[03/12/2010] News

I minerali (rari) di guerra del Congo

LIVORNO. L'8 novembre l'Ong congolese "Action contre l'impunité pour les droits de l'homme" ha depositato  al tribunale di Montreal, in Canada, una richiesta di autorizzazione per un ricorso collettivo contro l'impresa mineraria canadese Anvil Mining Limited, accusata di aver fornito assistenza logistica alle  Forces armées de la République démocratique du Congo (Fardc, l'esercito della Rdc) che hanno massacrato 70 persone nel 2004. L'associazione della Rdc rappresenta i parenti delle vittime e i sopravvissuti ed è sostenuta da una coalizione di Ong cabadesi, internazionali e congolesi.

«Questo dossier è adesso in Canada perché Anvil è una compagnia canadese che deve rendere conto del ruolo che ha svolto nelle violazioni flagranti dei diritti umani», spiega Matt Eisenbrandt, coordinatore giuridico del Centre canadien pour la justice International.

Dickay Kunda, il cui padre è deceduto nel 2009 in seguito alle torture subite in 6 mesi di prigionia da parte delle Fardc, ha detto: «Ogni giorno è una lotta per sopravvivere e ci sentiamo abbandonati. Non abbiamo altra scelta che quella di rivolgerci alla comunità internazionale per ottenere giustizia».

Nell'ottobre 2004 Anvil ha fornito camion, conducenti aerei ed altri sostegni logistici all'esercito della Rdc per aiutarlo a contrastare un piccolo gruppo di ribelli che cercava di occupare Kilwa, un porto essenziale per le attività della compagnia mineraria canadese. Durante l'operazione i militari si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani. Secondo Tricia Feeney, direttrice della Ong Britannica Rights and accountability in development «Il sostegno materiale di Anvil ha permesso all'esercito congolese di raggiungere molto rapidamente la città ribelle di Kilwa, dove in seguito si è dato a rappresaglie e generalizzate contro la popolazione civile». Anvil rigetta tutte le accuse e afferma che il sostegno logistico le era stato richiesto dalle autorità della Rdc.

La denuncia in Canada fa seguito ad un controverso processo militare nella Rdc che si è tenuto dopo che, nel 2006, un procuratore militare mise sotto accusa 9 soldati per crimini di guerra e tre ex impiegati della Anvil (emigrati all'estero) per complicità. Nel 2007, in un processo segnato da abusi e irregolarità, tutte le accuse sono state respinte. Un rapporto dell'Onu dello scorso agosto citava proprio il processo all'Anvil come un chiaro esempio di come la legge e la giustizia non venissero spesso applicate nella Rdc.

Dietro l'affaire Anvil c'è la sporca realtà dell'industria mineraria nella Rdc (e non solo): secondo l'Onu 50 dei 200 giacimenti minerari del la Rdc orientale sono i mano a milizie armate che controllano stagno, tantalio, oro, tugsteno, coltan... cioè i minerali utilizzati per produrre telefonini, smart-phone ed altra elettronica di consumo. I gruppi armati della Rdc (e l'esercito regolare) si impadroniscono  delle miniere per gestire questo commercio fiorente e rifornire i mercati occidentali e asiatici. Secondo il Center for American Progress «Ribelli, milizie ed alter forze armate "ufficiali" si dividono annualmente circa 185 milioni di dollari frutto della vendita dei minerali. E la tracciabilità della loro merce non è la prima delle loro preoccupazioni».

La catena di approvvigionamento dei metalli insanguinati è ben conosciuta: dopo l'estrazione illegale e in condizioni di lavoro spesso terribili, arrivano i compratori che avviano tutto alle fonderie, quasi sempre asiatiche. Il tutto avviene al di fuori di ogni controllo statale. E' vero che il governo di Kinshasa ha approvato un sistema di registrazione delle attività minerarie e che recentemente ha cercato di aumentare i controlli, ma poche imprese rispettano le regole e quelli, che dovrebbero farle rispettare, come le forze dell'ordine partecipano al lucroso e illegittimo affare. Così i minerali rari vengono miscelati e fusi per ottenere le materie essenziali acquistati delle industrie delle telecomunicazioni. Un mercato criminale e insanguinato dove ogni tracciabilità è impossibile.

Dietro il mercato dei metalli rari ci sono le milizie, che non si contentano solo di occupare e/o sorvegliare le miniere per conto di compiacenti imprese, ma fomentano guerre etniche e commettono atrocità contro la popolazione, espropriano le terre, violentano donne e bambini, fanno schiave sessuali, uccidono... Secondo l'Onu dal 1998 il conflitto del Congo, che è un conflitto per le risorse minerarie, è costato la vita a 5,5 milioni di civili. E' quella che gli africani chiamano la terza guerra mondiale ad aver finanziato l'estrazione dei minerali rari che ci permettono di telefonare e navigare su internet.

Le industrie occidentali della telefonia hanno cominciato a prendere coscienza di una situazione non più nascondibile e dei rischi che corre la loro immagine e si stanno impegnando per stabilire un sistema di tracciabilità e certificazione per tutta la catena di approvvigionamento. Le due principali iniziative sono la Global e-Sustainability Initiative (Gesi), crweata nel 2001, e l'Electronic Industry Citizen Coalition (Eicc), fondata nel 2004. I colossi dell'elettronica come Ibm, Intel, Nokia, Microsoft, Hp P...partecipano ad almeno una di queste iniziative. L'Eicc ha un codice di condotta di responsabilità sociale delle imprese che riguarda tutta la filiera di approvvigionamento che è stata adottata dal 68% dei suoi membri, che fissa norme "etiche", proibisce ogni forma di corruzione, frode ed abuso di fiducia. Nwel 2007 le due iniziative hanno dato vita all'Extractive WorkGroup, co-presieduto da Motorola et Intel, che sta catalogando tutti I protagonisti della catena di approvvigionamento dei minerali rari ed ha avviato un processo di audit e certificazione delle raffinerie. A queste si aggiunge l'iniziativa dell'Istituto internazionale di ricerca sullo stagno che punta a sviluppare un sistema di standard internazionali per tutta la filiera mineraria dello stagno. Il tentativo, fino ad ora scarsamente riuscito, è quello di adattare il Kimberley Process sul commercio dei diamanti grezzi ai minerali di guerra del Congo.

In un'intervista a "Novethic" Jay Celorie, responsabile Rse di HP, sottolinea che «Lasciare la Rdc orientale sarebbe devastante per l'economia e le popolazioni locali. Queste iniziative sono per ora i migliori strumenti per migliorare il controllo, la tracciabilità e la governance. Dobbiamo imparare e prepararci, perché i consumatori cominciano a porsi delle domande sull'origine dei nostri prodotti».

Quel che non ha potuto l'orrore della mattanza infinita della terza guerra mondiale africana forse riusciranno a farlo gli investitori che condividono i rischi delle industrie e che capiscono che questa filiera tessuta con il sangue non può essere ancora nascosta per molto. A gennaio una ventina di società di investimento e di associazioni di investitori responsabili, in gran parte statunitensi, che dispongono di un pesantissimo pacchetto di oltre 195 miliardi di dollari, hanno firmato una dichiarazione comune sui "minerali di Guerra" dove si legge: «Investitori ed industriali condividono un imperativo morale, quello di assicurarsi che non siano complici di queste violenze, torture ed uccisioni sistematiche. La trasparenza sulle origini dei prodotti, lungo tutta la catena di approvvigionamento, è essenziale per permettere agli investitori di valutare le loro performance sociali ed ambientali».

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