[11/11/2010] News

L'Italia di nuovo condannata dalla Ue per la caccia in deroga in Veneto

LIVORNO. Aumenta il numero di condanne della Corte di giustizia UE a carico dell'Italia per non aver rispettato le normative comunitarie in campo ambientale. Stavolta perché la regione Veneto ha adottato e applicato una normativa sulla caccia che autorizza deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici senza rispettare le condizioni stabilite dall'apposita direttiva Ue.

Pur vero è che la Corte di giustizia europea ha ammesso la possibilità di derogare al divieto di cacciare di determinate specie di uccelli, in particolare per consentire "in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità". E ha subordinato la deroga a tre condizioni. In primo luogo, lo Stato membro deve limitare la deroga al caso in cui non vi sia un'altra soluzione soddisfacente. In secondo luogo, la deroga deve basarsi su almeno uno dei motivi tassativamente elencati della direttiva. In terzo luogo, la deroga deve rispondere ai precisi requisiti volti a limitare le deroghe allo stretto necessario e a permettere la vigilanza da parte della Commissione europea.

Si tratta comunque di un regime eccezionale, di stretta interpretazione e dove gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferendosi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni dalla direttiva.

Ma la legge regionale si limita solo a menzionare le specie di uccelli che possono costituire indifferentemente oggetto di una deroga (passero, passera mattugia, cormorano, fringuello, peppola, storno e tortora dal collare orientale - due specie quest'ultime che non potrebbero essere cacciate in Italia -) e si limita a fissare solo il numero di esemplari prelevabili per un periodo di cinque anni. E non indica assolutamente le condizioni di rischio e le circostanze di luogo nelle quali le deroghe medesime possono essere adottate.

Dunque, la normativa non soddisfa né precise esigenze e situazioni specifiche né, nel caso del fringuello, la legge n. 13/2005 consente l'abbattimento di 6 059 000 esemplari, mentre l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, applicando il criterio del 5% della mortalità naturale in Italia e ripartendo il risultato tra le regioni italiane, era pervenuto ad un numero massimo di 410 946 esemplari che potevano essere prelevati nella Regione Veneto. Quanto alla peppola, detta legge consente l'abbattimento di 1 514 750 esemplari, mentre il suddetto Istituto, applicando il criterio del 5% della mortalità naturale, aveva fissato a 135 591 il numero massimo di esemplari prelevabili nella regione in questione.

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