[04/09/2009] News

L'estate sta finendo, no tengo dinero, no tengo lavoro, ma il settore finanziario vola...

LIVORNO. C'è qualcosa che non torna. Se è vero, come è vero, che - citiamo il Sole24Ore di oggi - «Il 2009 verrà ricordato come un anno orribile per le economie, ma fino a oggi è stato sorprendentemente positivo per gli investimenti finanziari. Fra le principali classi di attivo, non ce n'è una che sia in territorio negativo da fine 2008» i numeri dimostrato che quell'auspicato ritorno al "mettere il settore finanziario al servizio dell'economi reale» al momento è solo poco più di una speranza per alcuni, qualcosa da evitare per altri (forse i più?).

«Si va - spiega sempre il Sole - dal 3,7% dei titoli di Stato nominali al 40% delle Borse emergenti, passando per il 7% dei bond governativi inflation-linked, l'8% dei fondi immobiliari quotati, il 10% di Wall Street, l'11% dell'oro, il 12% di Piazza Affari. Con l'inflazione che nel frattempo è stata vicina allo zero, si tratta di ritorni praticamente reali. Gli investitori sono diventati più ricchi, almeno per quanto riguarda le loro attività finanziarie. Più incerto, probabilmente in declino, è invece l'andamento del prezzo delle case, che per le famiglie italiane rappresentano più del 60% della ricchezza totale».

Si capisce forse anche da qui, ci domandiamo, come mai Sarkozy, Merkel e Brown sono stati costretti a mandare una lettera ad G20 per chiedere ai colleghi di ricordare - scrive sempre il Sole - «che l'obiettivo chiave della riscrittura delle regole del settore finanziario è quello di ‘metterlo al servizio dell'economia". Mentre adesso, il calare delle tensioni sta portando alcune società a ‘pensare di poter tornare alle modalità pre-crisi'?

«I mercati azionari - si legge sempre in prima pagina sul quotidiano di Confindustria - hanno cercato di anticipare a partire dal 9 marzo un'uscita dalla recessione che a oggi non è affatto confermata. Da quel giorno le Borse mondiali hanno messo a segno un +44%».

Tirando le somme di quanto accaduto a quasi un anno dalla crisi vien da dire che è cambiato tutto per non cambiare nulla. Per di più la crisi è ancora in atto, al di là dei germogli che qua e là si individuano, e con questo atteggiamento da restaurazione il pericolo vero è che non si sia colta per niente la famosa ‘opportunità' e che anzi siamo più vulnerabili di prima, perché si è dimostrato che non c'è alcuna volontà di cambiare neppure di fronte al fallimento chiaro di un modello. Declinando la cosa sulla contemporanea crisi ecologica si può capire come questo ne pregiudichi ogni possibilità di essere affrontata con determinazioni e con strumenti adatti.

Come si può avere solo cognizione dei reali flussi di materie e di energia quando l'economia finanziaria dilata o riduce a piacimento i volumi in modo colossale delle materie prime, pensiamo solo ai barili di petrolio? Gli speculatori hanno ancora vita facile e il G20, se i tre leader europei hanno dovuto fare una lettera/monito ai colleghi, sembra già guardare altrove. Un altrove passato e insostenibile.

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