Acqua: chi sono gli esclusi? Più di 2 miliardi di persone private di un diritto fondamentale (VIDEO)

Aumentano i profughi e i conflitti legati all’acqua. 263 guerre per l’acqua tra il 2010 e li 2018

[20 Marzo 2019]

Secondo il rapporto Leaving no one Behind “, pubblicato dall’ UN World Water Development in collaborazione con Unesco, Sustainable Development Goals (SDG),  e World Water Assessment Programme, con il sostegno finanziario del Governo italiano e della Regione Umbria, «Più di 2 miliardi di persone nel mondo non a hanno ancora accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici».

L’Onu sottolinea che «Avere accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici è un diritto umano e uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). Malgrado importanti progressi registrati in questi ultimi 15 anni, f questo obiettivo resta fuori portata per una buona parte della popolazione mondiale».

La direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, ricorda che «L’accesso all’acqua è un diritto umano vitale per la dignità di ogni essere umano. Ma miliardi di persone s ne sono ancora private», Dal rapporto emerge che, nel 2015, 3 persone su 10 (2,1 miliardi) non avevano accesso a servizi di acqua potabile gestiti in sicurezza  e che 4,5 miliardi di persone, cioè 6 su 10, non avevano servizi igienici gestiti in maniera sicura. «Siamo lontani dall’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite: garantire a tutti l’accesso all’acqua e ai servizi igienici e assicurare una gestione sostenibile delle risorse idriche».

Il rapport Onu analizza le conseguenze di questa esclusione e indica i modi per ridurre le ineguaglianze, dimostrando che «E’ possibile fare in modo che il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici  diventi una realtà». Ma la Azoulay  aggiunge: «A condizione che esista una volontà collettiva di andare avanti e che siano consentiti degli sforzi per includere coloro che vengono lasciati da parte nei processi decisionali».

Ma non c’è tempo da perdere: «Le cifre parlano da sole – avverte Gilbert F. Houngbo, presidente dell’UN Water e dell’International fund for agricultural development (Ifad) –  Il rapporto sottolinea che se  il degrado dell’ambiente naturale e le pressioni insostenibili sulle risorse idriche mondiali proseguono, il 45% del Pil mondiale e il 40% della produzione cerealicola mondiale saranno in pericolo entro il 2050. Le popolazioni povere e marginalizzate saranno colpite in maniera sproporzionata, il che aggraverà ancora le ineguaglianze […]. Il rapporto 2019 mette in evidenza la necessità di adattare gli approcci sia politici che pratici, al fine di affrontare le cause dell’esclusione e delle ineguaglianze».

Nel mondo, la metà delle persone che bevono acqua provenienti da fonti non protette vivono in Africa. Nell’Africa subsahariana solo il 24% della popolazione ha accesso a una fonte di acqua potabile e agli impianti igienici di base – non condivisi con altre famiglie – sono riservati al 28% della popolazione. UN accesso ineguale che si traduce in una ineguaglianza tra i sessi: sono essenzialmente donne e ragazze che sopportano il peso della raccolta dell’acqua, alla quale dedicano almeno 30 minuti al giorno, a detrimento della loro educazione.

Grosse differenze esistono anche all’interno dei Paesi, in particolare tra i ricchi e i poveri. Nelle città, le popolazioni sfavorite che vivono nelle baraccopoli non sono collegate all’acqua corrente e spesso pagano l’acqua più cara (da 10 a 20 volte di più) dei loro vicini dei quartieri ricchi, spesso per un’acqua di minore qualità fornita da venditori d’acqua o camion cisterna.

Gli autori del rapporto insistono sul fatto che «Il diritto all’acqua non può essere isolato dagli altri diritti umani. Anche le popolazioni marginalizzate e che soffrono discriminazioni a causa del genere, dell’età, dello status sociale, dell’appartenenza a una minoranza religiosa, etnica o linguistica sono più suscettibili di avere un minor accesso all’acqua e ai servizi igienici».

L’accesso all’acqua e agli impianti igienici è una sfida per i rifugiati e per le persone sfollate con la forza, il cui numero non è mai stato così alto: «Nel 2017, i conflitti e le persecuzioni hanno spinto  68,5 milioni di persone sulle strade – si legge nel rapporto – A questa cifra si aggiunge una media di 25,3 milioni di persone costrette a migrare ogni anno a causa di catastrofi naturali, una cifra che è raddoppiata dall’inizio degli anni ’70 e che potrebbe aumentare ancora nei prossimi anni sotto l’effetto del cambiamento climatico».

Il rapporto constata che «In un contesto segnato da un aumento della domanda (più 1% all’anno dagli anni’80)», c’è stato «Un aumento significativo dei conflitti legati all’acqua. Tra il 2000 e il 2009, ne sono stati censiti 94. Tra il 2010 e il  2018, questa cifra è arrivata a 263».

L’Ono sottolinea che è conveniente investire nelle infrastrutture igieniche e legate all’acqua: «Il ritorno sugli investimenti è elevato, in particolare per i più vulnerabili. L’effetto moltiplicatore per ogni dollaro investito è stimato a 2 per l’acqua potabile e a 5,5 per i servizi igienici».

L’Onu conclude che per raggiungere l’Obiettivi di sviluppo sostenibile numero 6 – Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie – sono necessarie delle politiche inclusive, le stesse che possono far diminuire i conflitti tra i diversi utilizzatori dell’acqua.

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