[09/09/2010] News

La Bp depista nel Golfo del Messico e ricatta i politici a Washington

LIVORNO. Quello che tutti sapevano è successo: passata la bufera e tappato il vulcano che ha eruttato dal fondo del Messico la peggiore marea nera della storia americana, la Bp comincia a rimangiarsi tutte le promesse di assunzione di responsabilità e scarica tutte le colpe degli 8 errori individuati nel rapporto sull'impresa proprietaria della piattaforma Deepwater Horizon, la Transocean, e sull'atro subcontractor, la famigerata Halliburton responsabile proprio dei lavori con il cemento che sarebbe la vera causa del  disastro. Per sé la Bp si assume solo  la negligenza grave (insomma non avrebbe controllato i pasticci degli altri), cercando di mettere al sicuro i suoi partner Anadarko petroleum e Mitsui che avevano il 10% ciascuno della Deepwater Horizon, una specie di autoassoluzione della sua azzardata e irresponsabile politica di produzione di greggio in acque profonde che la metterebbe al riparo dal pagamento di milioni di dollari di risarcimenti.

Secondo  Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia, «Il rapporto della Bp sul disastro della Deepwater Horizon, commissionato dalla stessa Bp, è uno squallido tentativo di depistaggio sulle cause dell'incidente, scaricando le colpe su vari soggetti. Viene rivelata, tuttavia, una spaventosa sequela di errori, incompetenza e malfunzionamento degli apparati che avrebbero dovuto garantire la sicurezza dell'impianto. Finché le compagnie petrolifere continueranno a mettere a rischio l'ambiente rincorrendo profitti marginali questi compromessi ed errori sono inevitabili. Se vogliamo evitare nuove maree nere, i nostri governi devono finalmente liberarsi dalla schiavitù del petrolio investendo in una rivoluzione energetica pulita».

Di fronte al rapporto della Bp Greenpeace International chiede: «Una moratoria per ogni nuova perforazione off-shore e per tutte le attività di ricerca di altre risorse petrolifere non convenzionali ad alto rischio ambientale, come nell'Artico, e per le sabbie bituminose del Canada; L'eliminazione graduale di tutte le altre perforazioni petrolifere esistenti, in mare e in terra; Che i governi esigano che tutte le compagnie petrolifere siano completamente assicurate per ogni responsabilità civile, penale e ambientale; La fine di tutti i sussidi erogati a sostegno dei combustibili fossili e un aumento di quelli a favore di fonti energetiche pulite; Leggi e politiche forti che pongano un freno al cambio climatico e stimolino una Rivoluzione Energetica».

La risalita dei repubblicani nei sondaggi per le elezioni di mezzo termine negli Usa, che dovrebbero togliere la maggioranza parlamentare ad Obama, stanno ringalluzzendo le Big Oil che sanno che potranno contare come sempre e nonostante tutti i disastri sull'entusiasta sostegno del partito dell'elefante. Le avvisaglie del repentino mutamento dell'atteggiamento "arrendevole" fin qui attuato della Bp si erano già avute il 3 settembre, quando il New York Times scrisse che la Bp aveva lanciato un avvertimento ai parlamentari Usa:  se il Congresso approverà normative più severe sulle trivellazioni nel Golfo del Messico, la Bp non darà i finanziamenti promessi per la bonifica della marea nera della Deepwater Horizon.

David Pettit, senior attorney del Natural resources defense council, un'associazione statunitense con 1,3 milioni di soci, è arrabbiatissimo: «A quanto pare, gli sforzi della Bp per fare "la cosa giusta"  non arrivano oltre la loro "botton line". Al Congresso possono parlare di petro-dollari, ma l'estorsione è illegale negli Stati Uniti tutti e i legislatori devono affondare ancora di più i loro colpi. Quest'ultimo oltraggio della Bp è insopportabile».

Ma il rapporto minimizzante e depistante della Bp dovrà probabilmente fare i conti anche con i dati che stanno raccogliendo diverse associazioni ambientalista. Una di queste è Oceana che ha piazzato in 16 aree del  Golfo del Messico centinaia di sensori tra la superficie e 2000 metri di profondità, che  determineranno la presenza e la concentrazione di idrocarburi tossici intorno la Deepwater Horizon.  Dopo cinque giorni di intervallo, per permettere ai sensori di effettuare la registrazione dei dati, l'equipaggio della nave a bordo dell'Oceana Latitude ha recuperato i sensori e li ha fatti recapitare a un laboratorio indipendente e specializzato. Questo laboratorio porterà a termine le analisi  che permetteranno di  determinare i livelli di inquinamento da idrocarburi tossici nella zona occupata dalla piattaforma della Bp, e anche in altre zone del Golfo ad ovest e a nord della stessa. Si prevede che i risultati saranno pronti tra circa quattro settimane.

L'Ong spiega che «Questo progetto all'avanguardia permetterà di rilevare la presenza di particelle microscopiche e invisibili di derivati del petrolio nelle acque che circondano la piattaforma incidentata. Oceana analizzerà anche il pennacchio di idrocarburi che qualche settimana fa è stato visto dirigersi a sudovest del Golfo a una profondità di centinaia di metri». L'equipe di scienziati è guidata dall'oceanografo Xavier Pastor, direttore di Oceana per l'Europa, ha impiegato due settimane per collocare e recuperare il sistema di rilevamento. Pastor spiega che «La ricerca effettuata dall'équipe diretta dai miei colleghi Jeff Short e Susan Murray è uno dei progetti più importanti e ambiziosi tra quelli previsti nella spedizione di Oceana nel Golfo del Messico. La campagna è iniziata agli inizi di agosto e si prolungherà per due mesi. Questi rilevamenti saranno completati dalle immersioni in diverse zone del Golfo da parte dei sub di Oceana e l'uso di due robot sottomarini che possono raggiungere 300 e 700 metri rispettivamente».

Il progetto è stato ideato Jeff Short, uno specialista in inquinamento da petrolio, uno dei ricercatori della Noaa incaricati dal governo Usa di monitorare gli effetti della fuoriuscita dalla Exxon Valdez. Short è stato anche in Galizia per studiare l'evoluzione della situazione prodotta dalla  catastrofe della petroliera Prestige. Ora come direttore scientifico di Oceana per il Pacifico lavora per evitare lo sviluppo di nuovi impianti petroliferi offshore in Alaska.

Short spiega che «Nessun ente ha collocato un sistema di sensori come quello di Oceana, nemmeno considerando il fatto che l'uso di disperdenti ha frammentato le particelle di greggio fino a renderle invisibili. Una volta analizzati i rilevamenti, otterremo dati reali sull'inquinamento della zona. Bisogna tenere conto del fatto che ventuno anni dopo restano ancora zone costiere e di pesca colpite dal disastro della Exxon Valdez in Alaska, e la fuoriuscita dalla Deepwater Horizon è molto più importante».

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