[22/11/2010] News

Allarme rosso per i parchi della Sicilia

PALERMO. Sembra ormai certo che in Sicilia salterà la manovra finanziaria d'autunno, nella quale speravano Parchi e riserve dopo il taglio da 8 milioni di euro nell'ultima finanziaria regionale. Inoltre resta  per ora confermato il taglio ai finanziamenti per le aree protette, già definito nel precedente strumento. Si annunciano dunque tempi duri per gli Enti Parco, per i quali già nell'assestamento di bilancio era saltata l'ipotesi di rimpinguo del fondo. Una situazione che ha immediatamente scatenato le proteste di direttori, personale e precari dei parchi e delle associazioni ambientaliste.

Anche Federparchi «Unisce il proprio appello a quello degli Enti gestori delle riserve e dei parchi della Sicilia, dei loro dipendenti, delle tante organizzazioni che si stanno mobilitando per scongiurare la paralisi delle aree protette isolane. Un appello al governo siciliano, al Parlamento regionale, alle forze politiche perché intervengano con assoluta urgenza e, ripristinando innanzitutto i fondi tolti alle Riserve naturali e ai trasferimenti degli Enti parco, consentano di assicurare il funzionamento di strutture che costituiscono una sicura e insostituibile risorsa per l'equilibrio ecologico e l'economia dell'isola. Federparchi - Europarc Italia ritiene inimmaginabile che, al di là degli aspetti umani legati al rischio di licenziamento di ben 90 persone, il cui peso è incalcolabile, si possa rinunciare al lavoro di tecnici, operatori ed esperti che hanno contribuito a fare della realtà dei parchi e delle riserve siciliani uno degli aspetti più apprezzati dell'autonomismo regionale, un elemento di modernità con pochi paragoni in Italia. Persone che hanno collaborato alla formulazione di programmi e stanno realizzando progetti in grado di dare un contributo all'auspicato rilancio dell'intera realtà siciliana. Progetti - di conservazione, di recupero, di promozione economica e turistica, di formazione, di educazione - che non sono un costo ma un beneficio e di cui i governanti dell'isola dovrebbero andare fieri , invece di condannarli all'abbandono e al degrado».

Il 17 novembre il commissario del parco dei Nebrodi, Antonino Ferro, ha detto a Sicilaparchi: «Qualora dovessero essere confermati i tagli agli Enti Parco, sono pronto a rassegnare le mie dimissioni. Se la Regione ha deciso di dismettere gli Enti Parco, sono pronto a lasciare. Ribadisco che il pagamento degli stipendi rientra nelle spese obbligatorie ai sensi della legge 14 /88 il cui onere resta a carico della Regione cosi come previsto dalla legge regionale 14/88». L'ex commissario del parco delle Madonie, Angelo Aliquò,  ha già lasciato per protesta l'incarico dicendo che «I parchi ridotti a stipendificio non servono a nessuno, poiché non possono assolvere alla funzione della conservazione della biodiversità ma solo a quella di ammortizzatore sociale».

Il 18 novembre c'è stato un sit-in dei precari degli enti parco davanti alla sede della Regione «Contro la discriminazione - dice il Cobas-Codir - che il governo regionale ha messo in atto nei loro confronti». Si tratta di 118 lavoratori precari dei parchi delle Madonie, dei Nebrodi, dell'Etna e dell'Alcaltara, inseriti nello stesso bacino di fuoriuscita del precariato dei 4.500 precari della Regione siciliana che, dal primo gennaio 2011, finalmente, vedranno invece trasformato il loro rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. L'assessore al Bilancio Armao ha messo mano al faldone parchi", e i tagli agli enti sembrano confermati. «Probabilmente, poiché è impensabile la dismissione di questi enti - scrive Siciliaparchi - che certo inutili non sono e non devono rientrare nella lista nera di enti avviati alla chiusura in mano in queste ore ai tecnici del Bilancio, la vicenda si concluderà con l'erogazione dei fondi appena appena per gli stipendi.
Ma che senso avrà tutto ciò? Restano le emergenze, il futuro incerto dei parchi rinvigorisce l'illegalità, le riserve vanno in fiamme mentre le associazioni non sanno come finirà la loro storia di gestione».

Non ha tranquillizzano più di tanto quel che ha detto sempre il 17 novembre nell'audizione in commissione Ambiente del Senato il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo che prima ha assicurato che è stata trovata la copertura finanziaria da 35 milioni di euro per i parchi nazionali (ma non per quelli regionali), ma che in futuro bisognerà «Metterli parzialmente a reddito. L'emendamento alla legge di stabilità che individua 35 milioni di euro l'anno per tre anni, mette in sicurezza le strutture dei parchi e consente di lavorare in serenità per il futuro». La Prestigiacomo ha ribadito che «Resta urgente procedere a una riforma della legge sui parchi. Si può immaginare una modalità di gestione diversa che metta le aree verdi parzialmente a reddito. In ogni caso, resta urgente mettere mano alla legge sui parchi, anche perché in futuro i fondi saranno sempre meno. Dovremmo inventarci qualcosa per metterli a reddito, altrimenti il problema lo avremo ogni anno dal momento che le risorse pubbliche scarseggiano».

Il senatore siciliano Antonino d'Alì, presidente della Commissione ambiente del Senato, dopo l'audizione della Prestigiacomo ha spiegato a Siciliaparchi che «Le sovvenzioni ai Parchi sono un problema non solo siciliano, ma nazionale. Ne abbiamo parlato con il ministro Prestigiacomo in Commissione, perché non si depotenzi il lavoro svolto da questi enti, che è fondamentale per la tutela della biodiversità e non solo.
Il testo del Bilancio è in discussione in questi giorni a Montecitorio. Lo scorso anno riuscimmo a scongiurare il rischio, quest'anno, purtroppo, a quanto ci risulta dalla bozza, i tagli ai parchi nazionali si attesteranno intorno ai 24 milioni di euro. Non solo questo si ripercuoterà sul funzionamento amministrativo degli enti, ma alcuni soggetti potrebbero rischiare addirittura di chiudere. Ecco perché abbiamo lanciato un appello al governo tramite il ministro Prestigiacomo, perché venga scongiurato il rischio azzeramento del lavoro sin qui svolto. Occorrerebbe avviare un'opera di pressing affinché passi presso le sedi opportune il messaggio che la riduzione dei fondi alle aree protette rischia di causare danni ben più rilevanti delle economie che vogliono ottenere. Stiamo parlando di patrimonio di interesse nazionale e mondiale. Secondo il testo inoltrato, al momento le somme destinate all'avviamento dei nuovi parchi nazionali in Sicilia non sono state intaccate».
Anche d'Alì pensa che i parchi debbano far reddito e fa un esempio un po' rischioso di questi tempi: quello delle Cinque terre travolto da una bufera giudiziario-amministrativa e commissariato dal governo: «Le cui entrate in bilancio sono rappresentate per il 70% da voci private, ed il restante 30 dal pubblico. In altri parchi le proporzioni sono esattamente invertite, se non totalmente sbilanciate sul pubblico. Direi che a fronte della situazione attuale, non solo per le ristrettezze dell'economia pubblica ma anche per un migliore utilizzo delle risorse ambientali da salvaguardare e promuovere, si impongono moderne forme di coinvolgimento del privato, nel rispetto dei valori istitutivi dei parchi».

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