[16/09/2010] News

Wec 2010: «Consultazione cittadini in pianificazione progetti energetici è elemento del loro successo»

LIVORNO. Probabilmente i puristi e gli integralisti, quelli che sono sempre più a sinistra (o a destra) di tutti e che in Italia abbondano, storceranno il naso sapendo che un'associazione come Greenpeace è andata a Montréal, al ventunesimo World energy congress, organizzato dal World energy council (Wec) che riunisce le più agguerrite multinazionali nucleari e le Big Oil, per  discutere di energia e partecipazione con tutti i protagonisti delle diverse filiere energetiche.

Alla fine della sessione alla quale hanno partecipato le Ong ambientali le imprese hanno dovuto ammettere che «Non si può  avviare la realizzazione di un progetto se i cittadini non sono integrati nel processo di consultazione». Il che rappresenta una rarità in molti Paesi del mondo e una costante quando si parla di impianti nucleari.

Il tema della sessione tenutasi ieri a Montréal  era "Sensibilizzare il grande pubblico e coinvolgerlo nelle prese di decisioni: i principali fattori di successo", e John Kim Bell, responsabile degli affari autoctoni per la società canadese Brookfield Renewable Power ha relazionato sulle differenze di valori che emergono nelle relazioni tra le popolazioni autoctone il governo centrale e il resto della popolazione, e che questo riguarda in particolare la valutazione dei progetti energetici e delle loro possibili ricadute. Bell, che è anche consigliere energetico di First Nations/Premières Nations, ha spiegato anche quali siano stati i progressi realizzati negli ultimi  anni nelle consultazioni con i popoli autoctoni, nel quadro di quello che ha definito «Un processo trasparente ed un reale desiderio di un trattamento equo».

Per esempio, l'Ontario ha istituito programmi di prestito per gli autoctoni, un'iniziativa che stanno seguendo altre province canadesi, per permettere loro di partecipare ai progetti che verranno impiantati sui loro territori, aprendo la via ad una vera partnership con le Premières Nations, cioè con i territori governati dalle popolazioni pellirosse e inuit del Canada.

Sophie Brochu, presidente di Gaz Métro, ha parlato della «Lunga genesi della disconnessione tra i distributori e i consumatori che esiste da qualche decennio nell'industria del gas e del cambiamento di relazioni che si è verificato in seguito».  Secondo la Brochu «C'è una vera evoluzione nel codice genetico del cliente. Il cliente è diventato un consumatore, poi un cittadino, per diventare in seguito un contribuente e infine un elettore. Gaz Métro ha Saputo adattarsi per accompagnarlo in tutte le tappe restandogli al fianco». Oggi l'impresa canadese privilegia una politica di consultazione che invita la popolazione ad esprimersi e ad influenzare il corso dei progetti. Come ha fatto con un programma di efficienza avviato alle fine degli anni ‘90, «Ben prima che questo approccio diventasse sistematico nell'industria - ha sottolineato la Brochu - e per il quale la popolazione era stata consultata. La  politica di Gaz Métro vuole che I nuovi clienti siano sensibili al risparmio energetico, Se serviamo più clienti, vogliamo ridurre intanto la domanda favorendo i risparmi di energia».

Quel che è venuto fuori è anche il pericolo che molte imprese e organizzazioni pubbliche e internazionali temono di veder "sporcare" la loro immagine e la loro reputazione. Tra questi c'è sicuramente la Banca mondiale, che ha molto da farsi perdonare in molti Paesi per le sue politiche ultra-liberiste del passato e per i suoi generosi finanziamenti a progetti con enormi impatti ambientali e sociali. A Montréal ci ha provato  Sumir Lal, responsabile della comunicazione interna degli affari esteri della Bm, che ha parlato dei diversi contesti che mettono in gioco la reputazione di un'organizzazione «Lo stabilimento di questa reputazione, il suo mantenimento e il recupero di questa reputazione quando essa è attaccata», secondo Lal si ottengono solo con una politica di trasparenza che si concretizzerebbe nei progetti idroelettrici sostenuti dalla Banca Mondiale in Laos ed India, un esempio sfortunato, visto le proteste indiane contro le dighe e che il progetto laoitiano è accusato di distruggere un'importante area naturale protetta e di ignorare i diritti delle popolazioni autoctone che vivono nell'area dove dovrebbero sorgere i bacini idroelettrici.

Sakae Muto, vice-presidente esecutivo e responsabile per il nucleare della Tokyo Electric Power Company (un'impresa che ha molti conti aperti con Greenpeace Japan) ha invece spiegato agli allibiti ambientalisti presenti che l'energia nucleare è sempre più gradita all'opinione pubblica, ma poi ha ammesso che «Se questa energia diventa più accettabile socialmente, non causa meno ansietà tra la gente e noi dobbiamo fare degli sforzi per ottenere la fiducia dell'opinione pubblica». Muto ha spiegato su quali temi si basa questa campagna di convincimento pro-nucleare: sicurezza tecnica, trasparenza e dialogo sociale. Come esempio ha portato quello della grande centrale nucleare giapponese chiusa dopo un terremoto nel 2007 e riaperta progressivamente e ora in piena attività.

Esempi che probabilmente hanno fatto rabbrividire Julien Vincent, un responsabile di Greenpeace International per il clima e l'energia, che ha concluso il meeting insistendo sulla partecipazione della società civile alla "rivoluzione energetica". Non proprio quello che vorrebbero le imprese energetiche che puntano ad una lunga ed indefinita transizione che includa nel mix energetico grandi quantità di petrolio e nucleare.  Ma Vincent non ha lasciato spazio a troppe chiacchiere ed ha ricordato alle multinazionali che «La fragilità e l'instabilità del pianeta potrebbe anche andare fuori controllo e una rivoluzione nel nostro modo di produrre l'energia è essenziale». Ha denunciato l'insostenibilità dell''energia sporca, la dirty energy ed ha invitato i cittadini a boicottare le imprese conosciute per i rischi che fanno correre all'ambiente, incoraggiando quelle con un orientamento verde. «Greenpeace è attiva nella ricerca di miglioramenti e nel fornire soluzioni e piani che favoriscano un ambiente più sano. La società civile ha il potere di riorientare la dinamica del dibattito». Almeno dove c'è una società civile e dove il dibattito è possibile, aggiungiamo noi.

Alla fine però imprese e ambientalisti si sono detti d'accordo sulla necessità di coinvolgere le popolazioni nei progetti e nelle scelte energetiche e la Brochu ha concluso che «L'estremismo da entrambi i lati, da parte dell'industria come degli ambientalisti, non porta a niente. Bisogna saper discutere. E' la posizione di Gaz Métro: facciamo parte della società e crediamo che la società debba essere ascoltata».

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