[01/09/2009] News

La riconversione ecologica dettata (non solo) dal mercato e il problema delle "terre rare"

LIVORNO. La riconversione ecologica dell'economia a volte si sviluppa in modo silenzioso, quasi sottotraccia, incuneandosi tra i bisogni e le necessità di sopravvivenza delle imprese, obbligate a cambiare senza dover attendere i tanto auspicati (da noi) riorientamenti imposti da lontanissime (purtroppo) governance mondiali o da più reali, ma non per questo meno lenti e miopi, governi nazionali.

E' il caso dell'accordo industriale da un miliardo e mezzo che la Magneti Marelli (del gruppo Fiat) ha siglato con un'altra eccellenza italiana, la marchigiana Faam, per la progettazione e produzione di batterie hi tech al litio destinate alle grandi case automobilistiche. Batterie che serviranno quindi per i veicoli elettrici che stanno studiando un po' tutte le case automobilistiche (a dir la verità sollecitate anche dagli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dall'Ue e da altri paesi) e con cui sono stati presi già diversi contatti: Mercedes Volkswagen, Renault, Piaggio Ferrari e ovviamente Fiat.

«Questo accordo - afferma sul Sole 24 ore di oggi  Eugenio Razelli, amministratore delegato di Magneti Marelli - punta a fornire soluzioni innovative in risposta alle nuove sfide tecnologiche dei mezzi di trasporto e dei propulsori sostenibili come i motori ibridi ed elettrici».

Motori elettrici che secondo il presidente di Faam, Federico Vitali «sono ormai una realtà: e le batterie al litio, per caratteristiche e prestazioni ne costituiscono in qualche modo il genoma».

Difficile dire se questa riconversione di prodotto, sia finalmente da annoverarsi come un'azione virtuosa del made in Italy dettata dallo sguardo lungo sulle evoluzioni che ci attendono, oppure se si tratti invece di un accordo di retrovia fra imprese italiane costrette a rincorrere i competitors stranieri (non sarebbe la prima volta), quel che è certo è che l'asticella della riconversione ecologica dell'economia ha fatto l'ennesimo piccolo passo avanti.

Anche se è necessario ricordare almeno due cose. La prima è che non basta una macchina elettrica per non inquinare: se infatti l'alimentazione si approvvigiona da fonti tradizionali fossili, non si fa altro che spostare l'inquinamento dal luogo di utilizzo al luogo di produzione dell'energia e per questo anzi sarebbe bene incentivare sempre di più la mobilità più sana e sostenibile (bicicletta, ferrovia, mezzi pubblici, trasporti collettivi...) . Il secondo aspetto da sottolineare è che come diciamo spesso non esistono pasti gratis, e quindi va tenuto conto sia dell'impatto del ciclo di vita complessivo del prodotto (in questo caso del veicolo elettrico), sia della reale disponibilità delle risorse.

Quello delle risorse e della loro finitezza è un problema di cui purtroppo ci dimentichiamo spesso. A partire dal litio, elemento base delle nuove tecnologie sul quale abbiamo già realizzato diversi approfondimenti: la scarsità di tale elemento sul pianeta rappresenta sì un rischio per lo sviluppo massivo delle tecnologie pulite, ma anche un rischio dal punto di vista dell'equilibrio geopolitico e sociale (pensiamo allo sfruttamento delle risorse petrolifere in Africa o nel Sud Est asiatico).

Non c'è peraltro solo il litio. In un altro articolo di oggi (vedi link a fondo pagina) parliamo del niobio e della scoperta di un importante giacimento in Cina, ma sempre Il Sole 24 ore ci ricorda altri nomi di elementi per ora semisconosciuti ma che presto potrebbero diventare assai più familiari: Si calcola per esempio che già oggi ogni Toyota Prius contenga una dozzina di chili di lantanio e un chilo di neodimio, mentre il terbio e il disprosio vengono aggiunti a una lega utilizzata per i magneti più moderni, utilizzati sia nell'industria dell'auto elettrica, sia nell'industria eolica.  

Tutti elementi, questi ultimi citati, che rientrano nel gruppo delle 15 "terre rare", ed ecco allora che tali (scarse) disponibilità di risorse dovrebbe quindi essere gestite in modo corretto - facendo magari tesoro degli errori del passato - sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale. Un uso intelligente e non depredatorio delle risorse insomma, che sia accompagnato da investimenti in ricerca finalizzati a ridurne al minimo l'utilizzo e soprattutto lo spreco, a svilupparne laddove possibile il recupero e riciclo, a individuare possibili elementi alternativi e disponibili in quantità maggiori.  

Ecco perché alla base della piramide sta la ricerca. Quella di base appunto, orientata alla sostenibilità dello sviluppo.

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