[13/10/2010] News

Nucleare giapponese: 15 anni di ritardo per l’impianto di riprocessamento di Rokkasho

LIVORNO. L'editoriale di questa settimana dell'Asahi Shimbun è dedicato ai ritardi nella realizzazione di un impianto di ritrattamento del plutonio estratto dal combustibile nucleare esaurito che è destinato a svolgere un ruolo chiave nel sistema di riciclaggio del combustibile nucleare. La Japan Nuclear Fuel Ltd. ha infatti deciso di posticipare ancora di due anni, al 2012, l'inizio delle attività commerciali su vasta scala dell'impianto di ritrattamento del combustibile nucleare esaurito in costruzione a Rokkasho, nella prefettura di Aomori. Questo rinvio, il diciottesimo da quando ha preso il via il progetto, comporterà 15 anni di ritardo rispetto alla data prevista di realizzazione dell'impianto, che originariamente doveva essere operativo nel 1997. Secondo il giornale giapponese «Test operativi hanno dimostrato che questo processo di miscelazione delle scorie radioattive liquide con il vetro non funziona bene. Le prospettive restano poco chiare per gli sforzi già enormemente in ritardato per istituire un sistema di riciclaggio del combustibile nucleare. Quest'anno il governo ha in o programma di rivedere il suo Framework for nuclear energy policy, che è stato redatto nel 2005 dall'Atomic energy commission».

L'outline del governo del 2005 presentava diverse opzioni per il trattamento del combustibile nucleare esaurito: «In aggiunta agli attuali approcci, che richiedono il ritrattamento di tutto lo "spent fuel" per riutilizzarlo nei fast-breeder reactors, il documento cita anche soluzioni alternative, per depositare, tutto o in parte, il combustibile esaurito senza ritrattamento - spiega l' Asahi Shimbun - Il rapporto confronta i vantaggi e gli svantaggi di queste opzioni in termini di efficienza economica e conservazione delle risorse».

L'analisi ha provato che il ritrattamento del combustibile utilizzato è più costosa dello smaltimento diretto di tutti i combustibili utilizzati, e innalza i costi di produzione di energia elettrica del 10 per cento.

Dalle analisi è venuto fuori che questo riprocessamento di tutti  gli "used nuclear fuel" è molto costoso e fa salire i costi della produzione di energia elettrica del 10%. Ma l' Atomic energy commission  giapponese ha  comunque detto che bisogna mantenere la politica attuale perché cambiare rotta ora sarebbe troppo costoso. Ha sostenuto che «Un cambiamento di politica significherebbe che gli investimenti passati sarebbero sprecati e richiederebbe nuove ricerche, mentre costerebbero al governo la fiducia delle comunità locali interessate». La difficoltà sembravano già allora evidenti e il governo e la Commissione sembravano già in un vicolo cieco, ma questa logica del non ristorno ha garantito che la maggior parte delle politiche del governo liberaldemocratico rimanessero immutate, a prescindere dalla loro efficacia. Cinque anni dopo, il nuovo governo di centro-sinistra guidato dal Partito democratico trova in una posizione ancora più difficile.

Il progetto di  sviluppare un reattore auto-fertilizzante necessario per realizzare questo tipo di nuclear fuel cycle è ripartito a maggio con la ripresa delle operazioni, per la prima volta dopo 14 anni, al Monju prototype reactor  nella prefettura di Fukui. Ma ben presto il reattore sperimentale ha avuto dei problemi, inoltre il governo e l'industria energetica giapponesi non hanno ancora deciso se costruiranno davvero il reattore dimostrativo progettato come il successore del Monju.

«Il problema più grande è che il governo manca di flessibilità nella sua politica per il ciclo del combustibile nucleare - sottolinea l'Asahi Shimbun - Mentre molti Paesi si sono ritirati da questi programmi a causa dei costi elevati e della difficoltà di gestione del plutonio, il Giappone è rimasto attaccato all'idea di stabilire un sistema per riprocessare tutto il combustibile nucleare esaurito per il suo utilizzo nei fast-breeder reactors. . Molti paesi hanno adottato questo approccio negli anni '70, ma la sua percorribilità e praticità oggi è molto dubbia. Il governo dovrebbe adottare una politica più flessibile. Attualmente, il combustibile usato è custodito in impianti di stoccaggio temporaneo. Il governo dovrebbe ampliare la propria gamma di opzioni per espandere questa capacità di stoccaggio temporaneo e prendere in considerazione la "direct disposal option"». Ma non ci sono solo le scorie e il riprocessamento, anche il piano del governo di costruire nuove centrali nucleari e di fronte a sfide difficili e a concorrenti agguerriti anche nell'atomico Giappone. L'editoriale dell'Asahi Shimbun ricorda che «Di tutti gli impianti di produzione di energia costruiti l'anno scorso dalle nazioni dell'Unione europea e dagli Stati Uniti, gli impianti eolici hanno rappresentato il 39% della capacità di produzione totale. Costruire un costoso e fastidioso impianto nucleare è considerato solo dopo aver valutato una serie di opzioni. Il Giappone ha già 54 reattori nucleari. Tuttavia, il Piano strategico della politica energetica, che il governo ha rivisto nel mese di giugno, richiede la costruzione di nove nuovi reattori entro il 2020 e 14 o più entro il 2030. Come è avvenuto con i piani nucleari del governo precedente, tali obiettivi sono troppo ambiziosi. Le centrali nucleari, che rappresentano il 30% della fornitura di energia elettrica, sono una parte importante dell'infrastruttura sociale della nazione. Il governo dovrebbe rivedere la sua nuclear power policy, in risposta ai tempi che cambiano, in modo che possa presentare un approccio più razionale in grado di sostenere la prosecuzione del ruolo dell'energia nucleare».

Qualcosa si muove: l'8 ottobre il governo giapponese ha adottato dei progetto di legge sul cambiamento climatico e la biodiversità.  Secondo quanto scrive l'agenzia Kyodo News «Il progetto di legge sul cambiamento climatico fissa come obiettivo un calo del 25% entro il 2020 delle emissioni di gas serra in rapporto al livello del 1990, così come delle misure di accompagnamento, quali l'istituzione di un sistema di scambio di quote di emissioni, una carbon tax e degli incentivi in favore delle energie rinnovabili».

Il Giappone si appresta ad ospitare a Nagoya 18 al 29 October la Conferenza delle parti (Cop 10) della Convention on biological diversity dell'Onu e si presenterà cin un nuovo progetto di legge sulla buiodiversità che contiene delle politiche pubbliche fondamentali per la salvaguardia di fauna e flora e per il sostegno alle Ong coinvolte nell'iniziativa "Satoyama",  che punta a preservare non solo gli ecosistemi "vergini" ma anche quelli che subiscono l'influenza delle attività antropiche. Però, secondo Kyodo News, «Viste le differenze in Parlamento, l'adozione di questi testi da parte dei legislatori resta incerta» e il sospetto che si tratti di due tentativi di greenwashing politico giapponese in occasione di Nagoya e della Conferenza Unfccc di Cancun è fortissimo.

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