[14/09/2009] News

L'ultima trovata italo-cinese: il giacimento esaurito di petrolio diventa 'bara' della Co2

LIVORNO. L'idea di dare ‘ossigeno' alle fonti fossili attraverso tecnologie che ne mitighino gli impatti non è quella su cui, dal nostro punto di vista, è lecito investire. Pur essendo consapevoli che ancora per anni petrolio e carbone la faranno da padroni, spendere milioni di euro per catturarne la C02 prodotta - dato che si tratta comunque di tecnologie in fase di sperimentazione - non ci pare una priorità, mentre gli investimenti di un governo illuminato dovrebbero andare in altre direzioni: risparmio energetico, efficienza, rinnovabili.

In Italia invece si è scelto la carta del fare tutto con una predilezione per il nucleare e il carbon capture. Con questa lente va letta sia la dichiarazione congiunta tra il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ed il ministro della scienza e tecnologia della Repubblica Popolare Cinese Wan Gang sulla prosecuzione ed implementazione dei rapporti bilaterali in materia di ricerca e tecnologia ambientale; sia l'accordo sul trasferimento delle tecnologie del cosiddetto "carbone pulito" e della cattura della CO2 siglato sempre oggi a Pechino tra i ministeri dell'Ambiente italiano e cinese e l'Enel.

«L'accordo che abbiamo firmato insieme ad Enel - ha commentato Stefania Prestigiacomo - ha un'importanza strategica per il nostro ministero, che investe ormai da tempo sullo sviluppo della tecnologia di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, come dimostrano i tanti accordi bilaterali che abbiamo siglato negli ultimi mesi, non ultimo quello con l'Australia in occasione del G8 di Siracusa. In particolare l'accordo di oggi ci fa diventare il primo Paese europeo a sviluppare un programma del genere con la Cina. L'accordo prevede infatti uno studio di fattibilità per la costruzione di un impianti di cattura e stoccaggio dell'anidride presso una centrale a carbone e la sua successiva iniezione in un giacimento petrolifero esausto. Questo consentirà un abbattimento sostanziale delle emissioni prodotte. Un'ulteriore conferma della funzione di volano per gli investimenti italiani che il nostro programma di cooperazione ambientale ha saputo svolgere in questi dieci anni».

L'ultima novità, dunque, sarebbe lo sfruttare i giacimenti petroliferi esausti come magazzini dove riporre la C02. Non siamo ingegneri capaci di valutarne la reale possibilità e calcolarne l'impatto ambientale. I costi economici sono però certamente alti, i risultati tutti da dimostrare, e gli effetti dell'uso del carbone non sono solo quelli della produzione di C02... In Cina soprattutto sappiamo che ci sono migliaia e migliaia di miniere di carbone purtroppo rese note dalla cronaca per i numerosi incidenti mortali. Solo alcuni giorni fa la Cina ha deciso di chiuderne oltre mille e il carbone là rappresenta il 70% della produzione energetica: quanti impianti di carbone capture bisognerebbe dunque installare? L'energia del futuro difficilmente passerà, se non in modo transitorio e chissà con quale reale risultato, per questi escamotage...

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