[16/09/2009] News

Ripartiamo da James Tobin e dalla sua tassa "sulla globalizzazione"

GROSSETO. A volte ritornano. Nel 1972 il premio Nobel per l'economia James Tobin propose l'imposizione di una piccola imposta sulle transazioni valutarie i cui obiettivi erano quelli di promuovere l'efficacia delle politiche macroeconomiche e di ridurre la speculazione. Da qui il nome di Tobin tax , una misura che ha avuto, in termini di proposte, la sua massima visibilità nel periodo della contestazione alla globalizzazione, considerata come un primo, ma importante passo verso una riforma globale del sistema finanziario internazionale e al tempo stesso un modo per creare un fondo da utilizzare per aiutare le aree più povere del mondo.

Si tratta di un prelievo limitato, (dell'ordine dello 0,1 -0,5% a seconda delle varie proposte) da applicare a tutte le transazioni valutarie: «qualche granello di sabbia tra le ruote della finanza internazionale» a dirla con parole dello stesso Tobin.

Una misura che anche grazie alle iniziative del Social forum che aveva creato un comitato ad hoc è diventata nel 2003 una proposta di legge di iniziativa popolare elaborata da ATTAC che raccolse in calce oltre 180mila firme e che venne firmata anche da 90 deputati disponibili a sostenerla. Osteggiata invece dall'allora ministro Giulio Tremonti, che si era distinto particolarmente in questo tentativo e che dedicò una parte di una relazione parlamentare per spiegare la sua "controriforma" fiscale proprio a confutare la Tobin tax e a contrapporgli la cosiddetta de-tax, una sorta di sgravio fiscale per le imprese intenzionate a fare beneficenza.

L'idea era quella di partire con una tassa nazionale da estendere prima a livello europeo e poi su un'area economica e geografica sufficientemente vasta, con l'obiettivo di arrivare a livello mondiale, tramite la trasformazione di sedi internazioni tipo Fmi o Wto. L'obiettivo era infatti quello di cambiare in profondità il ruolo delle sedi che sono chiamate a governare i processi economici internazionali.

Anche in altri paesi europei la discussione su questo prelievo aveva preso il via tanto che anche Jean-Louis Borloo, allora ministro liberale dell'ambiente e dello sviluppo nel governo Fillon, ne propose l'introduzione a Bali, nel contesto della conferenza mondiale sul riscaldamento climatico, come possibilità per reperire «fondi perenni contro la crisi ambientale». Tra l'altro attingendo da quegli stessi speculatori che traggono i propri benefici a scapito delle risorse del pianeta.

Oggi si torna a parlarne, da quando cioè il direttore dell'autorità per i servizi finanziari del Regno Unito, Adair Turner l'ha rispolverata motivandola con il fatto che una tassa globale sulle transazioni finanziarie potrebbe contribuire a mettere un freno all'ipertrofia del settore finanziario.

E oggi come mai l'esigenza iniziale di introdurre forme di governance del sistema finanziario si dimostra necessaria dal momento che le spropositate dimensioni e l'importanza che questo ha assunto ha contribuito ad innescare e a rendere così pesanti gli effetti della crisi e quindi non è un caso che questo sdoganamento della misura conosciuta come la "tassa sulla globalizzazione" abbia ricevuto un coro di attenzioni e di consensi, dal presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso a diversi economisti, tra cui oggi dalle pagine del Sole 24 ore anche Dani Rodrik, che ne elenca gli effetti positivi nel ridurre «la speculazione a breve termine senza produrre effetti negativi a lungo rilevanti sulle decisioni di investimento internazionale a lungo termine» e nella possibilità che «una tassa simile consentirebbe di raccogliere grandi quantità di denaro».

Non potrebbe risolvere altri problemi, dice lo stesso Rodrik, per cui servirebbero altre misure, ma sarebbe «un buon punto di partenza se vogliamo inviare un messaggio forte sul valore sociale del casinò noto col nome di finanza globale». Una sorta di volto etico della finanza che potrebbe diventarlo ancora di più se venisse rispolverata anche l'idea di Borloo, per raccogliere fondi da impiegare per la lotta ai cambiamenti climatici.

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