[21/09/2010] News

Confindustria: l'efficienza energetica come perno dell'unico nuovo modello di sviluppo possibile

LIVORNO. «Un affare, perché questa strategia avrebbe "un impatto socioeconomico pari a circa 130 miliardi di euro di investimenti" generando "circa 1,6 milioni di unità di lavoro" a fronte di spesa pubblica per circa 16,7 miliardi di euro nel prossimo decennio "che sono di lieve entità se si considera l'impatto socio-economico del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità"».

Il ragionamento è tratto dal Sole 24 Ore di oggi, nell'articolo di Federico Rendina che cita un corposo studio realizzato da Confindustria (Proposte per il piano straordinario di efficienza energetica 2010) che verrà presentato dopo domani in un convegno a Roma. E si parla di risparmio energetico, di efficienza energetica e di rinnovabili. Di green economy dunque, ma finalmente non (soltanto) come leva per uscire della crisi, bensì come perno su cui poggiare un nuovo modello di sviluppo, in grado di non tagliare il ramo su cui è seduto.

La notizia quindi assume un valore ancora maggiore se si pensa a chi la diffonde (Confindustria), a chi la rilancia (Il sole 24 ore) e a chi è rivolta (chi governa questa Paese senza una strategia né un ministro di sviluppo economico).

«Attraverso una corretta politica di incentivazione dell'efficienza in Italia si potrebbe conseguire un risparmio di oltre 51 megatep nel periodo 2010-2020, con una conseguente riduzione di emissioni di CO2, pari a 207,6 milioni di tonnellate». Incidentalmente si fa perfino del bene anche all'ambiente. E nonostante tutto è questo ‘perfino' che suona quasi come una rivoluzione, perché Confindustria sembra finalmente avere capito che uno sviluppo sostenibile è l'unico possibile per garantire un futuro alle aziende e agli abitanti di questo pianeta: e che il suo essere anche ambientalmente sostenibile deve diventare un semplice dato acquisito, perché come dicevamo anche ieri l'ecologia intesa come lo studio scientifico delle relazioni tra gli organismi e l'ambiente è sovraordinato all'economia, che né è uno strumento, ed anzi è lo strumento con cui i governanti possono e devono (anzi dovrebbero) indicare come utilizzare (e preservare anche per le generazioni future)  le risorse che l'ambiente mette a nostra disposizione.

«L'impatto in termini di produzione - sintetizza Massimo Rodà, che ha curato per il CsC le analisi di impatto macro economico - sarebbe più favorevole per il comparto dei trasporti, con 43 miliardi di euro di impatto positivo, mentre il settore dell' edilizia caratterizzato da un' elevata intensità di utilizzo del fattore lavoro, sarebbe invece più avvantaggiato nell'occupazione, con 407 mila posti di lavoro aggiuntivi».

Nel frattempo - precisa lo studio - grazie alla riduzione delle emissioni si potrebbe ottenere un risparmio economico per il costo evitato della CO2 di circa 5,2 miliardi di euro.

Quindi ricapitolando investire poco meno di 17 miliardi, per avere un ritorno economico che sarà quasi il doppio. La stima della Confindustria deriva da una simulazione di incentivi differenziati ma comunque significativi, valutati in poco meno di 24,1 miliardi di euro, più che compensati dai ritorni in termini di contribuzione fiscale relativa ai nuovi posti di lavoro e ai saldi attivi prodotti dallo sviluppo della filiera economico-industriale del settore.

Più in dettaglio, la Confindustria stima un aumento del gettito Irpef, tra 2010 e 2020 di oltre 4,5 miliardi di euro, dovuto all'aumento dell'occupazione, di 2,3 miliardi di Ires e Irap, di oltre 18 miliardi di Iva generata dalla ripresa dei consumi. A ciò si aggiungono quasi 31 miliardi di risparmi sulla spesa energetica e dalla valorizzazione economica della C02, tagliata.

La conclusione di Rendina non può che essere condivisa: «Analisti e governanti sono chiamati all'appello. Potrebbe essere davvero un affare per tutti».

Manca qualcosa in tutto questo ragionamento? Beh, manca il nucleare, ma evidentemente al di là delle dichiarazioni obbligate da parte dei vertici, i veri analisti di Confindustria sanno bene che il nucleare non è un affare né dal punto di vista economico né dal punto di vista ambientale, e giustamente hanno omesso di trattarne in questo studio dedicato ad un uso intelligente delle risorse energetiche.

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