[10/12/2010] News

Kyoto sė, Kyoto no e si perdono di vista gli obiettivi per rendere credibile la lotta al cambiamento climatico

Un intervento poco calato nella realtà italiana, quello della nostra Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che guarda ad una cornice troppo ampia posizionando il nostro paese con un ruolo da mediatore tra le nazioni in ambito europeo. Con l'appello lanciato alla Cina e agli Stati Uniti perché si impegnino maggiormente contro i cambiamenti climatici che sembra più un escamotage per stare alla finestra che una voce intenzionata ad incidere realmente nel processo che porti ad un accordo.

Pochi minuti dopo l'intervento della Prestigiacomo vi è stato quello del Ministro dell'ambiente colombiano Sandra Bessudo Lion, che ha riportato la platea alla necessità di interventi urgenti considerato che la Colombia sta vivendo una emergenza nazionale, proclamata dal governo martedì scorso. Emergenza nazionale dovuta alle inondazioni provocate dalle fortissime piogge che hanno colpito decine di città interessando 1,5 milioni di persone, provocando duecento morti, centinaia di feriti e dispersi, migliaia di sfollati. Dopo le tragiche alluvioni dello scorso luglio e quelle di questo dicembre anche i metereologi colombiani non hanno dubbi, la responsabilità è del cambiamento climatico in atto.

Anche per queste evidenze stupiscono le condizioni che si sono venute a creare in queste ore a Cancun, verso la conclusione della COP16. Gli interventi dei politici in plenaria non si sbilanciano, in diversi ricordano l'importanza del protocollo di Kyoto, ma sono molti coloro che, pur sottolineando come da Copenhagen non sia arrivata una risposta forte alle questioni climatiche, citano l'Accordo (ricordiamolo, non consensuale e non assunto con acclamazione dall'assemblea) che uscì alla COP15. Sembrano adesso rivendicarlo in positivo e non come un documento che ha lacerato i colloqui multilaterali e che ha lasciato molte incertezze senza fissare obbiettivi credibili per contrastare il riscaldamento del pianeta. Ricordare il Copenaghen Accord, magari per ripartire da quello una volta terminato il periodo di validità del protocollo di Kyoto, rappresenterebbe un vero e pericolosissimo passo indietro.

A preoccupare i favorevoli ad un secondo periodo di validità del protocollo anche le posizioni della Russia irrigiditesi adesso dopo l'iniziale esposizione del Giappone.

Per comprendere cosa si stia muovendo in queste ultime ore di colloqui su quello scacchiere che la Cina sembrava aver riposizionato ad inizio settimana impegnandosi a tagliare le proprie emissioni in maniera volontaria ma vincolante e a favore del prolungamento del periodo di validità del Protocollo di Kyoto, bastano le parole del Segretario di Stato inglese per l'energia e l'ambiente, Chris Huhne, rilasciate al Guardian, che enfatizzano il divario tra paesi ricchi e poveri sul futuro del protocollo stesso. Le dinamiche negoziali hanno portato oggi ad una ipotesi che sembrava coinvolgere l'Unione Europea e un gruppo di paesi delle Isole del Pacifico (AOSIS) che avrebbero proposto un nuovo trattato dopo il primo periodo di validità del protocollo di Kyoto. Voci di corridoio, decisamente poco credibili ma create ad hoc con secondi fini, immediatamente smentite dalla commissaria UE per il Clima Hedgaard che ha ricordato come da sempre l'Unione Europea sia impegnata a mantenere in vita il protocollo. L'UE con i paesi dell'AOSIS e il Costarica hanno invece proposto, per gli impegni nell'accordo sul lungo periodo, che affianca quello del protocollo di Kyoto, che diventino vincolanti.

Sarà necessario preparare molto caffè per i negoziatori che in queste ultime ore dovranno stare svegli e vigili per consentire al dibattito di uscire dalla nebbia che ammanta i colloqui. Ammesso che ve ne sia la volontà, quando il dibattito si avvita su di un "si" o un "no" si perdono sempre di vista gli obiettivi di lungo termine, con il piacere di tutte quelle nazioni che non vogliono porre numeri ai tagli delle emissioni, tempi certi in cui effettuarli e non vogliono impegni lega,mente vincolanti ma continuare con un approccio "business as usual". Insomma il rischio è che l'Accordo di Cancun assomigli troppo a quello di Copenhagen.

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