[05/10/2010] News

L’Artico si scioglie, in bilico tra sfruttamento e disperato bisogno di difendere l’ambiente

LIVORNO. La Russia prosegue il suo programma di ricerche nell'Artico mentre lo scioglimento dei ghiacci continua. Il sito nkj.ru spiega che «Tutta la parte occidentale dell'Artico si è trovata libera dal ghiaccio alla fine di quest'estate, segnata da un caldo anormale. Secondo le indagini satellitari, da 49 stazioni meteorologiche al suolo e dai due osservatori del Rosguidromet (il servizio meteorologico russo, ndr), la superficie totale del ghiaccio artico a settembre era intorno ai 4,7 milioni di chilometri quadrati, cioè  600.000 in meno che nel 2007. La superficie del litorale russo dell'Oceano Glaciale Artico, che è una gran parte del ghiaccio, diminuisce ogni anno di circa 30 km2 a causa del riscaldamento climatico globale. Quanto alla temperatura dello strato superiore della merzlota (il permafrost, ndr), è aumentata di 3 gradi nel corso degli ultimi 3 anni».

Un'evoluzione climatica rapidissima che porta i di solito prudenti scienziati russi a parlare di una riduzione degli habitat della fauna, di un cambiamento della circolazione oceanica alle alte latitudini e di modifiche nello stile di vita dei popoli autoctoni del grande nord russo.

Lo stesso ministero delle situazioni di emergenza russo prevede che, a causa delle temperature anormalmente elevate nella regione artica, in un futuro abbastanza prevedibile più di un milione di persone potrebbero trovarsi a vivere in una "Zona di catastrofe».  E non si tratta solo dei pascoli delle renne che si trasformeranno in acquitrini, ma anche del possibile affondamento nel fango del permafrost sciolto di intere  città e fabbriche  costruite su pilastri. Il "decongelamento" della merzlota minaccia particolarmente gli oleodotti e i gasdotti che verrebbero letteralmente spezzati dallo scioglimento della superficie di terra ghiacciata. Il solo vantaggio di questo disastro ecologico sembra essere quello della liberazione dai ghiacci di una parte dell'Oceano Glaciale Artico che permetterà di navigare liberamente lungo le coste russe e di aprire la strada verso giacimenti sottomarini di gas e petrolio fino ad oggi inaccessibili.

Alla fine dell'estate i ricercatori dell'Accademia delle scienze russa, quelli del Rosguidromet e del ministero delle situazioni di emergenza hanno avviato un'iniziativa di sorveglianza dell'Artico. Ma quel che preoccupa davvero i russi sembra ben altro: il presidente dell'Associazione degli specialisti del Polo, Artur Tchilingarov, ha annunciato che il primo ottobre ha preso della nave Akademik Fedorov una spedizione per raggiungere un blocco di ghiaccio sul quale installare la stazione derivante Severny Polious-38 (Sp-38 - Polo Nord 38). «Quest'anno - spiega Tchilingarov sulle pagine scientifiche di Ria Novosti - il principale obiettivo degli scienziati che lavorano su questa stazione sarà quello di realizzare delle ricerche per ottenere dei dati complementari sull'appartenenza alla Russia della piattaforma continentale e delle dorsali di Lomonossov e di Mendeleiev. Questo con l'obiettivo di determinare le frontiere artiche esterne della Russia».

Un lavoro che è anche una corsa contro il tempo per mettere nemmeno tanto simboliche bandierine sui confini sottomarini rivendicati anche da altri Paesi e che i russi sperano di terminare nel 2013, utilizzando il rompighiaccio nucleare Yamal. Naturalmente il programma di studi SP-38 include anche ricerche sull'ecosistema dell'Artico nel contesto dei cambiamenti climatici, il tutto per cercare gli idrocarburi che sono una delle principali cause di quei cambiamenti e raggiungendo aree inviolate con un rompighiaccio nucleare.

