[06/09/2010] News

Le reti da pesca da circuizione possono essere vietate dagli stati membri: ecco perché

LIVORNO. Uno Stato Membro può vietare l'impiego di attrezzi da pesca consentiti in Europa, basta che la misura sia conforme alla politica comune della pesca, che non vada oltre quanto necessario alla realizzazione dello scopo perseguito e non violi il principio di parità di trattamento.

Lo afferma la Corte di Giustizia europea (con sentenza di questo mese) chiamata in causa dal giudice nazionale greco.

La vicenda ha inizio nel 2003 quando alcuni pescatori professionisti e proprietari di battelli da pesca residenti in Kavala, hanno visto negarsi il rilascio della licenza per la pesca della sardina mediante piccole reti da circuizione.

La tecnica consiste nel circondare il banco di pesce con la rete che si chiude nella parte inferiore attraverso un cavo scorrevole per trasformarla in un sacco e catturare tutti i pesci circondati. Pare che in Grecia i pescatori impieghino diversi tipi di reti da circuizione, cioè quelle per sardine e alose e quelle per le aguglie e le costardelle. Queste ultime sono meno lunghe, meno alte e hanno maglie più piccole.

Comunque, per lo Stato greco sono misure vietate (divieto assoluto imposto da una legge nazionale precedente al regolamento europeo) se pur il regolamento europeo relativo alle misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca del mediterraneo consente il loro impiego.

Secondo il legislatore europeo (nel regolamento del 1994 modificato da quello del 2002) le reti da circuizione non sono oggetto di un divieto assoluto, ma di mere restrizioni alla loro utilizzazione.

Infatti, l'impiego delle reti da circuizione è autorizzato purché tale attrezzo sia impiegato oltre 300 m dalle coste o oltre l'isobata di 30 m, qualora tale profondità sia raggiunta a una distanza minore, purché la lunghezza massima della pezza sia di 800 m, l'altezza massima sia di 120 m e le dimensioni delle maglie superiori a 14 mm.

Pur vero, però, che la politica comune della pesca riguarda la conservazione, gestione e sfruttamento delle risorse acquatiche vive. E comporta un approccio alla questione di tipo precauzionale che l'Unione e gli Stati membri devono applicare quando adottano misure destinate a proteggere e conservare le risorse acquatiche vive, a consentire il loro sfruttamento sostenibile o a ridurre le ripercussioni delle attività di pesca sugli ecosistemi marini.

La Grecia, infatti ha adottato tale divieto non per proteggere lo stock di sardine, ma al fine di preservare un habitat fragile e un ecosistema marino.

Del resto il regolamento consente agi Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo di legiferare nei settori della pesca, anche in materia di pesca non commerciale, adottando misure supplementari o che vadano al di là delle esigenze minime del regime istituito dal regolamento, che siano compatibili con il diritto comunitario e conformi alla politica comune della pesca. Gli Stati membri possono imporre misure supplementari più rigorose di quelle previste dall'Ue nelle zone marittime rientranti nella loro sovranità, per proteggere le specie sensibili o minacciate della fauna marina. Tali misure non si limitano alla determinazione di specificazioni tecniche più rigorose di quelle che riguardano gli attrezzi da pesca o i periodi di pesca, ma possono comprendere anche il divieto assoluto di impiegare taluni attrezzi da pesca.

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