[19/10/2010] News

La giornata mondiale della statistica: fotografare il presente per governare il futuro

NAPOLI. Domani si celebra alle Nazioni Unite The World Statistics Day, la giornata mondiale della statistica. È la prima volta che al Palazzo di Vetro si festeggiano numeri, calcoli e percentuali. Il motivo sembra tecnico: realizzare a scala globale un sistema di raccolta dati esteso e coerente. Un proposito di per sé encomiabile: senza dati affidabili, infatti, non è possibile realizzare politiche affidabili. Come ben sapevano i Romani, che organizzavano periodicamente il censimento di tutti gli abitanti dell'impero. Un'abitudine che ha molto influenzato le vicende di una famiglia di Nazareth e, di conseguenza, da due millenni continua a influenzare la cultura occidentale.

Sebbene nei prossimi mesi 3 miliardi di persone in diversi paesi risponderanno alle domande di un qualche censimento coordinate dalla Commissione statistica di cui sono dotate fin dal 1947 le Nazioni Unite, il segretario generale Ban Ki-Moon non è Augusto. Non è l'imperatore e neppure il primo ministro del governo del mondo. Ma il motivo che lo ha spinto a dichiarare il primo World Statistics Day è analogo a quello del nipote di Cesare: fotografare il presente per governare il futuro.

Raccogliere dati quantitativi - le statistiche - è il modo migliore per fotografare il presente. Ma i dati quantitativi raccolti - che il lettore scusi il gioco di parole - devono essere di qualità. E il compito che si prefiggono le Nazioni Unite è, appunto, raccogliere dati di qualità attraverso metodologie scientificamente valide, coerenti e comuni a circa 200 paesi, i più diversi per cultura, organizzazione e ricchezza.

Questa esigenza tecnica ha, come abbiamo detto, un valore enorme. Non è possibile, per esempio, raggiungere gli obiettivi dei Millennium Goals senza conoscere, con sufficiente esattezza, da dove effettivamente si parte e dove effettivamente si arriva.

I primi dati globali coerenti sono stati raccolti, probabilmente, già a partire dal 1925 quando in occasione della Second International Conference of Labour Statisticians (la seconda conferenza internazionale degli statistici del lavoro) fu deciso di elaborare il Consumer Price Index, l'indice dei prezzi al consumo per verificare in tutto il mondo come varia l'inflazione. Oggi sul sito dei Principal Global Indicators è possibile trovare 21 indicatori coerenti raccolti a livello mondiale.

Non basta. E non solo perché tutto sommato 21 indici sono ancora pochi per capire com'è fatto il mondo. Ma anche perché c'è qualcosa di più profondo. Che il World Statistics Day vuole fare emergere. Raccogliere dati adatti a misurare il progresso delle nazioni impone, infatti, di riflettere sul significato che diamo alla parola progresso.

Finora la misura del progresso è stata (semplicisticamente) affidata a un unico parametro statistico: il Prodotto interno lordo (Pil). Questo indice è molto utile. Perché ci dice (pretende di dire) con un solo numero qual è la ricchezza di una nazione. E verificando come cambia nel tempo il Pil di un paese, ne misura (pretende di misurarne) il progresso. Il Pil è diventato una sorta di moloch. Se da un anno all'altro sale, il paese "cresce". Se, al contrario, diminuisce il paese è "in recessione".

Ma il Pil è un indice piuttosto grezzo (come si evince, peraltro, dal suo stesso nome). Spesso misura male la ricchezza: quando sto fermo al semaforo con l'auto, faccio aumentare il Pil, perché consumo benzina, anche se - è evidente - non ottengo alcun progresso. Se aiuto una persona per strada o faccio volontariato, con attività che aumentano il tasso di progresso civile, il Pil resta immobile: non mi vede.

È evidente il Pil non misura il progresso, ma solo i consumi delle nazioni. Non contabilizza i capitali della natura, semplicemente li ignora. Per questo da diversi anni l'Onu propone di "andare oltre il Pil" ed elabora un «Indice di sviluppo umano» che calcola la ricchezza di un paese non solo in base ai suoi consumi, ma anche in base alla vita media o al livello medio di educazione scolastica dei suoi abitanti.

L'Indice di sviluppo umano è ancora insufficiente a misurare il vero progresso. Tanto più se questo progresso deve tener conto non solo delle condizioni umane, ma anche dei capitali della natura. Da anni molti gruppi e commissioni - da ultimo quella francese diretta dal premio Nobel Joseph Stiglitz - stanno cercando di elaborare un nuovo indicatore statistico che capace di misurare se non il "vero" progresso, almeno il "vero" sviluppo.

L'impresa non è ancora giunta a termine. Forse perché noi membri di una specie sedicente sapiens non sappiamo ancora per che cosa valga davvero la pena di vivere. Chissà se la statistica di qualità non aiuti a chiarirci le idee.

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