A lanciare l'ennesimo allarme sulle conseguenze del global warming nel più grande Paese del mondo è stato qualche giorno fa il Wwf Russia: «A causa dei cambiamenti climatici, l'intensità e la frequenza delle piogge e delle tempeste raddoppierà in Russia nel corso dei prossimi 15 anni - ha detto Alexei Kokorin, direttore del programma clima del Panda russo - In Russia avremo sempre più tempeste e precipitazioni anormalmente abbondanti sottoforma di pioggia e neve. Condivido l'opinione degli scienziati che stimano che entro 10 -15 anni il loro numero raddoppierà. Non si tratta dell'avvento di un "nuovo clima", i sistemi climatici restano gli stessi. Tuttavia, visto l'ondata di calore che ha colpito Mosca e bloccato la circolazione atmosferica, rischiamo di avere degli imprevisti. Però la canicola in Russia, le inondazioni in Pakistan e e diversi record di temperature sono considerati da numerosi esperti come degli indicatori dei cambiamenti  climatici. Dobbiamo essere pronti a dei cambiamenti in abituali ed incomprensibili. Che verrà dopo? A mio avviso I saggi sapranno rispondere a questa domanda entro 5 -10 anni».

Un'altra fosca previsione viene da Alexandre Kislov, a capo del dipartimento di meteorologia e climatologia  della facoltà di geografia dell'università di Stato di Mosca (Mgu). Secondo il professor Kislov, «il livello degli oceani mondiali si innalzerà di circa  50 cm entro la fine del XXI secolo. La risalita prosegue da sempre, tuttavia vorrei sottolineare l'importanza dei fattori climatici - ha detto in un'intervista a Ria Novosti - A causa del riscaldamento planetario da una parte si modifica la densità dell'oceano, vale a dire lo strato di acqua riscaldata si espande, e dall'altra lo scioglimento dei ghiacciai continentali si accelera, il che aumenta il debito dei fiumi». Secondo il Wwf Russia, negli ultimi 100 anni il livello dell'oceano è aumentato da 10 a 20 cm, e i nuovi ritmi di crescita, 1 - 2 millimetri all'anno, sono molto più veloci dell'aumento del livello del mare registrato negli ultimi 3.000 anni.

Secondo Arkadi Tichkov, direttore aggiunto dell'Istituto di geografia del''Accademia delle scienze russa. «Per preservare l'ecosistema fragile dell'Artico, è necessario restringere l'accesso umano a questa regione. Dobbiamo limitare l'accesso degli uomini all'Artico, sia per il turismo che per l'estrazione dei minerali. Questa regione deve beneficiare di un regime ecologico regolamentato. Allora sarà più facile risolvere numerosi problemi, tra i quali quello dei cambiamenti climatici. E' indispensabile creare dei siti protetti su una superficie di diversi milioni di ettari». Tichkov ha anche sottolineato che rispetto ai fenomeni di riscaldamento evidenti nell'Artico, in alcune delle sue regioni si osserva il fenomeno inverso: il raffreddamento. «Questo significa che abbiamo a che fare con fenomeni ciclici». 

Il 23 settembre il premier russo Vladimir Putin aveva annunciate al forum internazionale sull'Artico: «Abbiamo intenzione di fare una vera pulizia generale dei nostri territori artici. Si tratterà di sopprimere le discariche che si sono accumulate durante decenni intorno alle nostre città e villaggi polari, nei dintorni dei giacimenti e delle basi militari così come nella tundra e sulle isole dell'Oceano Glaciale Artico».

Putin non dice che molte di quelle discariche (anche sottomarine) ospitano scorie e rifiuti nucleari, ma ha annunciato che la Russia istituirà nuovi parchi nazionali e riserve naturali e ha ricordato che nel 2009 è stato inaugurato il parco nazionale "Artico russo" che si estende su più di 1,5 milioni di ettari nell'arcipelago della Novaja Zemlja e che «Attualmente esaminiamo congiuntamente con i nostri colleghi americani un progetto di creazione del parco Beringia che si estenderà dalla Cuckcia all'Alaska».

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