[24/09/2010] News

Preservare la biodiversitā non č un lusso ma un dovere e una grande opportunitā economica

ROMA. Il 22 settembre scorso, in occasione della 65° sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha discusso sulla situazione in cui ci troviamo rispetto al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio che tutti i paesi del mondo si erano dati nel 2000 durante l'apposito Millennium summit, ha avuto luogo un importante meeting di alto livello sulla biodiversità. Nell'anno che le Nazioni Unite hanno dedicato alla biodiversità, i governi delle varie nazioni del mondo hanno riflettuto sull'ennesimo mancato raggiungimento di un target comunemente deciso, quello di ridurre in maniera significativa, entro il 2010, il tasso di perdita della biodiversità presente su questo splendido Pianeta.

Sappiamo che questo target, rispetto a tutti i dati e gli indicatori a nostra disposizione, non è stato raggiunto. La comunità internazionale sta quindi cercando di far sì che la 10° Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione sulla Diversità Biologica che si terrà a Nagoya in Giappone dal 18 al 29 ottobre prossimi, possa approvare un piano strategico che fornisca target chiari e mezzi efficaci e concreti destinati a bloccare il tasso di perdita della biodiversità a livello mondiale entro il 2020.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon è intervenuto al meeting, con un appassionato discorso che ha invitato tutti i leaders mondiali ad impegnarsi seriamente per fermare l'allarmante tasso di perdita della biodiversità e per ripristinare un'economia naturale nel nostro mondo prima che sia troppo tardi.

Fortunatamente comincia a penetrare nella cultura dei policy makers che la conservazione delle specie e degli ecosistemi della nostra Terra non costituisce solo un importante obiettivo per lo sviluppo sostenibile e per contribuire al raggiungimento degli altri importanti Obiettivi del Millennio dedicati, ad esempio, alla riduzione della povertà e della denutrizione nelle nostre società, ma riguarda la potenzialità di generare annualmente beni e servizi che sono stimati in diversi migliaia di miliardi di dollari.

Ban Ki-moon ha ricordato che, consentire il declino della biodiversità è equivalente a gettare denaro dalla finestra e che è veramente giunta ormai l'ora di modificare i nostri atteggiamenti culturali che, ancora oggi, considerano spesso la protezione ambientale come un costo. Si tratta invece di uno straordinario investimento per il futuro di noi tutti e per consolidare uno sviluppo economico di tutte le società, capace di coniugare l'economia al reale benessere umano.

Per questo è necessario che la Conferenza di Nagoya metta a punto un concreto piano strategico per il 2020 e che indichi, inoltre, una visione per la biodiversità entro il 2050. Si avvierebbe così un importante processo operativo che vedrà un ulteriore significativo step nel 2012, con la Conferenza ONU oggi definita Rio+20, cioè la conferenza mondiale destinata a fare il punto sulle cose da fare per avviare, da subito ed efficacemente, le società umane su percorsi di sviluppo socio-economico, venti anni dopo il grande Earth Summit del 1992 di Rio de Janeiro (la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo).

Sarà perciò necessario un importante lavoro destinato ad individuare target significativi da raggiungere e stringenti meccanismi di valutazione e monitoraggio dl raggiungimento degli obiettivi dati.

Abbiamo bisogno certamente di piani, ma di piani che siano "vivi", attuati concretamente e che non restino solo pezzi di carta e pomposi documenti scritti. Ed ora la situazione mondiale complessiva, anche in seguito alla drammatica crisi economico-finanziaria che ha coinvolto le nostre società globalizzate, rende tutto molto più urgente.

Nel meeting è stata giustamente ricordata, da più interventi, anche la necessità di rendere operativo al più presto quanto nello scorso giugno, la comunità internazionale ha già approvato nel meeting multistakeholder tenutosi a Busan in Corea, e cioè l' Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES, vedasi il sito www.ipbes.net ), con l'obiettivo di mantenere molto stretto quello che oggi è un gap particolarmente vistoso esistente tra gli straordinari avanzamenti della conoscenza scientifica sulla biodiversità e sugli ecosistemi e le cognizioni che hanno su questi problemi i policy makers.

