[29/11/2010] News

Wikileaks, lupi alfa, volpi del deserto, wild party, gas e petrolio al tempo del bunga bunga

LIVORNO. I giornali russi tengono un bassissimo profilo sulle rivelazioni di Wikileaks che indicano nel premier Vladimir Putin il capobranco, il lupo Alfa che tiene sotto controllo il sottomesso presidente Dmitri Medvedev e utilizza il nostro presidente del consiglio Silvio Berlusconi come portavoce del branco, una specie di azzannatore a comando per i lavori sporchi in occidente dello Stato-mercato-energetico russo.

Wikileaks, o meglio gli impietosi dispacci della diplomazia statunitense, traccia uno scenario già più volte "annusato" da questo giornale che ha rilevato spesso la "stranezza" dell'atteggiamento filo-russo e l'amicizia pericolosa tra l'oscuro ex agente del Kgb comunista con il ricchissimo imprenditore anticomunista Berlusconi, con ospitate in villa e dacie, doni di colbacchi e di lettoni per i "wild party" italiani, per non parlare degli omaggi, fino ai baciamano, fatti all'impresentabile, ipocondriaco e folcloristico dittatore libico Muhammar Gheddafi.

Dai (primi) stralci dei documenti di Wikileaks emerge l'immagine di un premier imbarazzante e di un Paese ormai ininfluente a livello internazionale e già le prima giustificazioni appaiono abbastanza sconfortanti, proprio perché confermano il nostro ruolo di venditore di tappeti energetici fossili tessuti da altri. Abbiamo già sentito dire che, se Berlusconi non si fosse messo pancia all'aria uggiolante e complice davanti al lupo della steppa alfa russo, negli anni passati non avremmo avuto il gas per scaldarci e cucinare... peccato che i Paesi occidentali che non si sono sottomessi al ruolo di acritico piazzista del regime autoritario putiniano non abbiano patito né il freddo né la fame. Peccato che sia stata l'Ue, e non Berlusconi, a gestire in prima linea la guerra del gas ucraino-russa.

I giudizi trancianti della diplomazia statunitense non riguardano solo la vita sregolata di un uomo che non riesce a gestire bene la propria vecchiaia, non sono i "wild party" (che oggi un giornalista in tv ha spiegato essere semplicemente le innocenti bisbocce post-laurea degli studenti Usa... dimenticandosi di dire che quelle bisbocce sono a base di sesso sfrenato, droga ed alcool), non è lì il punto, non dovevamo aspettare gli americani per avere una conferma di quanto sia considerato politicamente sconveniente il priapismo senile del nostro premier.

Il punto dolente vero per un Paese già "sputtanato" è in una politica estera del nostro governo che si mischia sempre di più con il sostegno a regimi autoritari o dittatoriali in cambio di commesse energetiche, di un premier che vola ad Ankara per intrufolarsi non invitato nella firma di un accordo energetico tra Russia e Turchia per rivendicare le briciole, che appoggia il gasdotto South Stream contro il Nabucco (e l'Ue), che giura sulla democraticità di un regime dove assassinare o massacrare un giornalista è cosa normale, che dà finanziamenti miliardari ad un dittatore arabo per fermare gli immigrati neri in lager nel deserto e in cambio ottiene commesse per le sue imprese partecipate dallo Stato, le stesse che fanno affari nelle dittature asiatiche del'ex Urss e con l'Iran sotto embargo.

Si dirà: lo fanno anche gli altri, lo fanno anche i cinesi e gli europei e gli stessi americani, non possiamo certo restare indietro. Viene da dire: non capisco ma mi adeguo... ma c'è modo e modo di farlo, salvando almeno le forme e non sottomettendosi al lupo della steppa. Lo "scandalo" americano nasce da questo, non certo da un approccio "etico" con la politica internazionale, come confermano le stesse rivelazioni di Wikileaks.

L'inaffidabilità dell'Italia non sta nella spregiudicatezza, nel pelo sullo stomaco che certo non manca agli americani, ma è nell'eterna attitudine italiana del piede in due scarpe, del magliaro piacione e caciarone che si è incarnato in questo vecchio lupetto a sei zampe che annusa scodinzolante il deretano del Paese alfa, alla ricerca di un cliente-protettore da giustificare sempre e comunque, come si trattasse, sempre e comunque, di una "furbata", di un'operazione di marketing, di un manifesto patinato, di uno spot televisivo, di giustificare un lifting eterno.

Con Putin e la sua oligarchia si possono anche fare affari ma Berlusconi pretende di trasformare l'ex agente segreto Putin nel difensore della democrazia che in Russia è stata tradotta in un regime energetico dove il mercato è in mano ad un'elite auto-coptata di "forti e capaci", di "lupi" che hanno sbranato le spoglie dell'Unione Sovietica mantenendone però l'anima autoritaria, le forme di selezione per fedeltà e il controllo sulla società.

Partendo da qui si può sdoganare anche Gheddafi, le sue donne guerriere, il suo harem e le sue infermiere, farne fonte di ispirazione per il bunga bunga che, per estensione, diventa prassi politica di cui non vergognarsi.

Il libretto verde di Gheddafi e i desiderata della cricca statale gasiero-petrolifera-nucleare russa diventano così le fonti di ispirazione di un populismo che ha bisogno di masse docili ed adoranti, il sogno di tutti i regimi, soprattutto quando la crisi morde e fa vacillare antiche certezze iper-liberistiche. I due regimi energetici russo e libico, con il loro approccio statalista-liberista al mercato e l'ancor più problematica concezione della democrazia, sono eccentrici e distanti dalla democrazia occidentale. Seguire il lupo alfa e la volpe matta del deserto della Sirte porterà fuori strada anche noi, come dimostra la sbandata populista-mediatica del berlusconismo, che preoccupa gli americani ed ancor più gli europei.

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