[17/01/2011] News toscana

Aĺ Rahimian (Wind Farms): «Non ci sono le condizioni per investire. Coś, l'eolico rischia di morire»

LIVORNO. Mentre negli altri paesi europei l'eolico è in forte sviluppo, in Italia, il settore rischia di morire schiacciato da sterili, e spesso immotivate polemiche. Lo sostiene il presidente di European Windfarm Italy Alì Rahimian convinto che nel nostro paese, le rinnovabili, al contrario di quanto succede, in Francia, in Germania o in Belgio, troppo spesso sono considerate un problema, un danno per l'estetica, un vulnus per l'ambiente. «Le ragioni di questo possibile e sempre più concreto fallimento? L'infausta politica del Governo sugli incentivi, l'eccessiva burocrazia e non ultimi i servizi sui media locali e nazionali più simili a delle campagne stampa che a dei veri reportage», ha dichiarato Rahmian.

Così, se i cugini francesi hanno imposto al gestore nazionale di pagare l'energia prodotta con l'eolico rispettando una tariffa pari all'80% del valore di mercato, in casa nostra, l'energia pulita viene pagata a chi la produce con l'eolico la metà di quanto la  vende il Gse. «A livello globale, molti stati puntano sull'eolico mentre il nostro Governo ha eliminato il meccanismo dei certificati verdi per dire che nel 2013 entrerà in vigore un nuovo sistema di incentivazione di cui nessuno conosce i criteri. Uno scenario di incertezza che non dà sufficienti sicurezze alle imprese per investire e le necessarie garanzie agli istituti di credito per concedere prestiti», ha spiegato Rahimian. E non ci sono solo ragioni economiche. Secondo la testimonianza del presidente di Wind Farms, una buona fetta della ritrosie e delle critiche nei confronti dell'eolico è da ricondurre a un fattore, diciamo  così, culturale. «Non si può dire che le pale danneggiano il paesaggio, perché allo stesso modo potremmo dire che anche gli elettrodotti e i tralicci che li sostengono sono brutti. In quest'ultimo caso, però, nessuno protesta, non nascono comitati, non ci sono articoli sui giornali. A chi dice che c'è un impatto ambientale, posso rispondere che per approvare un progetto, ci vogliono tre anni di procedure, di controlli e di permessi. Si tratta un percorso lungo e qualche volta non mancano gli eccessi. In un caso, siamo rimasti fermi per un anno e mezzo solo per verificare che l'impianto non incidesse negativamente sulla vita dei pipistrelli».

Una regolamentazione dei siti per i grandi mulini a vento, così come è successo per il fotovoltaico, potrebbe forse limitare le proteste. Non sarebbe comunque sufficiente, per Rahimian. «E' vero che c'è oggi c'è una sorta di deregulation sulle aree dove è possibile realizzare gli impianti, ma è vero anche che le norme in materia ambientale sono tante, e noi le rispettiamo tutte. La verità è che la mancanza di una "zonizzazione" è diventata un alibi per chi non vuole l'eolico. Inoltre, per escludere le zone di pregio, il rischio è che succeda quanto avvenuto per il fotovoltaico. In pratica, con la direttive regionali appena approvate, lo sviluppo e la nascita di campi fotovoltaici è stata drasticamente ridimensionata. Noi abbiamo l'esigenza di trovare zone ventose e in cambio diamo energia pulita. Chi non vuole l'eolico, una fonte rinnovabile e pulita, dovrebbe dare un'alternativa che non sia il nucleare».

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