[23/02/2011] News

Infrazione Ue, l'Italia ha 139 procedure aperte, 31 riguardano l'ambiente

Rispetto allo scorso mese il numero di procedure d'infrazione a carico dell'Italia scende da 144 a 139. Ma non scende il numero di quelle relative all'ambiente.

L'Ue ha archiviato 7 procedure di cui 5 già aperte (fra queste quella relativa al mancato recepimento della direttiva sugli standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque) e 2 ancora allo stadio di reclamo e non ne ha aperto nessuna di nuova.

Delle 139, 94 riguardano casi di violazione del diritto dell'Unione e 45 attengono a mancata trasposizione di direttive nell'ordinamento italiano. Le direttive, i regolamenti e altro devono essere "tradotte" nell'ordinamento italiano e se non lo sono vengono appunto aperte delle procedure di infrazione.

Fra l'altro, in Italia le normative riguardante i temi ambientali sono per la stragrande maggioranza di derivazione comunitaria. E la maggior parte delle norme riguardanti il tema sono contenute nel testo unico ambientale, che fin dalla sua nascita (2006) ha subito innumerevoli modifiche non solo dirette, ma anche indirette (nel senso che molte modifiche al testo sono avvenute attraverso leggi che possono anche non trattare direttamente di ambiente).

La finalità del testo unico ossia quella di chiarire e ordinare la normativa ambientale al fine della sua applicazione, sembra comunque disattesa perché molto spesso le operazioni di riordino hanno creato ancora più confusione rendendo difficile l'applicazione e causando una situazione di incertezza del diritto.

Anche l'ultima modifica della parte quarta del testo unico, quella relativa alla materia dei rifiuti, ha mantenuto molte incertezze operative. Per esempio, il testo del codice non chiarisce quali siano i parametri per affermare che un trattamento sia migliore rispetto a un altro per poter discostarsi dalla gerarchia e applicare il principio dell'analisi del ciclo di vita del rifiuto.

Così come non esplica i riferimenti giuridici quando si definisce un rifiuto organico prodotto dall'industria alimentare raccolto in modo differenziato "simile" al rifiuto organico urbano (articolo 183 lettera d). E neppure esplicita il parametro di riferimento per poter affermare che entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di determinati rifiuti (la carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici o di altra origine nella misura in cui tali rifiuti siano simili a quelli domestici) siano aumentate "complessivamente almeno al 50% in termini di peso".

Il codice inoltre non esplica quali prodotti e rifiuti possono essere sottoposti a riutilizzo o preparazione di utilizzo, ma demanda al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio la definizione di un catalogo esemplificativo. I criteri specifici per individuare gli "end of waste" ossia per poter affermare che un rifiuto cessa di essere tale (e essere per esempio materia prima seconda) dovranno essere individuati caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno più decreti emanati da parte del Ministero dell'Ambiente.

 

 

Torna all'archivio