[16/03/2011] News

Le risorse destinate alla ricostruzione post sisma non devono essere dirottate su interventi di distruzione dei territori protetti

Dopo la prima e partecipatissima assemblea del 23 febbraio scorso, sono tornate a riunirsi ieri le Associazioni Ambientaliste Nazionali e Abruzzesi, congiuntamente ai Comitati di cittadini nati all'indomani del terremoto.

All'ordine del giorno l'analisi delle azioni da mettere in atto per contrastare la serie di progetti devastanti e anacronistici, tirati fuori da vecchi cassetti, a scapito della biodiversità e del paesaggio di zone di particolare pregio del territorio aquilano.

Devastanti perché prevedono prioritariamente la modifica permanente del territorio con infrastrutture sciistiche e campi da golf nel cuore del sistema delle aree protette dell'Appennino, in aree ricchissime di biodiversità e risorse ecologiche e per questo ricadenti in zone SIC e ZPS, sottoposte anche a tutela da Direttive Comunitarie. Nessuna considerazione, neanche un accenno alla tutela delle specie animali e vegetali, nonché degli habitat prioritari.

Anacronistici perché in tali progetti non vi è alcuna novità o analisi delle reali condizioni ed esigenze del territorio, ma solo vecchi progetti più volte bloccati e che oggi si vuole far approvare con procedure di urgenza.

IL Protocollo d'Intesa sottoscritto a Roma, Palazzo Chigi, il 17 febbraio 2011

Il Protocollo delinea in premessa, coerentemente con il QRR (Quadro Regionale di Riferimento) della Regione Abruzzo, una serie di azioni per la valorizzazione ambientale e agrosilvopastorale. Di fatto, poi, queste non trovano la conseguente declinazione programmatico-finanziaria, e si propongono come prioritarie e realizzabili solo le infrastrutture sciistiche ed i campi da golf. Il cemento ed il movimento terra sono, di fatto, l'unico motore del protocollo.

Seppure il Protocollo, sempre e solo in premessa, confermi una necessaria azione di recupero dei Centri Storici, di fatto non ne dichiara la priorità, né le modalità. L'Intesa sembra unicamente rivolta a sottrarre energie programmatiche, e soprattutto fondi, alla più urgente necessità di ricostruzione dei Centri storici. Interventi più volte annunciati, e mai realizzati, a forte impatto ambientale e paesaggistico, sono oggi riproposti grazie alla disponibilità dei fondi per la ricostruzione del cratere.

E' del tutto assente una visione organica dello sviluppo turistico del territorio, e in particolare manca qualsiasi riferimento alle infrastrutture viarie e ferroviarie del comprensorio, né ci si preoccupa del rilancio mirato, anche attraverso la Zona Franca, del sistema delle aree produttive ASI/NSI.

Le criticità rilevate

Le ipotesi di "sviluppo" delineate nel Protocollo appaiono in palese contrasto con il quadro programmatico e pianificatorio vigente a tutti i livelli istituzionali: dalla Legge 394 (Legge quadro sui Parchi) ai Decreti istitutivi delle aree protette, dalla Regione alle Provincie ed agli stessi strumenti urbanistici comunali.

Tutti gli interventi, ancorché appena delineati, sono in palese contrasto con tutti gli strumenti vigenti; per il loro devastante impatto abbisognano inoltre già fin da ora di una VAS preliminare.

Molti sono gli interventi dati per "cantierabili" che invece non sono stati sottoposti a nessuna verifica tecnico-ambientale, come in particolare:

A rischio sarebbero i corridoi ecologici di grande importanza per alcune specie di animali particolarmente protetti, tra cui prima di tutto l'orso bruno marsicano, in evidente contrasto con le raccomandazioni, tra l'altro, del PATOM (Piano di Azione per la Tutela dell'Orso Marsicano) approvato e reso esecutivo dalla Regione con DGR n.469 del 14.6.2010.

Alcuni interventi, come i campi da golf in quota, sono stati più volte bocciati perché incompatibili con la vocazione ambientale dei luoghi e palesemente distruttivi delle unicità floristiche e faunistiche degli altopiani delle Rocche e di Piani di Pezza.

Il Protocollo delinea uno sviluppo che privilegia pochi comuni, senza prendere in considerazione una piattaforma diffusa di interventi ordinari più moderati e rispondenti al rilancio ed all'incentivazione di quelle poche "resistenze produttive" sopravvissute e alla ripartenza di iniziative autoctone.

Lo stesso Protocollo appare perciò da un lato non rispondente alle sue stesse premesse e, dall'altro, velleitario, sia per i contenuti che per forma e procedura adottata, e del tutto illegittimo, in quanto Parchi, Regione, Provincia e Comuni firmatari non avevano nessun mandato a impegnare le rispettive amministrazioni in tali scelte; le competenze urbanistiche, infatti, anche alla luce della recente Sentenza del TAR Lazio del 21.2.2011 avverso l'OPCM 3833/09, stanno in capo ai Consigli Comunali e quindi non possono monocraticamente essere assunte da Commissari e Sindaci, né da Presidenti di Parchi senza Consiglio Direttivo.

Mentre è fin troppo chiaro che i costi degli interventi ricadrebbero sugli Enti pubblici, con fondi sottratti al rilancio economico di tutto il cratere, non è stata fatta nessuna considerazione sulla praticabilità economico-ambientale degli interventi. Il Protocollo è privo di qualsiasi analisi economica a favore del modello di sviluppo individuato, mentre ve ne sono decine che dimostrano, al contrario, che si tratta di un'impresa fallimentare.

Non sono considerati gli studi sui cambiamenti climatici e i loro effetti, per i prossimi anni, sul manto nevoso, né sulle riserve d'acqua. L'acqua, in montagna, è bene indispensabile alla sopravvivenza delle attività agro-silvo-pastorali, nonché dei fragili e delicati ecosistemi montani, e non può essere dirottata su campi da golf e impianti di innevamento artificiale.

LE AZIONI DI CONTRASTO

Molte le iniziative in via di definizione da parte dei firmatari del presente documento. Tra queste:

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