[25/11/2010] News

La cultura della responsabilità e le riforme della scuola e dell'università

LIVORNO. Ieri il blitz di protesta che è arrivato a sfiorare la soglia del senato, a Roma,  il blocco dell'aeroporto di Pisa, e di 5 ponti cittadini, a Siena è stato fermato il traffico ferroviario. Solo per citare i casi più eclatanti. Stamani il presidio davanti a Monecitorio, le cariche della polizia a Palermo, Milano, Firenze e Bologna (ci sono feriti), l'occupazione della sede dell'università di Napoli, gli studenti universitari sui tetti di un po' tutte le università italiane e l'occupazione della Torre di PIsa.

Tutto questo mentre la maggioranza annaspa in un mare di emendamenti e di sconfitte proprio su questa riforma Gelmini, tanto necessaria quanto assolutamente inadeguata (e in questo assolutamente non dissimile dalle precedenti).

E' una riforma, ancora una volta, che a scanso di tutte le belle promesse  violenta e umilia il merito: appena il 7% del finanziamento ridicolo sopravvissuto ai tagli di Tremonti sarà distribuito in base al merito. Non solo. Non c'è alcuna programmazione certa per quanto riguarda i concorsi di assunzione, così che la massa di ricercatori a tempo, figura introdotta dalla riforma, a differenza dei colleghi europei resterà senza alcuna garanzia del proprio futuro.

Ulteriori pesanti corollari di questa ipoteca sul futuro sono il blocco degli scatti biennali, gli stipendi che restano ai minimi in Europa e quindi incentivano la fuga di cervelli, l'ulteriore riduzione del plafond destinato alle borse di studio.

I due vulnus più grossi di questa riforma sono dunque culturali: intendendo con questo termine la cultura del merito e la cultura del futuro. Miopie che appaiono trasversali a tutto l'operato di questo governo: a partire dall'università e dallo sviluppo economico, dove si continua a navigare a braccia. Ma se un certo immobilismo è comprensibile oggi, alle soglie della data del 14, non è assolutamente giustificabile per quel che riguarda i pochissimi fatti fino ad oggi.

Intendiamoci non è che sul fronte educativo/formativo (quindi università e ricerca, ma anche scuola, con la riforma Gelmini) gli esempi dei governi passati in questi ultimi 20 anni abbiano dato particolari prove di brillantezza, ma certo è che ancora una volta ci troviamo alle prese con i soliti tentativi di riforma e con le solite proteste. Con l'aggravante questa volta di una crisi globale che ha messo in ginocchio ogni settore e fa bruciare ancora di più ferite nel metodo (come quella che premia ancora una volta le scuole private togliendo soldi al pubblico) e nel merito (l'elevazione a vittima sacrificale di una materia scientifica ed "ecologica" come la geografia).

Ma al di là della (o delle) riforme quello che sembra è che si sia completamente abbandonato il valore della cultura utile ad evitare, per dirla con Bauman, che «dagli ideali di una comunità di cittadini responsabili (si passi) ad un'accolita di consumatori soddisfatti e quindi portatori di interessi personali».

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