[05/01/2011] News

Tempi geologici, tempi storici, tempo reale

LIVORNO. Le prime due pagine del Sole24Ore di oggi ci consentono di introdurre alcuni nuovi elementi sull'analisi della crisi e sul come possibilmente uscirne. Chiariamo subito che abbiamo molte più domande che risposte e che un aiuto da economisti veri o analisti più bravi di noi sono e sarebbero graditi. Cominciamo quindi dai dati di fatto sfruttando le conclusioni di Martin Wolf nella prima del quotidiano di Confindustria: «Negli ultimi secoli, l'Europa prima e l'America poi, da terre periferiche si sono trasformate nel centro dell'economia mondiale. Oggi, le economie che erano diventate a loro volta periferia, stanno riprendendo un ruolo centrale. E ciò cambierà il mondo intero». A nostro avviso il mondo è già cambiato, ma questa è quasi una sfumatura. Il dato duro è che sono la Cina e l'India (con Brasile e Russia) ad avere in mano l'economia mondiale e anche che, proprio a causa di questo, nulla hanno da guadagnare dall'eventuale crollo dell'economia degli altri Paesi. Il debito pubblico Usa è infatti quasi interamente nelle banche cinesi che si sono accaparrate anche quello greco e lavorano su quello spagnolo e portoghese. La fame di materie prime ha portato inoltre il Governo di Pechino a colonizzare l'Africa e a imporre dazi notevoli sulle famose "terre rare". Se l'economia mondiale si dovesse quindi fermare sarebbero dolori anche per loro.

Fin qui cose risapute almeno dai più accorti, le complicazioni ulteriori arrivano però dalla altrettanto nota finanziarizzazione dell'economia a cui si è aggiunta - e di questo invece poco o nulla se ne parla - un'informatizzazione della finanziarizzazione stessa senza precedenti. Che cosa significa? Facciamo un passo indietro: la crisi finanziaria è scoppiata in larga parte a causa di speculazioni e dopo il crack tutti hanno cominciato ad invocare giustamente regole. I tempi in una democrazia partecipata per fare queste regole - e parliamo sempre come se tutto filasse liscio -  sono nella migliore delle ipotesi calcolabili in mesi, ma di solito si contano in anni. Comprimendoli al massimo, però, non arriveremo mai e poi mai alla velocità con cui le "macchine" che regolano l'economia finanziaria elaborano e decidono dell'economia mondiale. Poche persone e difficilmente identificabili con un semplice click spostano montagne di miliardi da un posto all'altro del pianeta, scommettono su commodity sulla scia di rumors e di ipotesi matematiche di fronte alle quali nessuno è in grado di porre resistenza. Non ci si può appellare nemmeno alla cattiva volontà, perché qui siamo di fronte all'apprendista stregone che in sostanza ha perso il controllo dei suoi poteri demandati interamente alle macchine ormai sue protesi irrinunciabili.

L'idea, quindi, anche da noi e da sempre caldeggiata di un governo dell'economia mondiale magari all'Onu che sia in grado di affrontare questa situazione - a cui in parte allude anche Stiglitz oggi in pagina 2 del Sole - appare quindi non utopica (come dice Prodi), ma del tutto insufficiente (anche se sarebbe la benvenuta), che è molto peggio. E' come far fare una corsa a chi arriva primo a consegnare un messaggio tra un elefante e una fibra ottica. L'elefante - che è l'Ue ma non solo e che come dice giustamente Onado oltretutto non sa trovare norme comuni - possiamo immaginare anche di farlo diventare un ghepardo, ma quando mai raggiungerà la velocità di trasmissione dei bit? Non solo, il cervello umano ha dei tempi di reazione di fronte ai problemi che le macchine hanno bruciato.

A tutto ciò va aggiunto un altro aspetto drammatico: il migliore dei mondi possibili è ancora quello governato da democrazie partecipate, almeno noi ne siamo ancora molto convinti. ma l'economia è in mano a governi che per non usare termini forti definiamo a forte impostazione dirigista. Pensiamo alla Cina, ma anche alla Russia, per finire al Sudamerica. La Cina, lo ricordiamo, è stata in grado di fare aumenti salariali a pioggia fino al 33% nei giro di qualche giorno. Chi è in grado di fare altrettanto nelle democrazie occidentali? Il paradosso dei paradossi è quindi che l'informatizzazione della finanziarizzazione dell'economia ha messo fuori gioco le democrazie per manifesta superiorità nei tempi del decidere. Le informazioni viaggiano senza semafori su autostrade certamente trafficate, ma che collegano il pianeta con una rete che si auto  rigenera continuamente. Certo, come dice sempre sul Sole Schimdt questo creerà anche più occasioni di lavoro - tuttavia le democrazie non sono più in grado - lo ha dimostrato Wikileaks - nemmeno di proteggere i propri documenti. Non solo, assistiamo alla crescita di un social network che nulla fa e nulla produce come Facebook che viene valutato 50 miliardi e che si basa sullo scambio di informazioni tra le persone, che sono quindi di fatto lavoratori di una società che entrerà in borsa e che non darà nemmeno un euro a chi ne ha fatto la fortuna, ovvero gli utenti stessi -.  Questo per dire che tempi viviamo. Uno scenario in cui, come detto, i soli Paesi in grado di prendere decisioni abbastanza veloci rispetto a tutto questo propellente missilistico sotto forma di informazioni hanno governi autoritari, pardon, a forte impostazione dirigista. Ci sembra che come minimo di questo bisognerebbe cominciare a parlare, visto che poi qualcuno o qualcosa, verrebbe da dire, dovrebbe orientare l'economia verso l'ecologia se oltre ad uscire dalla crisi economica appunto, ha capito che deve anche porla su un binario che riduca gli impatti in termini di consumi di energia e di materia per permettere, all'economia stessa, di sopravvivere e dunque anche a noi tutti che a fine 2011 saremmo sette miliardi...

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