «L'organismo rector (la controparte dell'impresa petrolifera) è la Subsecretaría de Hidrocarburos e non la Petroecuador. I problemi fiscali e di controllo saranno a carico dell'Agencia Nacional de Control Hidrocarburífera, creata di recente, le audizioni finanziarie ed economiche le realizzerà il Servicio de Rentas Internas».

Per quel che riguarda le tariffe il ministro ha detto che saranno in relazione al costo, agli investimenti ed ai rischi che si assumono le imprese petrolifere: «Le tariffe saranno negoziate in forma individuale per ogni contratto. Non è lo stesso per un contrato di Repsol che produce intorno a 40.000 barili nel Bloque 16 e per un contratto che produce 7.000 barili in uno di quelli chiamati marginali».

Attualmente l'Equador riceve il 65% delle entrate della vendita del petrolio dalle imprese private, con i nuovi contratti vuole arrivare ad una partecipazione dello Stato dell'85%. Le multinazionali dovrebbero accontentarsi di una redditività tra il 18 e il 22% per i nuovi campi petroliferi e tra il 15 e il 18% per quelli già in produzione.

La Commissione di negoziazione dell'Equador sarà formato da un delegato del ministro delle risorse naturali non rinnovabili, da un delegato del ministro dei settori energetici e dal ministro dell'ambiente o da un suo delegato. La commissione riferirà ogni settimana e mensilmente al Comité de Licitación sobre los avances de las negociaciones. «Questo gruppo orienterà i negoziati nel modo più conveniente per gli interessi del Paese - assicura Pástor - In questo modo si firmeranno gli atti di accordo per arrivare ad una felice soluzione con tutti. Io avrò l'ultima parola nel negoziato».

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