Acqua potabile più ecocompatibile per Cipro

Studio finanziato dall’Ue esamina l’impatto ambientale dei dissalatori a Cipro e propone soluzioni più sostenibili

[11 Febbraio 2021]

Cipro è il Paese europeo con maggiore carenza idrica e provvede al 70% del suo fabbisogno di acqua potabile con i dissalatori che utilizzano spesso vecchie tecniche a  osmosi inversa che hanno un forte consumo energetico e impatti sull’ambiente.

Un team di scienziati di Cipro, Paesi Bassi e Regno Unito ha cercato di ottenere un quadro più chiaro dell’utilizzo di questa tecnologia a Cipro e in un documento pubblicato su Desalination and Water Treatment  ha analizzato la portata della desalinizzazione di acqua marina nel Paese, l’impatto di questa tecnologia sull’ambiente e le possibili soluzioni sostenibili.

A Cipro operano 5 grandi impianti di dissalazione – Dhekelia, Larnaca e Vassilikos  da 60.000 m3 di acqua al giorno, Episkopi (Limassol) da 40.000 m3  e Paphos da 15.000 m3 – e 24 unità di desalinizzazione più piccole (tra i 2.400 e i 53 m3 al giorno), costruiti tra il 1982 e il 2020,  che forniscono acqua potabile a comuni, fabbriche, centrali elettriche, strutture turistiche e militari di Cipro.

A causa del consumo di energia, questi dissalatori, tutti insieme, nel 2018 emettevano nell’atmosfera l’equivalente di circa 169 chilotonnellate di CO2, cioè circa il 2% delle emissioni totali di gas serra dell’isola. Il team di ricerca ritiene la desalinizzazione fondamentale per l’approvvigionamento di acqua potabile sicura a Cipro e in altre isole e zione aride, ma occorre affrontare il consumo di energia che a Cipro rappresenta circa il 5% del consumo totale di elettricità e una delle quote maggiori del consumo di elettricità tra gli utenti finali industriali. Come ha spiegato su Cyprus Mail  uno degli autori dello studio, Frithjof Kuepper dell’università di Aberdeen, «Sebbene si tratti di cifre inferiori a quelle temute, sono destinate ad aumentare se non si prendono provvedimenti, dato che anche la necessità di acqua aumenterà».

Visto che la dissalazione dell’acqua, nonostante i rapidi progressi tecnici degli ultimi anni, ha naturalmente ancora un certo impatto sull’ambiente, lo studio ha ottenuto il sostegno dei progetti “Re-designing the value and supply chain of water and minerals: a circular economy approach for the recovery of resources from saline impaired effluent (brine) generated by process industries” (Zero Brine) e “Next generation water-smart management systems: large scale demonstrations for a circular economy and society” (Water-Mining), finanziati dall’Unione europea.

A Cipro i 69,6 milioni di m3 di acqua desalinizzata prodotti nel 2018 hanno generato anche 103 milioni di m3 di effluenti di salamoia. I ricercatori hanno esaminato due dei più grandi impianti di desalinizzazione di Cipro (Dhekelia e Larnaca), e hanno scoperto che tale attività ha un impatto localizzato sulle praterie di Posidonia oceanica. Kuepper spiega: «Abbiamo riscontrato effetti negativi sulle praterie di Posidonia oceanica entro 150 metri circa dal punto di scarico. La prateria era meno densa e la struttura modificata».

Una delle autrici dello studio, Eleni Avramidi dell’università di Aberdeen, evidenzia un altro aspetto: «Stiamo anche studiando gli effetti della desalinizzazione sulle specie di fauna locali e alloctone. Vogliamo capire cosa implicano l’alto contenuto di sale e l’aumento di calore per specie locali e alloctone quali il pesce palla e il pesce scorpione».

Lo studio propone una soluzione promettente in grado di gestire sia il problema delle emissioni di CO2, sia dell’effluente di salamoia. Si tratta di un processo di desalinizzazione attuato utilizzando le energie rinnovabili (e il calore residuo) che non comporta lo scarico di liquidi. Questo renderebbe possibile il recupero dei sali, favorendo inoltre la decarbonizzazione delle attività di desalinizzazione a Cipro. Kuepper è convinto che i dissalatori saranno sempre più necessari ma anche che «Dovremmo utilizzare il sale in modo più coscienzioso, ed evitare di riversarlo in mare. Il sale marino non è altro che una miscela di materie prime, e può essere utilizzato ad esempio per produrre il litio, un componente indispensabile per le batterie. Così a Cipro potremmo guidare macchine alimentate dall’energia solare e dal sale marino. I ricercatori stanno lavorando a questo progetto, che mi auguro possa concretizzarsi entro i prossimi 10 o 20 anni».

La soluzione ai problemi che ancora presentano i dissalatori di Cipro – in diverso grado secondo la data di costruzione e la modernità della tecnologia illustrata – proposta dallo studio rientra nell’approccio di economia circolare promosso dai progetti Water-Mining, avviato nel 2020 e che terminerà nel 2024, e Zero Brine che si concluderà a maggio 2021.