[02/11/2010] News

Brasile, l'eredità "Amazzonia" di Lula a Dilma Rousseff

NAPOLI. Tra le tante eredità positive che il presidente uscente del Brasile Luis Inacio Lula da Silva ha lasciato al suo successore appena eletto, la signora Dilma Rousseff,  c'è la forte riduzione del processo di deforestazione dell'Amazzonia, da molti considerata il polmone verde del mondo.

Quest'anno, infatti, il taglio degli alberi riguarderà una superficie dell'85% inferiore rispetto al picco massimo, recentissimo, del 2004. In sei anni, dunque, il presidente Lula è riuscito a mantenere la promessa di ridurre, in questo primo decennio del XXI secolo, il tasso di deforestazione rispetto alla media del decennio precedente.

Questa performance è stata realizzata in un paese che ha visto il Pil crescere al ritmo superiore al 5% annuo. Dimostrando che non c'è una incompatibilità irriducibile tra sviluppo ed ecologica. Il guadagno ambientale per tutto il mondo è enorme: si calcola che, grazie alla sostanziale riduzione della deforestazione in Amazzonia, ogni anno arriva in atmosfera almeno 1 gigatonnellata (un miliardo di tonnellate) di gas serra in meno. Più o meno la quantità che hanno promesso di tagliare l'Unione europea e gli Stati Uniti nei prossimi anni.

La speranza è che Dilma Rousseff segua le tracce del suo predecessore e mentore, Lula, blocchi del tutto la deforestazione e inizi un processo di riforestazione dell'Amazzonia.

L'inizio non sarà facile. È in corso, infatti, una siccità - meno intensa, ma più vasta di quella del 2005 - che interessa la parte nordoccidentale, centrale e sudoccidentale dell'Amazzonia brasiliana, oltre che parte della Colombia, del Perù e della Bolivia. Questa nuova siccità potrebbe compromettere una parte del "dividendo climatico". Secondo le stime dei più pessimisti riportate dalla rivista Nature, infatti, è tale da comportare maggiori emissioni di gas serra per 1,6 gigatonnellate.

Le previsioni in questo campo sono difficili. Negli ultimi tempi sono apparse in letteratura articoli scientifici che documentano sia un effetti negativo sia un effetto positivo della siccità del 2005 sulle emissioni di gas serra dell'Amazzonia.

Meglio attenersi, dunque, ai dati certi. E i dati certi ci dicono che a settembre della zona interessata dalla siccità si è registrata una temperatura media più alta di 2 o 3 gradi rispetto alla media e di 1 grado rispetto al 2005, anno dell'altra grande siccità.

Inoltre il Rio Negro, uno dei maggiori affluenti del Rio delle Amazzoni, è ai suoi minimi storici. Ma la cosa più grave è che - sebbene siano associati ai processi di deforestazione e sebbene la deforestazione sia fortemente ridotta - sono aumentati gli incendi, che ormai hanno toccato per intensità l'80% rispetto al picco del 2005.

Non c'è dubbio, la siccità in atto compromette gli effetti benefici sul clima globale della deforestazione in Brasile. Ma a cosa è dovuta, questa siccità? Una stagione di mancanza di piogge fa parte della fisiologia del clima. Tuttavia fenomeni come quelli del 2005 sono considerati "eventi di una volta al secolo". Il fatto è che di tali fenomeni ne abbiamo avuti due in soli cinque anni. Non è un assurdo statistico. Ma certo è un campanello di allarme.

Potrebbe esserci un aumento della frequenza dei fenomeni di siccità grave in Amazzonia dovuta ai cambiamenti climatici. Tanto più che questa siccità sembra non essere associata ai fenomeni di El Nino del Pacifico, ma a un aumento della temperatura media delle acque dell'Atlantico.

Certo, la signora Dilma Rousseff non sarà in grado di governare questi fenomeni a scala globale. Ma dalla sua politica dipenderà se le retroazioni negative sui cambiamenti del clima prevarranno, in Amazzonia, su quelle positive. La posta in gioco, per il Brasile e per l'intero pianeta, non è piccola.

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