[01/09/2010] News

Accordo sul Tapi, il gasdotto della guerra che dovrebbe pacificare l'Afghanistan

LIVORNO. Mentre il sangue dei soldati americani continua a bagnare l'Afghanistan e Obama si impantana e perde consensi in una guerra voluta da George W. Bush, arriva a conclusione l'iter di uno dei progetti che probabilmente è una delle cause nascoste del conflitto: i governi del Turkmenistan e dell'Afghanistan il 30 agosto hanno firmato a Kabul l'accordo quadro per la costruzione del Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India Gas Pipeline Project (Tapi), un gasdotto che porterà il gas dell'Asia centrale ex sovietica sulle sponde dell'Oceano Indiano e che, se i lavori partiranno entro quest'anno, dovrebbe essere pronto per il 2015.

I turkmeni ora andranno a Islamabad e New Delhi per firmare accordi simili con i governi del Pakistan e dell'India e sigillare così una pax gasiera asiatica basata sulla guerra afghana. I giornali e le televisioni del regime turkmeno hanno annunciato che il presidente Gurbanguly Berdymoukhammedov e quello afgano Hamid Karzai presenteranno questo mese il Tapi direttamente all'assemblea generale dell'Onu.

Il progetto, praticamente sconosciuto all'opinione pubblica occidentale, che dovrebbe collegare la città turkmena di Dauletabad, attraverso Herat, Helmand e Kandahar in Afghanistan, a Quetta e Multan in Pakistan e a Fazilka in India, ha una storia lunga e tribolata che inizia nel 1995 su iniziativa del Turkmenistan e del Pakistan. Ma gli Usa hanno promosso il Tapi fin dagli anni '90, quando i talebani governavano l'Afghanistan.

Allora per il progetto erano in gara due consorzi: uno guidato dalla famigerata impresa statunitense Unocal e l'altro dall'argentina Bridas. Il governo Usa ha appoggiato e imposto l'Unocal e i suoi negoziatori hanno partecipato dal 1997 al 2001 alle six-plus-Two conferences (i 6 paesi confinanti con l'Afghanistan, più Usa e Russia) con l'obiettivo di convincere i talebani a formare un governo di unità nazionale. Ma alla fine i talebani controllavano il 90% dell'Afghanistan ed avevano praticamente distrutto l'Afghan Northern Alliance.

L'Unocal fu ascoltata addirittura dal Congresso Usa e spiegò che «Non possiamo iniziare la costruzione della pipeline fino a quando in Afghanistan non sarà installato un governo riconosciuto internazionalmente. Per il progetto preliminare c'è bisogno di finanziamenti internazionali, di accordi governo-governo e governo.consorzio». Il presidente della Bridas scelse un altro approccio: passò otto mesi sui monti afgani a trattare con i capi tribù delle aree interessate dalla pipeline e alla fine disse che era sicuro della loro collaborazione. Fu allora che l'amministrazione Bush chiese al regime dei talebani di formare un governo di unità nazionale che includesse le tribù tagike, uzbeke e azare del nord.

I negoziati con i talebani si interruppero nel luglio 2001, l'11 settembre ci fu l'attentato alle torri gemelle di New York e al Pentagono. A ottobre gli Usa cominciarono la guerra ai telebani con l'assistenza alla Northern Alliance.

Nel 2002 i 4 governi interessati hanno firmato un accordo per costruire la condotta lunga 1.680 km, che dovrebbe alimentare Pakistan, India ed l'Afghanistan ma anche le navi gasiere dei Paesi di mezzo mondo. Un gasdotto che fornirà ogni anno almeno 30 miliardi di metri cubi di gas provenienti dai giacimenti del sud-est del Turkmenistan (4.500 miliardi di m3), finanziato dalla Banca Asiatica di sviluppo per un costo previsto di 4 miliardi di dollari (erano 3,3 solo 6 mesi fa...) che i talebani e la guerra potrebbero far lievitare ancora, anche in tempi di realizzazione.

Un progetto fortemente sostenuto da diversi Paesi occidentali, in particolare gli Usa, e da influenti organizzazioni finanziarie internazionali, con il non recondito scopo di indebolire l'egemonia energetica russa in Asia centrale e di bypassare l'Iran, facendo del Pakistan il porto del gas turkmeno e rendendo non necessario costruire il gasdotto Iran-Pakistan-India (Ipi). Il tutto si basava su una guerra lampo in Afghanistan che è diventata un pantano sanguinoso dal quale nessuno sa più come uscire e dove era affondato anche il progetto Tapi, che dovrebbe attraversare aree come il Pashtunistan, saldamente in mano ai talebani. Ma qualcosa evidentemente sta cambiando, visto che la costruzione del gasdotto ha improvvisamente conosciuto un nuovo interesse.

