[14/10/2010] News

In Italia 123 piattaforme petrolifere offshore: terza nell'Unione europea

BRUXELLES. Per sostenere la necessità di una normativa europea sulle piattaforme petrolifere, la Commissione Ue ha reso noti i numeri delle attività di trivellazione petrolifera nei diversi Paesi dell'Unione europea ed è venuto fuori che dei circa 900 impianti offshore operativi nell'UE, 123 sono in Italia. Ci superano solo la Gran Bretagna con le sue 486 piattaforme nel Mare del Nord, e l'Olanda con 181. Seguono la Danimarca (61), poi si precipita sotto i 10 pozzi: 7 in Romania,  4 in Spagna, 3 in Polonia,  2 ciascuno per Germania, Irlanda,  Grecia, 1 in Bulgaria. Anche Cipro e Malta, e negli ultimi giorni la Francia,  prevedono di intraprendere a breve attività di trivellazione.

Quindi il nostro Paese, che mette in guardia contro il rischio di trivellazioni petrolifere in acque profonde in Libia, è uno dei più petroliferi dell'Ue e solo forme di protezione a mare nell'Arcipelago Toscano o la scarsità dei giacimento alle Pelagie hanno impedito che la già preoccupante cartografia (nell'immagine) resa nota dall'Ue si punteggiasse ancora più di rosso.

Dei 12 Paesi dello Spazio economico europeo (See) che svolgono operazioni di trivellazione offshore, solo la Norvegia ha attività offshore in acque profonde fino a 1 300 metri, però diversi Paesi prevedono di farle: la Gran Bretagna ha pianificato prospezioni ad ovest delle Isole Shetland in acque profonde fino a 1 600 metri, altre sono previste vicino alle Isole Far Oer, ad una profondità di 1.100 metri. La Romania ha concesso un permesso di trivellazione nel Mar Nero, ad una profondità di 1.000 metri. Nelle acque del Mediterraneo, in Libia, sono già stati realizzati pozzi a 1 500 metri e oltre, ma sono previste trivellazioni anche in acque profonde oltre 2 000 metri. In Egitto, sono stati progettati pozzi in acque profonde fino a 2 700 metri.

«Poiché i sommozzatori possono operare soltanto fino ad un massimo di 200-250 metri - spiega una nota della Commissione europea - l'intervento in acque profonde in caso di incidente è già difficile. Ad una profondità di 1 000 metri, la pressione è tale da rendere ardua anche un'operazione di salvataggio con controllo a distanza».

Eppure la stesa Ue che ha detto no alla moratoria sulle trivellazioni petrolifere offshore sottolinea che «Gli incidenti offshore non conoscono frontiere. Se dovesse verificarsi un'esplosione simile a quella nel Golfo del Messico, tale catastrofe comporterebbe gravi conseguenze in molti Stati membri. È nell'interesse di ogni cittadino che gli standard di sicurezza più rigidi attualmente in vigore in una società o in uno Stato membro diventino norme applicabili in tutta l'Unione europea. Tuttavia, benché le piattaforme petrolifere siano già soggette ad una serie di normative Ue, restano alcune lacune: se si verifica un incidente su una piattaforma petrolifera situata entro un massimo di 12 miglia marine dalla costa, la società petrolifera dovrà risarcire e porre rimedio ai danni provocati, ai sensi della direttiva Ue sulla responsabilità ambientale. Oltre 12 miglia, non esistono norme Ue in materia».

Recentemente il nostro governo ha autorizzato le trivellazioni petrolifere a 5 miglia della costa ed ha limitato il divieto di 12 miglia solo al largo delle Aree marine protette.

La novità confermata ieri è che la Commissione europea, per la prima volta, prevede di adottare «Norme approfondite relative alle piattaforme petrolifere in materia di prevenzione, capacità di reazione e responsabilità finanziaria. Tali norme potrebbero essere riunite in un unico testo legislativo».

La proposta della commissione prevede 5 temi centrali:

«Permessi: anche se gli Stati membri continueranno a concedere permessi per le trivellazioni, dovranno tuttavia applicare i criteri fondamentali dell'Unione. Le compagnie petrolifere devono avere un piano di emergenza e dimostrare di disporre delle risorse finanziarie per far fronte ai danni ambientali provocati in caso di incidenti. Controlli: le piattaforme petrolifere sono controllate dalle autorità nazionali. Le attività di supervisione svolte dalle autorità nazionali dovranno essere valutate da esperti indipendenti: si tratta di un obbligo totalmente nuovo. Norme relative ai dispositivi di sicurezza: le norme tecniche garantiranno che vengano utilizzati soltanto dispositivi di controllo conformi alle più rigide norme in materia di sicurezza. Attualmente, la normativa UE in materia di sicurezza dei prodotti non si applica alle unità mobili di trivellazione offshore. Danni: le compagnie petrolifere dovranno porre rimedio ai danni provocati alle specie marine protette e all'habitat naturale fino ad un massimo di 200 miglia marine dalla costa. Attualmente, la direttiva UE sulla responsabilità ambientale non copre i pesci in quanto beni commerciali, ma in quanto specie protette che vivono nella zona entro le 12 miglia marine, nonché la qualità dell'acqua della suddetta zona. L'Agenzia europea per la sicurezza marittima (AESM), attualmente impegnata nella lotta all'inquinamento provocato dalle navi, darà il proprio contributo anche per limitare i danni causati dalle piattaforme petrolifere. Impegno internazionale: la Commissione si adopererà per l'attuazione delle convenzioni internazionali in vigore e le nuove iniziative comuni. Attualmente, il protocollo relativo alla convenzione di Barcellona per garantire la sicurezza delle piattaforme petrolifere nel Mediterraneo non è ancora in vigore, poiché manca una firma. Se l'Italia procederà alla ratifica del protocollo, come annunciato, le suddette norme entreranno in vigore».

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