Dal presidente Cispel Alfredo De Girolamo l’analisi del report Ispra

Rifiuti urbani, in Toscana chiudono i termovalorizzatori e cresce l’impiego delle discariche

Raggiungibile il target di riciclo fissato dall’Ue al 2035, ma esportiamo ancora 212mila ton/a di frazione organica e 30mila ton/a di rifiuti trattati nei Tmb. Mentre in discarica va quasi il 40% della nostra spazzatura

[21 Dicembre 2020]

È sempre una Toscana da “centro classifica”, quella fotografata nel 2019 da Ispra nel suo consueto Rapporto annuale sui rifiuti urbani, pubblicato pochi giorni fa.

La produzione di rifiuti diminuisce un po’, passando da 2,284 milioni di tonnellate e 2,277, una frazione in meno (-0,3%). Cala, di conseguenza, anche la produzione pro capite, che passa da 612 kg/ab/anni a 611. Difficile interpretare questo dato. In Italia i rifiuti aumentano nelle regioni “ricche” (Lombardia, Emilia, Veneto, Trentino, Friuli) e diminuiscono nel resto d’Italia. Forse la contrazione Toscana è più segno di un’economia stagnante che di buoni risultati delle politiche di prevenzione.

Buono, ma non troppo, il dato sulle raccolte differenziate che in Toscana passano dal 56,1% al 60,2%. Un buon balzo ma che non ci porta ancora sopra la fatidica soglia del 65%, indicato nel 2012 come target. Target superato ormai da molte regioni benchmark per la Toscana, come Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli Venezia Giulia, ma anche dalla Sardegna, dalle Marche e dall’Umbria. Un dato che ci porta ad essere la prima Regione ancora sotto la media nazionale. Peccato.

Un po’ meglio il dato se si guardano i valori assoluti di raccolta differenziata e non quelli percentuali. La Toscana raccoglie in modo differenziato 368 kg ad abitante ad anno, più della media del nord Italia (360), più del Veneto (365), della Lombardia (345), ma meno dell’Emilia Romagna (467). Buona la performance di raccolta differenziata del capoluogo di Regione, Firenze, con il 53,9 %, uno dei migliori risultati, insieme a Milano, Venezia e Bologna.

Non abbiamo dati sulla percentuale effettiva di avvio a riciclo, Ispra non pubblica dati regionali su questo punto. Ma considerato che la Toscana ha un tasso di raccolte differenziate simile alla media nazionale, è ragionevole pensare che anche il tasso di riciclaggio sia simile, ovvero pari al 46,9% sul totale dei rifiuti (quindi valore da confrontare con il nuovo obiettivo europeo del 65% al 2035), oppure del 53,3% sui flussi di carta, organico, vetro, plastiche e metalli (valore da confrontare con l’obiettivo del 50% della scorsa direttiva).

In sintesi la Toscana ha raggiunto l’obiettivo di riciclaggio “vecchio”, e si appresta a raggiungere il nuovo; dovrà passare dal 46,9% al 65% nei prossimi 15 anni, target fattibile.

Veniamo alla gestione dei rifiuti urbani. Iniziamo dall’export, infraregionale o transfrontaliero. La Toscana esporta 212.000 tonnellate di frazione organica fuori regione, è la regione che ne esporta di più dopo Campania e Lazio, segno di una fragilità grave negli impianti di compostaggio, confermata dalla mancanza assoluta di impianti di digestione anaerobica. Impianti in via di realizzazione, con 7-8 progetti avviati. La Toscana esporta all’estero poi circa 30.000 tonnellate di rifiuti trattati nei Tmb, prevalentemente a recupero energetico.

Nella gestione dei rifiuti indifferenziati, si conferma l’utilizzo di Tmb per la quasi totalità dei rifiuti non riciclabili, in 15 impianti con una potenzialità autorizzata (1,5 milioni di tonnellate) superiore ormai al fabbisogno (circa 1 milione). Ormai è avviato un processo di graduale decommissioning e riconversione di questa tipologia di impianto, che produrrà i suoi effetti nei prossimi anni.

Continua la progressiva diminuzione degli impianti di recupero energetico toscani, erano 7 nel 2013, ne solo rimasti 4 (per 2 dei quali è già stata annunciata la prossima chiusura). Ma a differenza di quel che accade per i Tmb la chiusura di impianti di termovalorizzazione non corrisponde ad una riduzione del fabbisogno, anzi. La Toscana incenerisce circa 230.000 tonnellate di rifiuti propri (non ne importa), meno del 10%, il target atteso con gli obiettivi europei è compreso fra 25% e 35%. Anche considerando le 30.000 tonnellate di coincenerimento, siamo sempre molto distanti da una dotazione impiantistica credibile e sicura: la Lombardia incenerisce il 40%, l’Emilia Romagna il 32%, il Piemonte e il Trentino il 23%. La seconda grande criticità del “sistema Toscana”, dopo la mancanza di digestori anaerobici. Infatti esportiamo rifiuti e usiamo ancora troppa discarica.

Le discariche toscane infatti assorbono nel 2019 il 34% dei rifiuti urbani prodotti, un punto in più del 2018 e due in più del 2017. Mandiamo in discarica (trattati) 769.000 tonnellate di rifiuti urbani (erano 743.000 nel 2018 e 723.000 nel 2017). Un dato preoccupante: abbiamo chiuso, e stiamo chiudendo termovalorizzatori ed aumentato le discariche. Probabilmente il quantitativo di rifiuti portati in discarica è superiore al 34%. Ispra infatti non considera gli scarti delle raccolte differenziate smaltiti in discarica, valutabili in Toscana nel 10-12% del totale delle raccolte differenziate quindi 4-5% del totale. Siamo quasi al 40% di discarica, la Lombardia è al 4%, l’Emilia Romagna al 9%; il target europeo per il 2035 al 10%. Terza criticità del “sistema toscano”.

Facile fare la fotografia sintetica ed il confronto con gli obiettivi europei: riciclo 46,9% (obiettivo 65%), recupero energetico 10% (obiettivo 25-35%), discarica 34-39% (obiettivo 0-10%). Queste le strettoie dei prossimi 15 anni, i punti cui deve dare una risposta il prossimo Piano regionale di gestione dei rifiuti.

Infine i costi. La Toscana spende 205 euro ad abitante contro una media nazionale di 177, ma spende 335 euro a tonnellata contro una media nazionale di 347. Considerata l’elevata assimilazione di rifiuti speciali agli urbani, possiamo dire che i costi toscani sono in linea con la media. Siamo molto efficienti a raccogliere, ma abbiamo costi di trattamento e smaltimento superiori alle medie (filiera lunga, impianti piccoli, export). Non va benissimo, non va malissimo, c’è da lavorare.