[13/10/2010] News toscana

Impatto antropico, ecologia del paesaggio e sosteniblità: ne parliamo con Almo Farina

GROSSETO. In Toscana, nel mese di ottobre, molti degli appuntamenti istituzionali e accademici hanno portato e promosso occasioni di confronto e dibattito, che hanno avuto come temi centrali pressione antropica, buone pratiche e tutela. A Firenze si sono da poco conclusi due giorni di dibattiti dal tema "Strategia Nazionale per la Biodiversità e il Piano di Azione Regionale per la biodiversità in Toscana", frutto della collaborazione tra WWF Italia, Regione Toscana e Ministero dell'Ambiente.

E da poco si è concluso anche il convegno sul paesaggio alla Normale di Pisa, mentre all'Istituto Superiore Sant'Anna di Pisa si sono affrontati i temi dello sviluppo, della tutela e della gestione di paesaggi rurali.

L'ecologo Almo Farina (Università di Urbino), che è intervenuto agli incontri del Sant'Anna commenta "E' ad una corretta teoria delle risorse a cui dobbiamo riferirci, per comprendere al meglio il sistema paesaggio e per tutelare la biodiversità". Proprio il continuo bisogno di risorse che caratterizza ogni essere vivente è infatti alla base dei fenomeni di sfruttamento e trasformazione del territorio che diviene, come suggerisce Gianfranco Bologna, un vero e proprio "bioma antropico" dalle implicazioni storiche, culturali e sociali (vedi Greenreport 8 ottobre 2010).

Ed è in tal senso che Farina parla dell'importanza di concepire i contesti ambientali secondo il "modello ecologico detto full world, nell'ottica di capire l'intrecciarsi continuo delle relazioni tra viventi. E' proprio l'interazione complessa delle attività dei viventi a produrre biodiversità: le stesse attività umane, se correttamente gestite, non risulterebbero in contraddizione con le ciclità, gli scambi, la ricchezza e la varietà degli ecosistemi; la storia agricola delle area mediterranea vede nelle attività umana delle epoche passate una parte integrante della diversità ecologica e biologica".

«L'importante - continua Farina- è non cadere nel modello empty world che vede alternarsi, a zone chiuse di conservazione, uno spregiudicato utilizzo e sfruttamento delle risorse, senza considerare il valore profondo delle interazioni tra esseri viventi, che è il principale produttore di biodiversità». Ogni contesto manifesta dei cambiamenti, a seguito dei cicli vitali dei numerosi organismi che lo occupano: «ogni essere vivente percepisce, nel corso della sua esistenza, una serie complessa di bisogni, legati in modo più o meno diretto alla sua sopravvivenza; la necessità di soddisfare tali bisogni rende gli organismi fruitori particolari dei propri habitat, interattori fondamentali nei processi di trasformazione del territorio».

Comprendere tali dinamiche, integrandole in un ottica globale e interconnessa è importante, ed è importante riferirle anche alle società umane. Soltanto chiarendo i percorsi storico-sociali della nostra società, i mutamenti portati dalle nostre attività in determinati contesti risulta infatti, per l'ecologia contemporanea, una della vie da percorrere per costruire forme di gestione che tutelino e mantengano la biodiversità.

Torna all'archivio