[14/09/2009] News toscana

Centri commerciali e outlet: beghe (insostenibili) da bottegai

LIVORNO. La nuova guerra tra Livorno e Pisa oggi è tutta commerciale e si può chiaramente definire una guerra tra poveri, cioè le istituzioni locali, (il comune di Livorno da una parte e il Comune di Crespina), tutte tese a rincorrere oneri urbanistici e affini, ovvero le briciole che grandi multinazionali lasceranno sul territorio in cambio di metri cubi di cemento e perpetuazione di modelli di consumo senza freno.

Da una parte quindi il Nuovo centro di Livorno, che dopo aver realizzato pochi anni fa un'intera nuova cittadella commerciale poco più a nord, tra la ferrovia e la variante Aurelia, è stata costretta a svilire ettari di territorio per ripagare debiti pregressi lasciati dalle vecchie amministrazioni: il Nuovo centro prevede già diversi servizi, ipermercati e centri commerciali, giusto una "piccola" porzione rimarrebbe libera, quella appunto su cui si è concentrato l'interesse di Ikea, fresca fresca della delusione maturata con il comune di Vecchiano, che ha sbattuto la porta in faccia al colosso svedese. Dall'altra c'è l'outlet di Crespina, da realizzarsi in bella evidenza subito all'uscita di Lavoria della superstrada, come si conviene a ogni outlet che si rispetti, come evidenziato anche oggi dal Sole24Ore che esalta il tutto esaurito agostano delle cittadelle dello shopping, ormai mete turistiche alla stregua delle città d'arte e delle località balneari.

Entrambi i progetti ambiscono a 20mila metri quadri (o giù di lì) di superficie di vendita ed entrambi i progetti si sono trovati alle prese con il niet del regolamento attuativo del nuovo codice del commercio, che prevede sì come superficie massima di vendita 15 mila quadri, ma che per l'area metropolitana Livorno-Pisa assegna un massimo complessivo di 20mila metri quadrati (SVAG). La Regione ha salomonicamente assegnato 10mila metri quadri ciascuno ai due progetti, una decisione che da entrambe le parti è stata letta come ingiusta, perché impedirebbe la realizzazione dei progetti e fatto partire le lamentazioni minacciose: "con 10mila metri quadri l'investimento non è redditizio e quindi addio nuovi posti di lavoro".

In questi giorni sui giornali si sono quindi susseguite interviste ammiccanti ai politici di turno che disegnavano ipotetiche deroghe, alla ricerca del cavillo che consentirebbe l'agognato spandimento (ulteriore) di cemento in nome del dio consumo (e quindi la nascita dei conseguenti nuovi posti di lavoro - necessari per poi acquistare e consumare - che daranno fiato magari proprio ai vecchi posti di lavoro persi nei negozi del centro ormai chiusi perché fuori mercato).

Ma cosa dice davvero il regolamento attuativo al codice del commercio. Partiamo dalle cose negative, che appunto sono quelle delle deroghe: agli articoli 40 e 41 infatti si dice che «Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, fermo restando il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 14, commi 2 e 3, delle condizioni di cui all'articolo 19 e dei parametri urbanistici e di viabilità di cui al titolo III, capo IV del presente regolamento, possono derogare ai limiti dimensionali di cui all'articolo 12, fino ad un dimensionamento massimo di 20.000 metri quadrati, le grandi strutture di vendita per le quali almeno il 50 per cento della superficie di vendita da realizzare deriva da trasferimento di sede, ai sensi dell'articolo 20, comma 3, di grandi strutture di vendita già autorizzate». E già questa deroga sembra spalancare spiragli al progetto livornese, visto che tra i gruppi interessati ad allearsi con Ikea per la nuova aree sembra esserci Decathlon, intenzionato a trasferire il proprio store  dall'area commerciale Fonti del Corallo un chilometro più a sud, nella nuova area commerciale in previsione.

Seconda deroga: «Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui all'articolo 19 e dei parametri urbanistici e di viabilità di cui al titolo III, capo IV del presente regolamento, possono derogare ai limiti dimensionali di cui all'articolo 12, fino ad un dimensionamento massimo di 20.000 metri quadrati, le grandi strutture di vendita con caratteristiche di polo di attrazione di interesse interregionale, già autorizzate ai sensi dell'articolo 10 del regol.reg. 4/1999, come modificato dal regolamento regionale 3 maggio 2000, n. 5».

La terza apertura non è una deroga vera e propria ma è una la norma transitoria in materia di durata della programmazione regionale delle grandi strutture di vendita (articolo 22, comma 1, lettera g), l.r. 28/2005): «La quantità di SVAG  definita dalla Giunta regionale in fase di prima attuazione del presente regolamento, ha validità fino al 31 dicembre 2010 e comunque fino alla definizione della successiva programmazione». Come dire, questi limiti valgono poco più di 18 mesi, poi eventualmente possiamo anche correggere la cosa

A parte queste ‘norme transitorie' in grado di buttare all'aria tutti i limiti stabiliti, nel regolamento attuativo in teoria si troverebbero molti spunti interessanti che dovrebbero garantire almeno - in realtà magra consolazione - un'attenzione maggiore alla sostenibilità da parte dei nuovi insediamenti commerciali.

Tra «gli elementi di qualità e di prestazione delle grandi strutture di vendita» ci sono i seguenti oblighi che orientano verso una minore produzione di sprechi (sia energetici che di materia):

1) rispetto dei valori limite di prestazione energetica per la climatizzazione invernale, individuati dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia), allegato C, punto 1, ed in particolare;

2) collaborazione con associazioni di volontariato sociale per la realizzazione di progetti di raccolta e ridistribuzione a soggetti deboli dei prodotti alimentari invenduti;

3) attivazione di specifici programmi per la limitazione della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e di shopper in plastica, la vendita di prodotti a mezzo erogatori alla spina, l'uso di sistemi a rendere per imballaggi secondari e terziari in plastica e/o legno ed altre modalità proposte dal richiedente;

4) realizzazione di apposite aree di servizio destinate alla raccolta differenziata ed allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dall'esercizio;

5) installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di potenza superiore ad almeno il 25 per cento della potenza elettrica impegnata dalla struttura di vendita, fatta salva l'impossibilità tecnica del completo rispetto della prescrizione, asseverata da un tecnico abilitato. Tale obbligo si considera assolto se la struttura di vendita ha una produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non inferiore a 1 kilowatt per ogni 100 metri quadrati di superficie di vendita;

6) installazione di impianti per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili di potenza superiore ad almeno il 10 per cento del fabbisogno annuo di energia primaria per usi termici, fatta salva l'impossibilità tecnica del completo rispetto della prescrizione, asseverata da un tecnico abilitato;

7) valutazione degli effetti acustici cumulativi all'interno della struttura ed all'esterno, con riferimento ai bersagli ritenuti significativi, in relazione agli obiettivi e livelli di qualità definiti dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico), dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 (Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore);

8) protezione dei bersagli più esposti all'inquinamento da polveri attraverso fasce verdi di protezione adeguatamente piantumate. Verifica degli apporti inquinanti prodotti dagli impianti della struttura da realizzare e dalle emissioni del traffico afferente, nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983 e dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

9) raccolta delle acque piovane attraverso la realizzazione di una vasca di recupero di dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l'annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l'acqua potabile.

Torna all'archivio