[21/12/2010] News

Marea radioattiva di Areva nel deserto del Niger. Ecco le foto

LIVORNO. Greenpeace Africa aveva ricevuto il 17 dicembre un rapporto su uno sversamento di 200.000 litri di fanghi radioattivi avvenuto l'11 dicembre a causa della rottura dei contenimenti di tre vasche contenenti le scorie della miniera di Somair, in Niger, gestita dal gigante del nucleare francese Areva.  Ieri l'Ong Man Agir  ha pubblicato le foto che dimostrano il cedimento delle dighe dei bacini di stoccaggio degli effluenti liquidi provenienti dal processo di macinazione dell'uranio. «Questi materiali sono chiamati anche liquidi sterili. La diga degli sterili è crollata  e gli effluenti sono stati sversati nelle aree circostanti».

Almoustapha Alhacen che ha effettuato un controllo sulla fuoriuscita per conto di Aghir in'Man ha confermato a Greenpeace che due ettari di terreno sono stati contaminati dallo sversamento dell'11 dicembre.

«Questa nuova perdita dimostra che le cattive pratiche delle miniere di uranio di Areva in Niger continuano a minacciare la salute e la sicurezza delle persone e dell'ambiente - sottolinea Rianne Teule, responsabile energia di Greenpeace Africa - In contrasto con le dichiarazioni di Areva, che sostiene che le loro operazioni sono conformi alle norme internazionali per sicurezza, ambiente e salute, queste nuove informazioni dimostrano che Areva non ha fatto abbastanza per proteggere la popolazione del Niger».

A maggio, il rapporto di Greenpeace , "Left in the Dust" ha rivelato alti e pericolosi livelli di contaminazione nell'aria, nell'acqua e nel suolo nei dintorni delle miniere di uranio di Areva in Niger. La multinazionale atomica statale francese ha liquidato le analisi come «Di parte», ma Greenpeace ha pubblicato un paio di giorni fa il rapporto definitivo che dimostra come le due cittadine minerarie di Arlit e Akokan, costruite di sana pianta da Areva, sino circondate da aria avvelenata, il suolo contaminato ed acqua inquinata. Il rapporto svela anche il traffico di metalli e materiali radioattivi provenienti dall'interno degli impianti minerari, con rottami metallici e attrezzature radioattivi venduti direttamente nei mercati locali e riciclati nella costruzione delle poverissime abitazioni di  Arlit e Akokan. Un traffico evidente ma anche questo negato da Areva. Greenpeace ha chiesto «Uno studio completo indipendente intorno le miniere ed  alle città minerarie in Niger, seguito da una bonifica approfondita e dalla decontaminazione».

L'estrazione dell'uranio produce grandi volumi di scorie radioattive e industriali. Uno sversamento nell'ambiente come quello avvenuto dalle vasche degli sterili radioattivi  può causare una grave contaminazione delle acque freatiche e dei pozzi locali. «Quando l'approvvigionamento idrico locale viene contaminato con materiali radioattivi ed altri materiali, questo pone gravi rischi sanitari per la popolazione locale - spiega Greenpeace Africa - Il fango che rimane dopo la rimozione dell'uranio dal minerale, noto come sterile, contiene l'85% della radioattività iniziale del minerale. Anche gli agenti chimici utilizzati nel processo di lisciviazione, così come altri contaminanti come l'arsenico, vengono rilasciati dagli sterili. Nelle miniere di uranio in Niger, queste scorie minerarie vengono stoccate in enormi mucchi, esposti all'aria aperta».

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