[25/01/2011] News

Nucleare: fuga di Rwe, Ibrerola e Gdf Suez dalla Romania

LIVORNO. Il 20 gennaio con un secco comunicato Gdf Suez, Rwe e Iberdrola, hanno annunciato la decisione di «Non proseguire la loro partecipazione allo sviluppo del progetto nucleare di Cernavoda in Romania. Le incertezze economiche e regolamentari che circondano questo progetto, in particolare a causa dell'attuale crisi economica, non sono ad oggi conciliabili con gli investimenti necessari allo sviluppo di un nuovo progetto nucleare. Di conseguenza Gdf Suez, Rwe e Iberdrola hanno deciso, nel quadro delle loro politiche di investimento, di non proseguire la loro partecipazione al progetto».  Le tre multinazionali energetiche europee avevano fatto nel 2008 un'alleanza con Enel, Czec, ArcelorMittal e la SN Nuclearelectrica rumena per realizzare le unità 3 e 4 della centrale di Cernavoda. La società ceca Cez aveva abbandonato la joint venture già nel settembre 2010. Un consigliere del ministero dell'economia rumeno ha detto alla Reuters: «Il Paese ora cercherà nuovi investitori. Non mi aspetto che il progetto subirà molti ritardi per questo». La società statale Nuclearelectrica a Cernovoda, la sola centrale nucleare della Romania, gestisce già due reattori Candu-6 da 706 megawatt  che forniscono un quinto dell'energia elettrica del Paese, l'intenzione era quella di costruirne altri due con un progetto che prevede una spesa di circa 4 miliardi di euro.

La Centrala Nucleare di Cernavoda secondo la dittatura di Ceausescu avrebbe dovuto essere gigantesca: 5 unità, ma il regime è crollato prima di vederla in funzione: l'unità 1 è entrata in funzione solo nel 1996, L'unità 2 è stata completata da un consorzio che comprendeva l'italiana Ansaldo Nucleare, Aecl e  Nuclearelectrica  che ha lavorato dal 2003 al 2007, quando il reattore è entrato in servizio il 5 ottobre. 3 reattori non sono mai stati completati e le unità 3 e 4, che avrebbero dovuto entrare in funzione rispettivamente nel 2014 e nel 2015, sono quelle abbandonate dalle multinazionali. Del reattore 5 nessuno sa che fine farà.

La centrale nucleare è stata progettata nel 1980 dall'Atomic Energy of Canada Limited (Aecl) e realizzata in un'area altamente sismica, dove  dal 1979 si sono verificati tre forti terremoti ed ha già sofferto alcuni grossi inconvenienti. Durante il trasporto di carburante nucleare a Cernavoda si è verificato un incidente, che ha causato la contaminazione di una zona vicino alla centrale. Nei primi giorni del luglio 2000, in una settimana particolarmente calda, il primo reattore di Cernavoda dovette essere spento perché la temperatura nella centrale aveva raggiunto i 70 gradi facendo scattare i sistemi di allarme. Più recentemente, il 30 maggio 2009, l'unità 1 è stata chiusa per una settimana a seguito della rottura di un tubo dell'acqua. L'unità 2 è stata fermata diverse volte per "manutenzione". Nell'aprile 2009 il secondo reattore è stato fermato a causa di un malfunzionamento che ha portato ad un esteso blackout di corrente. Il 16 gennaio 2010, l'unità 1 è stata arrestata a causa di perdite di vapore. L'ultimo incidente a Cernavoda è dell'8 gennaio 2011 quando il reattore 1 è stato fermato per 48 ore per "attività di manutenzione".

