[03/02/2011] News

Dall’agricoltura biologica arriva una risposta anche alle emergenze sociali

FIRENZE. Il biologico all'interno della crisi economica che ha colpito il  settore agricolo nazionale,  è un po' una "mosca bianca": l'Italia è il primo produttore biologico in Europa per numero di aziende, secondo per superfici e maggiore esportatore; il settore è caratterizzato da una forte componente femminile e giovanile;  il consumo di prodotti di ortofrutta fresca e sfusa ha registrato nei primi undici mesi del 2010 un aumento del +6,3% rispetto allo stesso periodo del 2009 e una crescita del 12,1% dei principali prodotti biologici confezionati.

All'interno del settore biologico, un comparto merita poi particolare attenzione per le sue finalità che comprendono anche l'inserimento sociale e lavorativo di soggetti svantaggiati e a rischio di esclusione. Un recente censimento di Aiab (Associazione italiana per l'agricoltura biologica) sulle fattorie sociali biologiche a livello nazionale e un'analoga indagine realizzata con il contributo della Regione Lombardia, sul territorio lombardo, evidenziano le seguenti tendenze: una crescita del numero di operatori agri-sociali (cooperative sociali, agricole, imprese private, comunità ecc), che sono passati nel volgere di pochi anni da 100 a 245, stimolando un analogo incremento dei soggetti svantaggiati coinvolti, e la concreta opportunità di riabilitazione e di reinserimento socio-lavorativo anche ai detenuti. Questi numeri sono stati riportati durante il convegno  "Agricoltura biologica tra sostenibilità e welfare locale", organizzato da Regione Lombardia e Associazione amici di Areté in svolgimento a Milano, in cui è stato fatto anche un primo bilancio sul progetto "Modello di impresa agricola biologica finalizzato alla promozione di filiere corte e all'inserimento di soggetti svantaggiati".

«Dal progetto sono arrivate altre conferme sulla dinamicità dell'agricoltura sociale - ha dichiarato Anna Ciaperoni, vicepresidente Aiab -  Un settore le cui imprese si caratterizzano per la spiccata propensione alla chiusura dei cicli produttivi (produzione, trasformazione- commercializzazione) e per la forte multifunzionalità: la gran parte delle fattorie sociali svolge altre attività quali ristorazione, agriturismo, didattica, tutela ambientale. Ma anche per la sperimentazione di diversi metodi di commercializzazione di filiera corta e per il coinvolgimento di soggetti afferenti a un ampio spettro di tipologie di disagio: psichico e psichiatrico, tossicodipendenti e alcol dipendenti ed ex, detenuti ed ex, disagio fisico, minori a rischio, donne in difficoltà, rifugiati ed immigrati».

Il progetto che  si svolge presso la Cooperativa sociale Areté di Bergamo (promosso da Aiab e Associazione amici di Areté, con il sostegno del ministero dell'Agricoltura, dell'assessorato all'Agricoltura della Regione Lombardia e del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), ha come fine istituzionale l'integrazione nel mondo del lavoro di persone svantaggiate o a rischio di esclusione, come disabili, detenuti ed ex detenuti, la promozione di metodi di produzione ambientalmente sostenibili e l'implementazione della commercializzazione attraverso la filiera corta.

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