[14/10/2010] News

Spedizione di Oceana: «Ecco le prove: il Golfo del Messico è ancora inquinato»

LIVORNO. Oceana, un'organizzazione ambientalista internazionale con basi in Spagna e negli Usa, ha concluso la sua prima spedizione nel Golfo del Messico per valutare gli effetti ad ampio raggio e di lungo periodo del disastro petrolifero della piattaforma offshore Deepwater Horizon della Bp.  La spedizione di due mesi ha permesso ai ricercatori di Oceana di percorrere 4.000 miglia e di effettuare 24 immersioni nelle acque del Golfo, utilizzando anche due Rov che hanno scattato migliaia di fotografie e girato moltissimi video e raccolto dati sulle specie animali e la composizione dell'acqua che permetteranno di comprendere quale sia il livello di inquinamento dei fondali. La spedizione, a bordo della "Oceana Latitude", ha riunito un team di ricercatori di una dozzina di nazionalità ed  è stata resa possibile grazie al contributo di diverse istituzioni scoientifiche. «Per esempio - spiega Oceana - è stato effettuato uno "shark tagging study" con  l'università di  Miami e il National Aquarium  per capire se gli squali sono capaci di evitare le zone inquinate. Questa attività è coincisa con l'arrivo della tempesta tropicale Nicole, che ha messo fine alle difficili condizioni meteorologiche che hanno colpito buona parte della spedizione».

Xavier Pastor, direttore esecutivo di Oceana Europa, che ha condotto le indagini spiega: «La spedizione di Oceana nel Golfo del Messico si differenzia per il suo approccio, dato che il suo obiettivo era quello di analizzare gli impatti a lungo termine dello sversamento. Grazie a questi due mesi di lavoro suol campo, ora possiamo contare su informazioni indipendenti di prima mano sulla contaminazione che persiste nell'area e che non è visibile per il massiccio uso di disperdenti».  

Tutte le attività pianificate all'avvia della campagna sono state portate a termine, nonostante le complicazioni burocratiche e meteorologiche che hanno dovuto affrontare. Oceana ha potuto documentare le rischiose attività delle centinaia di navi e piattaforme petrolifere che operano nel Giolfo del Messico, così come l'inquinamento cronico e non dichiarato di cui soffre l'area. I subacquei dell'associazione si sono immersi in acque senza visibilità per raccogliere campioni di sedimenti contaminati, ma  anche in riserve marine ben conservate, al fine di scattare immagini e girare filmati che provano come la marea nera continui a provocare danni. «Molte delle conseguenze dellla fuoriuscita non si potranno vedere che tra anni», spiegano gli scienziati che erano a bordo della "Oceana Latitude", che hanno ache raccolto plancton per analizzare in laboratorio l'impatto del petrolio sui microrganismi e sulle uova e le larve delle specie più grandi. I ricercatori di Oceana hanno anche dispiegato una rete di sensori per minitorare la presenza di idrocarburi tossici tra la superficie e i 1.800 metri di profondità.

http://vimeo.com/14986443

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