[08/09/2009] News

L'acquacoltura mette a rischio le risorse marine naturali?

FIRENZE. Una volta i prodotti ittici provenienti dall'allevamento in acquacoltura, andavano ad integrare gli stock di pescato in acque libere, abbondanti e notoriamente di qualità superiore.  Sforzo di pesca eccessivo, inquinamento, danni agli ecosistemi, gestione non corretta delle zone di pesca tra le molteplici cause che hanno portato al depauperamento degli stock "naturali" e contemporaneamente alla crescita dell'acquacoltura che ora fornisce il 50% del pesce consumato sulle tavole di tutto il mondo, almeno secondo un nuovo rapporto redatto da un team internazionale di ricercatori. Questo trend ormai è confermato da alcuni anni, mentre la novità dello studio (pubblicato sull'edizione on-line della rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences" e riportato da Science Daily) che viene sottolineata dagli autori, è che l'allevamento ittico mette a rischio le risorse marine naturali visto il largo consumo di mangimi prodotti con pesce prelevato indiscriminatamente dal mare «L'acquacoltura ha raggiunto una pietra miliare nel 2009, fornendo la metà del totale di pesce e molluschi destinati al consumo umano- hanno dichiarato gli autori-  Tra il 1995 e il 2007, la produzione totale di pesce d'allevamento è praticamente triplicata in volume, in parte per l'aumentata richiesta di pesce, anche spinta dalla consapevolezza sempre più diffusa dei benefici effetti degli acidi grassi omega-3 contenuti nel pesce». Di qui alcuni "accorgimenti" degli allevatori di pesce che per aumentare la produzione e migliorare il gusto, fanno grande uso di mangimi e oli prodotti con pesce di "minor valore" pescato in mare, tra cui sarde e alici, ora però fortemente rivalutato (il cosiddetto pesce azzurro) e presente anche sulle tavole dei ristoranti di pregio. Come esempio specifico, gli autori dello studio citano l'allevamento del salmone, dove per ogni chilogrammo di salmone prodotto ne vengono utilizzati cinque di pesce "selvaggio". «Perfino per gli allevamenti di pesce non carnivoro, come alcune specie d'acqua dolce - concludono gli studiosi - il mangime viene addittivato con componenti ricavate da pesce, per migliorarne il gusto».

Rimanendo in tema di prodotti ittici il ministro alla pesca Luca Zaia, anticipando la presa di posizione della Commissione europea che successivamente sarà sottoposta al Consiglio dei ministri della pesca dell'Ue - ha dichiarato che - «il tonno rosso non può essere considerato una specie in estinzione (molti ambientalisti e il Wwf in particolare invece dicono con argomenti esattamente il contrario, ndr) e quindi non dovrebbe rientrare, come propone il Principato di Monaco, nell'appendice uno della Convenzione internazionale sul commercio delle specie in pericolo (Cites) per le quali è vietata ogni commercializzazione». L'obiettivo è definire una posizione comune (che per ora pare non esserci) in vista della prossima conferenza Cites in programma a Doha, nel Qatar, nel marzo 2010.

E infatti la replica del Wwf non è tardata:

La dichiarazione del ministro Zaia sulla presunta "buona salute" del tonno rosso del Mediterraneo arriva in sfortunata controtendenza rispetto alla decisione odierna della Commissione Europea di sostenere l'inserimento del tonno rosso nelle appendici della CITES (la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie minacciate di estinzione). Ci si augura, ovviamente, che sia una coincidenza, che il ministro abbia ragione e che la specie non si estingua nonostante la mancata azione dell'Italia. Il WWF desidera comunque fare chiarezza, per evitare che l'eco delle dichiarazioni occulti il problema dell'insostenibilità dello sfruttamento di questa delicata specie. Ecco quindi alcuni ingannevoli luoghi comuni che per il bene della specie vanno sfatati:

Inganno 1: "La specie non è in pericolo di estinzione". E infatti, non si parla di estinzione, ma di imminente collasso "commerciale", vale a dire che lo stock attuale presto non basterà più alla domanda imposta dal mercato internazionale. Nel 2007 la popolazione di tonni era ridotta a un quarto rispetto a 50 anni prima, con un declino sempre più grave negli anni più recenti, mentre la dimensione media dei tonni adulti si è praticamente dimezzata. Non a caso il comitato scientifico ICCAT (la Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico) ha più volte dichiarato la necessità di limitare la pesca del tonno rosso a non più di 15.000 tonnellate, mentre anche quest'anno la mediazione politica ha portato l'ICCAT a concederne ben 22.000.

Inganno 2: "La diffusione commerciale del tonno prova che la specie non è in pericolo". Purtroppo, la diffusione nelle mense o negli scaffali dei supermercati non deve trarre in inganno i consumatori e nemmeno il ministro: non si tratta di tonno rosso del Mediterraneo, ma del più noto tonno a pinne gialle che viene dall'Atlantico, dal Pacifico o dall'Oceano Indiano.

Inganno 3: "Tonno rosso significa promozione del prodotto locale". Siamo totalmente d'accordo con il Ministro Zaia quando, affrontando i problemi dell'agricoltura, lancia giustamente e con forza il concetto di "chilometri zero e promozione del prodotto locale". Ma quando si parla di pesca tutto questo viene dimenticato e si usano due pesi e due misure. Anche a causa di ingenti sussidi comunitari a carico dei contribuenti, infatti, gli esportatori convogliano verso il Giappone il 90% del tonno rosso pescato nei mari italiani, una delle cause scatenanti dell'attuale fragilità della specie. Questi elementi dovrebbero far pensare chi è giustamente attento alla buona amministrazione della cosa pubblica, per evitare di sprecare il denaro dei cittadini italiani.

E' in base a questi FATTI che il WWF incoraggia il Ministro a rivedere con coraggio la posizione italiana sull'inserimento del tonno rosso in lista CITES. Non tralasciando il fatto che spesso gli interessi legati all'accesso e all'uso dei sussidi comunitari nasconde pratiche poco trasparenti e al limite della legalità e che di certo non portano benefici diffusi e durevoli alle comunità locali di pescatori.

"Da una parte politica che ha sempre dichiarato la lotta all'illegalità e allo spreco di denaro pubblico e la promozione degli interessi locali come priorità - conclude il WWF - ci aspettiamo un segno di coerenza e di impegno altrettanto energico su questo fronte: non è solo una questione ecologica ma anche di legalità e buona amministrazione, questioni alle quali sappiamo il ministro essere attento e sensibile."

Torna all'archivio