[10/02/2011] News

World social forum: i profughi ambientali sono già una realtà

DAKAR (Senegal). Scorrendo i titoli, sia quelli autogestiti che quelli tesi a comporre gli indirizzi e le strategie del futuro del Forum, dobbiamo dire che non è mai stato così ricco di proposte e alternative per superare crisi dell'intero modello di sviluppo dove ad esempio la crisi ambientale che ha faticato ad imporsi oggi è centrale. I mutamenti climatici sembravano quasi una cosa esoterica quando si decise di giocare questa scommessa nel 2001 e il nucleo fondatore di Porto Alegre scelse anche lo stesso periodo dell'anno nel quale a Davos si riuniva il "gota" dell'economia più tradizionale per mostrare a tutti che le formule che lì continuavano ad essere proposte erano sbagliate e presto avrebbero portato al collasso l'intero pianeta.

Oggi i mutamenti climatici, la crisi climatica sono centrali in questo luogo, ma lo sono a partire dalle testimonianze dirette e quindi dal punto di vista di coloro che ne pagano i prezzi. In questi anni tanti dossier di Legambiente hanno mostrato nel nostro Paese la tragedia dei profughi ambientali, qui sono alcuni di loro a parlare e con l'aiuto della Caritas International i numeri mostrati sono 200 milioni di profughi nei prossimi quarant'anni, almeno due miliardi di esseri umani in zone aride e semiaride, di questi almeno 634 milioni in zone a rischio allagamento.

Ma va detto e ricordato che l'80% dei rifugiati continua a vivere nel Sud del Pianeta perché non ha le forze e i mezzi per scappare più lontano.  L'Onu da tempo frena sul fornire loro almeno uno status giuridico che gli permetterebbe di chiedere asilo perché teme l'indebolimento dello status per i rifugiati politici, ma intanto apprendiamo qui, che paesi come la Svezia e l'Australia hanno già inserito nelle proprie leggi sull'immigrazione un riconoscimento specifico dei migranti forzati per mutamenti climatici.

Forte la denuncia anche contro le assicurazioni private che oltre ad essere troppo care non coprono i danni a terreni e animali. E intanto le megalopoli s'ingigantiscono ancor di più, Dhaka capitale del Bangladesh conta quasi 9 milioni di abitanti e si avvia ad essere la più grande del Pianeta, e in Senegal l'aumentato numero di piogge di quest'anno ha diminuito la siccità ma ha causato più alluvioni e fuga in città. Negli ultimi cinque anni 1 milione di persone sono arrivate alla baraccopoli di Pikine dove acqua stagnante e zanzare hanno portato malaria infantile.

Africa-Europa-Mondo, costruiamo un'economia mondiale di salvezza. Sostenibilità, equità e solidarietà per salvare i diritti, il lavoro, l'ambiente e la democrazia.
Questo è stato il titolo dell'incontro e l'appello che ieri sindacati e organizzazioni della società civile, le fondazioni culturali e politici, movimenti sociali e centri di ricerca provenienti da Africa, Europa e altri continenti  (CGIL, ARCI, Legambiente, Africa ITUC, ATTAC (Francia), CGT (Francia), Foundation for European, Progressive Studies, Rosa Luxemburg Fondazione, Heinrich Boll Foundation,
Fondazione Friedrich Ebert, Green Fondazione europea, CES, SOLIDAR, Lavoro e della rete per una globalizzazione, CCOO (Spagna), CUT (Brasile), IBase (Brasile), SEWA (India), LEARN (Filippine), Amici della Terra, Via Campesina, Euralat), hanno tenuto nel Forum.
E' sempre più evidente che la principale economia del pianeta non è sostenibile, hanno spiegato i promotori, perché se si distrugge l'ambiente si mettono in pericolo le generazioni future. Se il futuro lo si progetta  in nome della concorrenza si distruggono i diritti dei lavoratori come quelli dei contadini, si distruggono così i diritti democratici e la coesione sociale. Sta aumentando lo sfruttamento delle risorse naturali e umane e regioni già povere sono sempre più povere, le conquiste sociali delle regioni più ricche stanno regredendo e i paesi emergenti sono spinti a seguire questi modelli con conseguenze terribili per le prospettive future.

Disuguaglianze, povertà, migrazioni, nuove guerre per le risorse stanno crescendo e oggi la storia umana fa i conti con la fine del sogno di una crescita infinita, deve far suo il concetto del limite degli ecosistemi. Non siamo di fronte solo ad una crisi economica, si è ribadito, ma di fronte alla crisi di un modello di civiltà con la necessità di un modello nuovo di vivere, lavorare, produrre e consumare.

E' allora  il momento di mettere insieme e di tradurre i nostri valori in un piano di transizione verso giustizia sociale, diritti sociali e democratici, sostenibilità ecologica, un lavoro dignitoso, il benessere per tutti in tutto il pianeta, in un nuovo equilibrio equo e solidale tra nord del mondo e sud del mondo. Si sono così confrontati un sacco di esperimenti, studi, buone pratiche nel nord e nel sud, tutti tesi a mostrare i modi di una transizione democratica, sociale ed ecologica, e a dimostrare che è possibile un forte processo di redistribuzione della ricchezza. 

La giornata di ieri per gli italiani presenti al Forum si è conclusa con un incontro che ha iniziato a discutere le attività che si svolgeranno la prossima estate a Genova in occasione del decennale di G8-Genova 2001. Riunione molto partecipata e dalla quale è emersa la voglia e la consapevolezza dei più, che solo se si sarà capaci di non fare del "reducismo", ma andare ben oltre prospettando appuntamenti interessanti capaci di parlare di futuro alle persone la partecipazione ci potrà essere. Rispetto a ciò prossimo appuntamento a  Genova il prossimo 19 febbraio per proseguire discorsi e preparazione.

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