Nel 2008 ci sono stati diversi incontri bilaterali: in aprile, una delegazione pakistana è andata ad Ashgabat, per proporre un nuovo itinerario per il Tapi che costeggia la zona devastata dalla guerra e raggiunge il porto pakistano di acque profonde di Gwadar. I turkmeni hanno detto che avrebbero fornito il gas dei giacimenti di Yasrak, al posto di quello previsto inizialmente dei campi di Dauletabad. Nel settembre 2009, il ministro degli Esteri indiano, S.M. Krishna, ha fatto visita al presidente turkmeno per discutere i termini della partecipazione dell'India al Tapi.

Probabilmente la svolta c'è stata il 22 aprile ad Islamabad durante l'incontro dei ministri del petrolio e del gas dell'Asia centro-meridionale, dove l'India ha deciso definitivamente di entrare nell'affare del gasdotto trans-afgano (e il Pakistan lo ha accettato). L'india ha detto però di non voler rinunciare al gasdotto Ipi (che secondo gli iraniani potrebbe addirittura allacciarsi al Tapi e magari al Nabucco), una cosa che fa storcere il naso agli americani, già in disaccordo con il Pakistan riguardo alle tasse di transito del gas turkmeno.

Secondo Shri K. Santhanam, presidente dell'India-Central Asia Foundation, l'adesione dell'India al Tapi è più che logica: «I bisogni di energia dell'India non smettono di crescere, deve quindi diversificare le sue fonti di approvvigionamento. La decisione di aderire al progetto Tapi è conforme a questo obiettivo».
Numerosi esperti pensano addirittura che sarà difficile realizzare davvero il Tapi in aree controllate dagli insorti, ma gli indiani sono fiduciosi, puntano sulla corruzione, o meglio, come dice Santhanam, sul fatto che «molti gruppi di questo Paese sono interessati ai soldi. D'altra parte, occorre proseguire la prospezione di nuovi giacimenti in Turkmenistan».

Chi è preoccupato è invece proprio il Turkmenistan che il 16 agosto ha proposto di organizzare una conferenza di alto livello sull'Afghanistan sotto l'egida dell'Onu. Il portavoce del ministero degli esteri di Ashgabat, Serdar Durdyev, ha annunciato che «Il Turkmenistan ha anche l'intenzione di operare per l'elaborazione di un programma a lungo termine sulla ricostruzione dell'Afghanistan durante la prossima sessantacinquesima sessione dell'Assemblea génerale dell'Onu».

Il programma dovrebbe comprendere iniziative per accompagnare la realizzazione del Tapi con la realizzazione di reti di telecomunicazioni e trasporto di elettricità, creazione di industrie diversificate, costruzione di scuole, ospedali ed altre infrastrutture sociali. In effetti, il gasdotto potrebbe essere più grande progetto di sviluppo mai visto in Afghanistan. Secondo l' Ambasciatore dell'Afghanistan in Canada, le entrate dei diritti di transito potrebbero ammontare a 300 milioni di dollari all'anno, più o meno un terzo degli investimenti nazionali per lo sviluppo (887 milioni di dollari nel 2008/2009 ). I diritti di transito potrebbero contribuire a pagare per gli insegnanti e le infrastrutture necessarie in un Paese dove il bilancio dello Stato per lo sviluppo è costituito per il 90% da donazioni straniere.

«Il Turkmenistan è pronto a partecipare attivamente - ha detto Durdyev - La posa del gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India riveste una grande importanza. La pipeline trans-afghana può dare impulso allo sviluppo dell'economia afghana, regolare le questioni sociali, soprattutto quella della disoccupazione, il che avrà un effetto positivo sulla regione. Bisogna regolare tutti i problemi per via negoziale, creando dei meccanismi diplomatici a lungo termine, tenendo conto della situazione attuale».

Parole sagge, ma che devono fare i conti con la corruzione endemica del governo Karzai e l'ingordigia dei signori della guerra che lo appoggiano, con i talebani e i pashtun e soprattutto con la visione neocoloniale che fino ad ora è prevalsa in Afghanistan, magari mascherata ieri dall'esportazione del socialismo reale con i carriarmati sovietici ed oggi da esportazione della democrazia con i blindati della Nato e con i droni statunitensi.

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