La fuga delle tre multinazionali mette una pietra tombale sulla joint venture Energonuclear registrata appena nel marzo 2009. E' un bel problema per l'Enel che resta, insieme ad un'unità locale di ArcelorMittal, a rappresentate gli investimenti esteri nel progetto nucleare rumeno che è stato giudicato pericolosamente antieconomico  Enel potrebbe rimanere praticamente da sola a guardia del bidone nucleare dell'est, visto che la vera e propria fuga delle multinazionali energetiche occidentali dal nucleare postsovietico, che non ha più gli indispensabili finanziamenti statali per poter andare avanti con progetti spesso assurdi economicamente e pericolosi per l'ambiente e la salute, era già cominciata con la centrale bulgara di Belene. Le tre multinazionali sono consapevoli che questo nuovo smottamento economico del nucleare nell'Europa dell'est potrebbe alimentare una frana e quindi cercano di mettere una imbarazzata e imbarazzante pezza sul loro clamoroso ritiro e, forse per rendere meno amaro il boccone del tiro mancino giocato agli amici italiani, dicono che«Questa decisione non rimette in causa la qualità tecnica del progetto che è stata riconosciuta recentemente dalla Commissione europea, né l'impegno di Gdf Suez, Rwe e  Iberdrola  nello sviluppo del mercato rumeno dell'energia. Inoltre, Gdf Suez, Rwe e  Iberdrola  proseguiranno il loro impegno nello sviluppo di nuovi perogetti nucleari in tutto il mondo». Magari in Paesi meno in crisi della Romania, dove nelle casse dello Stato ci sono ancora i miliardi di euro, dollari e petrodollari pubblici necessari per sostenere un'energia che lo scacco rumeno ha svelato in tutta la sua parassitaria dipendenza dai fondi pubblici.

Il governo di Bucarest cercava partner stranieri per abbassare le sue quote di partecipazione alla joint venture nucleare, ora con la fuga delle tre multinazionali si trova sulle spalle un fardello finanziario pesantissimo, proprio mentre ha varato una politica di austerity che sta sollevando proteste in tutto il Paese.

Sarebbe stato proprio l'annuncio del governo rumeno di voler diminuire le sue quote nella centrale nucleare a far riconsiderare a Gdf Suez, Rwe e  Iberdrola la loro decisione di investimento e, al di fuori del comunicato ufficiale, una fonte delle 3 multinazionali ha detto che «L'uscita di Cez e la riduzione della partecipazione del governo, avrebbero voluto dire che saremmo rimasti con in mano il cerino di un investimento molto più grande di quello che originariamente era previsto».

Gli ex Stati del Patto di Varsavia entrati nell'Ue pensavano di rinnovare e implementare il loro obsoleto nucleare sfruttando la crescente preoccupazione per le emissioni di CO2 delle loro centrali a carbone e le preoccupazioni per il clima dell'Europa più ricca e delle sue imprese, che sembravano smaniose di investire sul nuovo mercato nucleare aperto dalla caduta del muro di Berlino. Le cose sono andate diversamente: quasi tutti i progetti nucleari dell'Europa centrale e orientale sono rimasti al palo negli ultimi anni. Inchiodati dalla carenze di fondi pubblici, da crisi politiche interne a catena e da una crescente opposizione alle centrali atomiche.

I tedeschi di Rwe sanno bene quali siano i rischi economici di investire nel nucleare in Paesi che oscillano tra governi populisti-liberisti di destra e populisti-socialisti con nostalgie per i vecchi regimi: nel 2009 si tirarono clamorosamente fuori dal progetto nucleare bulgaro di Belene, dicendo che anche lì mancavano i soldi. Annunciando l'abbandono della Romania l'amministratore delegato di Gdf Suez, Gerard Mestrallet, ha spiegato che il suo gruppo sta guardando con interesse ad investimenti in Paesi dove invece i soldi pubblici per il nucleare ci sarebbero_ Italia, Gran Bretagna, Brasile e Cile e di essere stato contattato anche da compagnie statunitensi. Inoltre il gruppo francese, che recentemente ha rilevato l'International Power per realizzare il più grande produttore di gas ed energia del mondo, ed in Giordania sta negoziando insieme ad contratti nucleari.

La situazione rumena stava diventando imbarazzante soprattutto per la multinazionale spagnola Iberdola, presente in 40 Paesi ma impegnata ad uscire dal nucleare proprio in patria e con un portafoglio energetico di 44,450 MW fatto da un mix di 22.1% di idroelettrico, 27% di eolico, 29.6% di gas, e solo il 7.5% di nucleare. In Romania Iberdola non rischiava solo do "sputtanare" la sua immagine di multinazionale delle energie rinnovabiil ma anche il suo Dow Jones Sustainability Index.

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