[20/08/2009] News

Il direttore europeo dell'Oms spiega le differenze tra febbre aviaria e suina

LIVORNO. Sulla base dell'esperienza dell'influenza aviaria, che ha suscitato tanto clamore e si è poi rivelato un problema prevalentemente veterinario, viene da chiedersi se vale la pena mettere in moto una macchina così complessa ed economicamente così imponente come quella che il mondo sta allestendo per fronteggiare l'eventuale febbre suina pandemica.

Lo abbiamo chiesto a Roberto Bertollini, direttore dell'Oms Europa.
«Spiegare la situazione da un punto di vista della comunicazione è molto complicato. All'inizio molte reazioni erano dovute alla mancanza di informazioni, poi mano a mano la situazione è apparsa per fortuna meno grave di quanto non sembrasse all'inizio. Resta il fatto che nel caso del virus A/H1N1, la pandemia è in corso, anche se si tratta di una influenza lieve con mortalità minima e che sembra addirittura inferiore all'influenza stagionale. Nel caso dell'aviaria non c'è stata evoluzione verso la pandemia, e sono pochi i casi di infezione nell'uomo, molto isolati e legati a contagio diretto con pollame infetto».

 

In quel caso si ricorse alla messa a punto del vaccino?
«Sì, si è arrivati alla messa a punto del vaccino che poi andava testato e messo in produzione ma non ce ne è stato bisogno».

Mentre per l'influenza suina a che fase siamo?
«Praticamente la stessa, si sta mettendo a punto il vaccino che poi dovrà essere testato e messo in produzione. Si tratta ancora poi di verificare se sarà possibile fare una dose unica o se dovranno essere previste due dosi e quindi due vaccinazioni successive».

I piani di vaccinazione previsti saranno efficaci?
«Beh, quando sarà possibile farlo sì. E' evidente che sapere ad esempio se la dose sarà unica o meno aiuterà anche a capire quanta sarà la popolazione che potrà essere protetta e quindi per il momento è corretto pensare a dare priorità ad alcune categorie più esposte».

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