[21/02/2011] News

Abruzzo, requiem per la "regione dei parchi"

PISA. Leggo sui giornali di notizia da raccapriccio, che ai miei occhi fa il pari per gravità con quella di dicembre riguardante il sacrificio dello storico Parco Nazionale dello Stelvio sull'altare delle personalissime sorti di Silvio Berlusconi.

Con mossa bi, tri, quadri, omnipartisan - mi spiegano le gazzette - si è battezzato nientemeno che a Palazzo Chigi un faraonico progetto di attrezzamento sciistico del bacino Ovindoli-Campo Felice, da estendere anche a Campo Imperatore. Si tratta - per chi non le conoscesse - di tre stazioni sciistiche abruzzesi di dimensioni relativamente piccole, distanti in linea d'aria forse qualche decina di chilometri, due piazzate dentro il Parco Regionale Velino-Sirente, una dentro il Parco Nazionale del Gran Sasso. Sono vecchie stazioni piuttosto isolate tra loro, che fanno un danno relativo proprio perché isolate e perché alla fin fine sono state martoriate negli ultimi anni da un'ormai endemica scarsità di neve e da una crisi della domanda aggravata dalle vicende economiche degli ultimi due anni. Capacità di espansione, insomma, minima se non nulla.

Ciononostante leggo che Gianni Letta, il mitico sindaco democratico dell'Aquila Cialente, il chiacchierato presidente della Regione Chiodi e nientepopodimeno che i responsabili dei relativi Enti Parco firmano questo progetto fantascientifico, magnificandolo come occasione irripetibile per uscire dal dramma del terremoto. Come sempre, aria fritta, fumo negli occhi: le zone che secondo i loro dubbi calcoli dovrebbero beneficiare dell'impresa non sono state - di fatto -  colpite dal terremoto mentre i soldi per ricostruire L'Aquila (la vera emergenza abruzzese, che però è ormai solo un castello pieno di spettri) non si sono trovati e com'è noto da tempo non si troveranno mai più. Duecento milioni per una tipica roba da "cricca", semplice e redditizia, si sono trovati invece a tamburo battente.

Potrete dirmi: e a te che te ne frega? E a noi che ce ne frega? Beh, solo per spiegarmi un po': per decenni ho sostenuto la sfida di un diverso sviluppo della montagna abruzzese, uno sviluppo autocentrato, sostenibile, basato sulle aree protette, su un turismo dolce, consapevole ed economico, sulle cooperative di giovani, sulla promozione delle straordinarie specificità locali. Era la grande sfida degli anni '70, quella della CGIL e del Parco Nazionale d'Abruzzo, delle forze progressiste, di Italia Nostra, del WWF e del Cai. Allora c'ero, e l'ho sostenuta. Poi, in seguito, l'ho ricostruita e l'ho raccontata con passione e orgoglio, anche all'estero. Era la storia dell'Abruzzo regione dei parchi, di ARVE, di APE. Una storia d'avanguardia, una grande sfida.

Beh, ora le gazzette non fanno che confermarmi: tutta carta straccia, tutto inutile, solo sciocche illusioni, fantasmi di sognatori stupidi e anche un po' pericolosi.

L'ipotesi di sviluppo omni-partisan firmata a Palazzo Chigi sancisce infatti il puro e semplice ritorno a quaranta anni fa, alle scorciatoie economiche più banali e rapaci, a modelli ambientalmente devastanti, centralistici e di redditività ormai assai più che dubbia. Una pagina che credevamo di essere riusciti a voltare per sempre. E invece no, piuttosto, il contrario: sono "loro" che ci hanno "voltati" a noi.

Me ne frega quindi perché è una mia sconfitta, durissima: è la mia terra, sono i miei sogni, il mio vissuto, le mie speranze che vanno in fumo. E continuo - forse ingenuamente - a pensare che non sia una sconfitta che tocca solo me.

Vedo anzi già - e lo vedo molto bene - il sindaco di questo o di quel paese o il presidente di questa o quell'area protetta che mi addita al ludibrio del popolo come nemico del progresso e affamatore dei poveri giovani locali. Che però le loro siano scelte che erano già condannate dalla storia quando l'Italia era ancora un paese affluente e non devastato e impoverito come oggi, questo al popolo e ai giovani locali non c'è nessuno che glielo andrà a dire. Come nessuno andrà più a dire loro, nell'Italia di oggi, che forse un altro sviluppo delle aree montane è possibile, forse persino economicamente migliore di quello magnificato dagli omnipartisan raccolti all'ombra delle lobbies affaristiche di Palazzo Chigi. E sicuramente più carico di futuro, perché senza rispetto dell'ambiente oggi sappiamo assai meglio di quarant'anni fa che non c'è futuro per nessuno. (e chissà, davvero, se c'è qualcun altro cui la cosa interessa: dal silenzio tombale che vedo circondare la vicenda sembrerebbe quasi di no...)

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