Fracking, si rompe un’altra illusione: ha grossi impatti sulle falde idriche

Oltre il 90% dell'oro blu iniettato sottoterra non torna mai in superficie

[11 Novembre 2013]

Un nuovo rapporto, il Water Resource Reporting and Water Footprint from Marcellus Shale Development in West Virginia and Pennsylvania, rivela gli impatti sulle risorse di acqua dolce in Pennsylvania e West Virginia delle attività di fratturazione idraulica per estrarre il gas dal Marcellus Shale, l’enorme deposito statunitense di gas da scisti, e fornisce la più recente e completa indagine sull’acqua utilizzata e sui rifiuti prodotti dal fracking nei due Stati.

Evan Hansen, di  Downstream Strategies, spiega che «L’utilizzo e la contaminazione delle acque sono tra gli aspetti più pressanti e controversi dello sfruttamento del gas shale e del petrolio. L’industria e i politici devono ascoltare queste informazioni per evitare l’ escalation problemi per l’acqua e per i rifiuti».

Il rapporto, redatto dai ricercatori di Downstream Strategies  e della San José State University sulla base di dati dell’industria del fracking e dei due Stati, rileva che i volumi di acqua e delle scorie sono un motivo di preoccupazione e che obblighi gli inadeguati di comunicazione dell’industria rendono sconosciuta la reale portata del problema. Il boom fracking ha messo sotto grande pressione le risorse idriche in tutti gli Usa.

Dustin Mulvaney, dell’università di San José, sottolinea che «La nostra analisi dei dati a disposizione e l’identificazione dei dati mancanti indica che, anche con i nuovi obblighi di comunicazione, ancora non conosciamo a fondo il livello degli impatti sulle risorse idriche. Gli Stati dovrebbero richiedere agli operatori di monitorare e riferire ad ogni passo sullo stato dell’acqua e dei rifiuti, dalla costruzione del pozzo, alla fratturazione e alla fase operativa».

La sintesi dei risultati dello  studio è impressionante: oltre il 90% dell’acqua iniettata sottoterra per il fracking dei pozzi di gas non torna mai in a superficie, il che significa che viene rimossa definitivamente dal ciclo dell’acqua. Ciò potrebbe avere enormi ripercussioni in stati poveri di acqua; più dell’80% dell’acqua del fracking della West Virginia proviene da fiumi e torrenti. Il riutilizzo e il riciclaggio dei fluidi costituisce solo l’8% del recente utilizzo di acqua nella West Virginia e il 14% nel bacino del fiume Susquehanna in Pennsylvania, ed è altamente improbabile che sia una soluzione per le esigenze di acqua del frackin per il futuro.

Mentre il gas shale si espande, il volume dei rifiuti prodotti aumenta rapidamente. Tra il 2010 e il 2011, è cresciuto del 70%  per cento in Pennsylvania, raggiungendo più di 610 milioni di galloni.

L’utilizzo di acqua per unità di energia, chiamato anche blue water footprint, è superiore a quanto valutato da una precedente perché questo nuovo studio ha impiegato una definizione più rigorosa di utilizzo dell’acqua. Mentre gli studi precedenti prendevano in considerazione tutte le acque utilizzate per unità di energia, questo prende in considerazione solo l’acqua che viene rimossa definitivamente dal ciclo dell’acqua.

West Virginia e Pennsylvania hanno adottato misure per raccogliere informazioni sui prelievi di acqua, iniezione di liquidi e smaltimento dei reflui, ma sono incompleti e a volte gli operatori forniscono dati erronei  e gli stessi non è sempre sono facilmente accessibile al pubblico.

Bruce Baizel direttore del programma energia di Earthwork, conclude: «Da questo rapporto è chiaro che il fracking utilizza e continuerà ad utilizzare notevoli risorse idriche, nonostante le dichiarazioni contrarie dell’industria. Questo significa che abbiamo bisogno di un più forte controllo pubblico del fracking, e anche un dibattito più robusto sulla quantità di acqua che siamo disposti a dare per i pozzi del fracking».