[09/09/2009] News

L'exit strategy? Una spallata verde

LIVORNO. Serve una spallata verde. Una botta di sostenibilità ambientale e sociale per rimettere in corsa il cavallo della green economy. Come temevamo e come abbiamo già segnalato, il tema si sta allontanando dal dibattito nonostante che, alla faccia del paradosso, riteniamo fermamente che il dado ormai sia tratto e che l'orizzonte della pratica di un'economia ecologia sia "inevitabile".

La diga ha tracimato e se anche qualcuno vuole rimettere dentro l'acqua col secchiello non troverà sponda almeno negli ambientalisti più accorti. Lo si capisce anche leggendo attentamente quello che scrive Martin Wolf (tradotto oggi sul Sole24Ore) nel suo "Non è tempo di exit, prima serve la strategy".

Se infatti l'economia finanziaria non è stata scalfita nelle sue regole dalla crisi, l'economia reale colpisce allo stomaco i lavoratori di tutto il mondo (vedi i drammatici dati sui disoccupati nel settore metalmeccanico) e se non si rimette in sesto questo treno, l'altro è decisamente fuori controllo e destinato a riuscire presto o tardi dai binari. Come dice Wolf: «Il salvataggio del sistema finanziario, le politiche monetarie espansive senza precedenti e l'espansione della spesa pubblica hanno effettivamente arginato il crollo dell'economia mondiale», ma è assai più discutibile l'altra affermazione: «Nell'economia reale, la produzione industriale si è stabilizzata ed è probabile un rimbalzo significativo per effetto del ciclo di avvicendamento delle scorte. Tutte le previsioni per il 2010 ora mostrano una serie di miglioramenti mensili, con Cina e India a guidare la corsa a livello globale e gli Stati Uniti, come al solito, in testa fra i Paesi ad alto reddito».

Se fosse così - e anche la Marcegaglia oggi ripete che "il peggio è passato" - significa che non dunque, dal punto di vista puramente economico, il sistema funziona. Il mercato ha reagito e dunque ha dimostrato la sua perfezione nonostante siano stai necessari pesanti aiuti statali. Allora perché anche lo stesso Wolf dice che il G20 ora deve presentare un piano credibile che è diverso dal "metterlo in pratica"? C'è o non c'è bisogno di un nuovo paradigma economico? Se anche non ci fosse la necessità - e invece c'è - di rifondarlo per far ripartire l'economia globale, non se ne può fare a meno per affrontare la crisi ecologica.

Come noto questa la si può contrastare solo se a livello mondiale si metterà mano sui flussi di energia e di materia frenando la depauperazione delle risorse del pianeta. Wolf non lo dice esplicitamente, ma dal punto di vista dei flussi di materia bisognerebbe riflettere sul cosa significa la frase: « Tanto per cominciare, l'economia mondiale ha un'enorme eccedenza di capacità produttiva, che è impossibile da misurare con esattezza, specialmente dopo le recenti turbolenze», e saper analizzare il dato poi fornito nel suo ultimo Economic Outlook dall'Ocse «la differenza tra produzione effettiva e produzione potenziale quest'anno [viene calcolato] in oltre il 5% della produzione potenziale, nei paesi membri dell'organizzazione. La crescita il prossimo anno dovrà essere di almeno il 2-3% se vogliamo colmare questo divario. Secondo le ultime previsioni, non sarà così».

E sempre cercando di interpretare le parole, non allude anche Wolf a un paradigma economico assai diverso dall'attuale quando dice: «è perfettamente chiaro quali dovranno essere gli elementi chiave: banche centrali credibilmente indipendenti, un impegno credibile per la responsabilità di bilancio sul lungo termine e il riequilibrio della domanda globale, senza tornare alla dipendenza dai paesi "spendaccioni"»?

Pessima poi la notizia che l'Europa starebbe per dimezzare gli aiuti per la riduzione della C02 nei Paesi in via di sviluppo. Lo è per due semplici motivi che dovrebbero trovare d'accordo anche chi non ritiene l'uomo responsabile del global warming: una politica di riduzione delle emissioni che punti sulle energie rinnovabili e anche sulle tecniche di adattamento al cambiamento climatico comunque in atto, aiuterebbero questi paesi a sviluppare un'economia peraltro sostenibile che frenerebbe anche i fenomeni migratori almeno nel lungo termine. Non essendo economisti se anche azzeccheremo l'analisi non verremmo messi tra quelli che queste cose "le avevano dette" e francamente di vederci dare ragione non è che ci interessi più di tanto.

Quello che invece vorremmo è che l'economia ecologica o green economy che dir si voglia, torni subito al centro del dibattito, anche se temiamo che questo accadrà solo dopo che Obama avrà terminato la sua giusta battaglia per la sanità americana. La sua idea di nuovi orizzonti sostenibili a stelle e strisce è purtroppo o per fortuna quello a cui possiamo appellarci, perché anche dall'Europa come detto arrivano segnali discordanti. Non sarebbe male, comunque, che chi in questi mesi sul tema si è speso tornasse a farlo con un po' più di pervicacia anche nello stagnante dibattito italiano: Confindustria compresa.

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