[16/09/2010] News

Sviluppo economico: le opportunitą perse e il ministro non trovato

LIVORNO. Industria 2015, piano nazionale per la banda larga, autostrade del mare, legge sulla contabilità ambientale, finanziamenti alla ricerca di base, made in Italy.... Idee e progetti più o meno portati avanti finché ha potuto dal vecchio Governo Prodi. Sicuramente più o meno migliorabili, ma tutti oggi più o meno demoliti dall'attuale esecutivo, che da 4 mesi non ha  né una politica industriale, né un ministero dello sviluppo economico, che viene retto ad interim dal premier tra un tentativo e un altro di sviare processi insieme ai suoi avvocati parlamentari colleghi di partito e talvolta colleghi di imputazioni.

L'ultima disarmante proposta è quella di chiedere aiuto ai governatori delle regioni per far partire il progetto della banda larga, che dopo essere stato defraudato dei finanziamenti previsti fino alla quota già risibile di 800 milioni, ora è diventato un misero plafond di appena 100 milioni. Da destinare prioritariamente ai distretti industriali, anche se difficilmente l'esigua coperta (sempre che non venga ulteriormente sminuzzata)  riuscirà a coprire i 73 distretti industriali attualmente privi di collegamenti veloci. Anche perché quello del ministero dello sviluppo economico alle singole regioni, è un suggerimento, o se vogliamo un'implorazione di aiuto, visto che di alternative ce ne sono eccome: il decreto ministeriale del 7 maggio infatti indica altri possibili obiettivi o settori, come il risparmio energetico, il rafforzamento dei distretti sui mercati internazionali, lo sviluppo di reti di imprese, l'abbigliamento e la nautica.

Insomma, il governo ancora una volta decide di non decidere e passa la patat(ina) bollente alle singole regioni, a cui i fondi sono già stati tagliati in lungo e in largo e che invece si spera riescano a corroborare la parte di soldi che gli spetta. Senza ovviamente indicare un direzione che guardi al futuro e alla sostenibilità, come se tutti i distretti industriali fossero uguali da questo punto di vista.

Anche il destino di Industria 2015 sembra ormai segnato: occorrerebbe uno sforzo delle regioni per completare il finanziamento dei progetti originarie per finanziare nuovi bandi (ne sono stati portati avanti finora tre: ‘efficienza energetica', ‘mobilità sostenibile' e tecnologie per il made in Italy').

A proposito di made in Italy, la legge Reguzzani-Versace-Calearo sull'etichetta obbligatoria è impantanata negli uffici dei ministeri e la data del primo ottobre non sarà sicuramente rispettata.

Vogliamo continuare sui freni alla competitività che l'Italia sta mettendo in atto con certosino menefreghismo, sia doloso che colposo? Il caso dell'università di Bologna è abbastanza emblematico: hanno ragione gli atenei che chiedono ai ricercatori di svolgere i loro compiti didattici oppure hanno ragione i ricercatori che negano che fra i loro compiti vi sia la didattica? Sergio Luzzato sul Sole24Ore spiega che quando fu creata la figura del ricercatore questo doveva appunto occuparsi di ricerca, limitandosi a collaborare con i professori ordinari. Con al riforma 3+2 i corsi si sono moltiplicati e quindi i ricercatori sono stati pagati per fare sempre più spesso docenze, fino agli anni più recenti, quando a causa delle ristrettezze economiche questi benefit sono stati anche azzerati, mentre la ricerca è stata quasi completamente abbandonata. Tutto questo ovviamente in un contesto che vede l'Italia fanalino di coda negli investimenti in ricerca, ormai guidati solo dai privati che inevitabilmente ignorano la ricerca di base, con l'ultimo grido di protesta che si alza addirittura dalla platea dei giovani di Confindustria. Il che è tutto dire.

Intanto negli altri Paesi la crisi economica non appare, come invece purtroppo ed erroneamente accade da noi, sovraordinata alla crisi ecologica, tutt'altro. Ieri per esempio è stata inaugurata l'autostrada del mare Nantes Gijon: con 30 milioni divisi tra Spagna e Francia, e altri 5 stanziati dall'Ue per ammodernare i porti, si è creata un'alternativa più veloce, più economica e più ecologica alla trafficatissima A10 che collega la Bretagna alla Francia.

Da noi gli ecobonus per le autostrade del mare sono stati cannibalizzati da mille altre piccole grandi opere e grandi eventi, perdendo anche in quest'occasione l'opportunità di modernizzare un Paese e garantirgli un futuro.

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