Altro che ebola, sono molte di più le vittime per l’accaparramento armato dei beni comuni

[22 Ottobre 2014]

Il 19 Ottobre si è concluso il Social Forum Africano. L’edizione di quest’anno, ospitata nella città di Dakar (Senegal) è stata in particolar modo focalizzata sui conflitti legati all’accaparramento di risorse naturali da parte dei grandi soggetti, pubblici e privati, ed alle risposte possibili da parte dei movimento sociali africani.

Nonostante l’ebola infatti, continuano a fare infinitamente più vittime i conflitti dimenticati per l’accaparramento delle risorse di un continente che potrebbe essere il più ricco del pianeta. Petrolio e uranio, certo, ma anche oro, coltan, legname, e soprattutto acqua e terra. Le istituzioni finanziare internazionali raccontano di un continente traboccante di terra fertile pigramente inutilizzata, di risorse idriche “in attesa di essere valorizzate”. La realtà, è che l’accesso a queste risorse garantisce la sopravvivenza di milioni di individui. Nonostante la retorica coloniale della terra nullius, i casi di land-grabbing in Africa si accompagnano sistematicamente a violenze, abusi, torture, ai danni di chi quelle terre le abitava. I contadini del Mali ci hanno raccontato di interi villaggi bruciati dai gendarmi per fare posto al mito della terra inutilizzata. In Senegal, Etiopia e in molti altri paesi, espropri e deportazioni hanno lasciato morti sul campo.

 

Con all’attivo sette forum sociali continentali e 4 mondiali (Bamako, Nairobi, Dakar e Tunisi), l’Africa occupa oggi stabilmente il primo posto della mobilitazione altermondialista – o no-global, come si diceva un tempo – della società civile globale, scavalcando addirittura l’America Latina, patria storica del Social Forum.

E ogni Forum lascia un’eredità forte su cui lavorare: questa edizione del Social Forum Africano si è chiuso infatti con l’adozione di una “Dichiarazione per i Diritti alla Terra e all’Acqua”: la testimonianza di un’alleanza strategica dei movimenti globali contro il land-grabbing e il water grabbing, firmata da decine di organizzazioni della società civile convenute a Dakar. Carta che, per l’occasione, è stata proclamata dalla nota scrittrice maliana Aminata Traoré. Nell’anno della negoziazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU post-2015 e della COP15 di Parigi, si tratta di un passo importante per far sentire la voce della società civile globale. Che non è solo la vittima passiva delle pandemie agitate dai media, ma anche il soggetto di un cambiamento verso un altro mondo possibile, laboratorio di idee e pratiche per la tutela del bene comune.

 

Se il conflitto israelo-palesinese ci ha insegnato il valore strategico dell’accesso all’acqua, il continente africano indica un futuro prossimo di conflitti in cui l’acqua è la posta in gioco. L’accesso all’acqua, sempre più scarsa per via del cambiamento climatico, è al centro del conflitto nel Sahel. In Ghana, l’acqua è definita “bene di sicurezza nazionale” e un disegno di legge vorrebbe rendere passibile di imprigionamento il furto d’acqua (l’evasione della bolletta, che nel paese può raggiungere il 20% del reddito individuale). In Sierra Leone, sono sempre le terre più ricche di acqua quelle che vengono sottratte manu militari ai contadini per fare spazio alle colture idro-insostenibili di biocarburanti e canna da zucchero. E proprio 2 giorni prima dell’inizio del Social Forum, uno degli speaker invitati a parlare ad un seminario organizzato da COSPE è stato incarcerato per aver preso parte ad una manifestazione per il diritto all’acqua.

 

L’acqua è, insomma, il cuore di un conflitto sociale e ambientale che si sta imponendo su tutto il continente: è tra le risorse sempre più scarse, e di conseguenza sempre più appetibili, l’acqua è al centro di una vera e propria guerra “all’ultima goccia”, che vede coinvolti grandi multinazionali ed enti statali, specialmente nel continente africano. Al tema del “water grabbing” sono state dedicati ben tre workshop nel contesto del Social Forum, in cui esperti ed attivisti si sono interrogati sul ruolo della società civile dei paesi africani nei conflitti idrici, sul tema dell’acqua come diritto umano fondamentale, e sul futuro del management della risorsa idrica nel continente. COSPE è stato invitato dal comitato organizzatore del Social Forum a svolgere un ruolo di coordinamento nelle varie iniziative relative al diritto all’acqua.

 

COSPE lavora da sempre in Italia e in Europa sul tema dell’acqua sostenendo e promuovendo campagne contro la privatizzazione dell’acqua e perché l’acqua venga davvero riconosciuta come bene comune e diritto umano, come sancito dall’Onu. Inoltre attualmente lavora con i progetti “Water Citizen” in Ghana e “Water” in Swaziland per migliorare l’accesso all’acqua delle comunità. Recentemente ha lanciato la piattaforma che mira a censire e denunciare tutti i casi di accaparramento idrico nel mondo.

Luca Raineri, Cospe