Il mondo dei policy makers, dopo tanti anni di profondo lavoro realizzato da numerosi studiosi in tutto il mondo, comincia a rendersi conto che preservare la biodiversità non è certo un lusso, ma un dovere e che questo impegno è inseparabile da quello riguardante la lotta alla povertà e alla lotta per migliorare la salute e la sicurezza delle presenti e future generazioni.

Al meeting i rappresentanti dei paesi poveri hanno ricordato che moltissime popolazioni in condizioni di povertà dipendono in maniera spropositata, per le loro necessità quotidiane, dalla biodiversità e dai tanti servizi che biodiversità ed ecosistemi forniscono loro. Questi servizi sono fortemente danneggiati dallo straordinario e pesante intervento che la nostra pressione sulle risorse esercita con una dimensione di cambiamento globale simile a quello prodotto dalle grandi forze geologiche che operano sul pianeta.

La biodiversità costituisce una ricchezza critica per tutti i paesi cosidetti in via di sviluppo, sia perché spesso questi costituiscono gli habitat di molte specie rare in tutto il mondo e perché le specie continuano a scomparire con un ritmo che gli scienziati valutano possa giungere fino a 1.000 volte il tasso naturale di estinzione. Per proteggere realmente la biodiversità tutti gli stati del mondo devono impegnarsi ancora di più nel perseguire i tre obiettivi della Convenzione sulla Diversità Biologica e cioè la tutela e la conservazione della biodiversità, l'uso sostenibile delle sue component e l'accesso equo ai benifici derivanti dall'utilizzo delle risorse della biodiversità, particolarmente quelle genetiche (incluso l'accesso alle tecnologie ed ai finanziamenti).

I paesi in via di sviluppo hanno ancora una volta ricordato la necessità di bloccare quella che viene definita "biopiracy" la pirateria della biodiversità alla quale dovrebbe porre un freno il protocollo sull'accesso all'equa condivisione dei benefici che sarò discusso a Nagoya.

Izabella Teixeira, ministro dell'ambiente brasiliano, ha ricordato come la Convenzione sulla Diversità Biologica fu messa alla firma, insieme alla Convenzione quadro sui Cambiamenti Climatici, proprio a Rio de Janeiro in occasione dell'Earth Summit del giugno 1992. Ha inoltre ricordato la necessità che vi siano oggi risposte politiche forti e impegnative nella difesa della biodiversità e degli ecosistemi, voltando completamente pagina, rispetto alla situazione di questi ultimi decenni che ha visto un'illusoria crescita economica basata sulla distruzione e il degrado degli ecosistemi del pianeta e sulla perdita progressiva delle specie viventi.

Il Presidente della Commissione Europea, Josè Barroso, ha ricordato che le nazioni europee sono state impegnate nel ridurre la perdita della biodiversità contribuendo allo scopo anche con uno stanziamento di un miliardo di dollari annui dal 2002 al 2008 ed al rinnovo del Global Environment Facility, la struttura messa in piedi in ambito ONU, per finanziare progetti mirati a dare "gambe" operative alle convenzioni internazionali per una cifra di 1.2 miliardi di dollari per la biodiversità.
Ha sottolineato l'importanza di eliminare, riformare e riorientare i famosi sussidi perversi che i governi di tutto il mondo e quindi anche quelli dell'Unione Europea, continuano a destinare a settori dannosi all'ambiente in campo energetico, infrastrutturale, idrico, forestale, agricolo e ittico. Diventa oggi un obiettivo centrale quello di riconoscere, anche economicamente, il ruolo straordinario dei servizi offerti dagli ecosistemi e l'avvio di strumenti innovativi di mercato mirati ad essi.

Diventa quindi sempre più importante collegare le diverse convenzioni internazionali quali quella sulla diversità biologica, sui cambiamenti climatici e per la lotta alla desertificazione, per renderle sempre più sinergiche e più concrete ed efficaci nelle loro cadute operative.

Ci attende una grande sfida che, intanto, sta già rendendo a tutti, in questo 2010, anno internazionale della biodiversità, molto più diffuso, anche a livello più popolare, il termine stesso di biodiversità ed il valore ad esso legato. Un piccolo passo in avanti utile per cambiare i vecchi connotati di una cultura dominante che sinora non ha compreso il ruolo essenziale della biodiversità per la nostra esistenza, per il nostro benessere, per la nostra economia.

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