Genova, dopo il fango dell’alluvione arriva ora lo scaricabarile delle responsabilità

[14 Ottobre 2014]

Non c’è nulla in Italia che ritorni con sistematica periodicità come i disastri e i lutti conseguenti l’esondazione di fiumi e torrenti. Ma non solo disastri, danni, lutti, rabbia, impotenza; ritornano sistematicamente anche gli scaricabarile. Pietosi, e per certi versi lugubri, tentativi di chiamarsi fuori. Analisi imprecise di quanto accade. Volutamente imprecise.

C’è sempre qualcuno, che non viene mai chiamato per nome, che ha dimenticato qualcosa o che ha ritardato una decisione, che non si è preoccupato. Tentativi maldestri di distogliere l’attenzione dalle proprie responsabilità.

In questi tragici giorni del dopo, ma non troppo, a Genova basta scorrere i giornali o ascoltare i servizi radio televisivi per rendersi conto che tutto è come prima; nulla è cambiato.

Purtroppo la sensazione che ne scaturisce e che certamente attanaglia pure coloro che hanno visto i questi giorni andarsene case, luoghi di lavoro, mezzi di trasporto, tranquillità, e che passano le loro giornate con le mani nel fango e col viso rigato dal pianto,  é che tutto rimarrà esattamente come prima.

E io voglio provare a spiegare perché tutto è rimasto come prima e probabilmente così sarà ancora per molto tempo ancora. Voglio ricordare a tutti che già agli inizi degli anni 90, per non andare troppo in là nel tempo, era stato approvato, e appaltato, l’esecuzione di un canale diversore in galleria che avrebbe potuto certamente ridurre consistentemente, se non del tutto eliminare, il disastro che si è compiuto in questi giorni a Genova.

Quei lavori furono interrotti per una indagine su presunte mazzette. Mai ripresi. L’impresa ha avuto soddisfazione dopo lunghi anni di causa e ha riscosso, credo dal Comune, una somma consistente per quell’interruzione. I lavori cominciati sono stati dimenticati e nessuno ma proprio nessuno che in questi oltre venti anni se ne sia preoccupato.

Io qualche profilo di responsabilità ce lo vedo. Voglio anche ricordare che in Liguria c’è di fatto un Commissario all’emergenza, credo già dal 2010, che come tutti i Commissari ha poteri speciali, anche se poi il nuovo Governo li ha eliminati nominando al loro posto i Presidenti di regione. Nel senso, anche questo dobbiamo ricordarlo, che possono assumere decisioni in deroga a tutta una serie di normative che in tempo non emergenziale sembrano fatte apposta per ritardare i lavori.

Io ho avuto modo nella mia vita professionale di collaborare con un Commissario. Ma era un Commissario speciale perché per tutto il suo lungo mandato mai, e dico mai, ha avuto dalla gestione commissariale neanche un euro di rimborso spese e ha fatto celermente il lavoro per il quale era stato chiamato. Con tenacia e con determinazione contro molti, a cominciare dagli uffici di questa o quell’ente o di questa o quella agenzia tecnica, che, gelosi delle loro prerogative, misero spesso i cosiddetti bastoni fra le ruote.  I lavori sono stati finiti nei tempi previsti e, udite udite, con qualche risparmio; ma non mi risulta che quel Commissario abbia avuto un qualche ringraziamento dalle autorità centrali dello Stato.

Rimane il fatto che quando si vuole si può operare.

Certo la piazza di Genova non deve essere facile. I consistenti finanziamenti fanno gola a molti e certamente, fra questi, ci sarà anche chi farà carte false per partecipare al banchetto. Con questo termine, perché non ci siano dubbi interpretativi, intendo le pressioni per far approvare un progetto piuttosto che un altro e per essere i primi della lista quando i lavori dovessero essere assegnati. E queste pressioni si esplicano nei confronti di tutti gli attori: tecnici, funzionari, amministrativi, politici. E più il legame con la propria città è forte e più le pressioni si fanno sentire perché ci sono anche i risvolti, per certi aspetti imponderabili, come la ricerca e il mantenimento del consenso.

Difficile oggi trovare uomini che abbiano competenze, abilità professionale, senso del dovere e altruismo. Uomini che sappiano dire molti no e che abbiano come loro unico obiettivo la realizzazione del compito che gli è stato affidato. Senza tentennamenti, senza compromessi. E che sappiano resistere anche alla pubblica opinione che talora, male informata e male indirizzata, ci mette del suo per contrastare un opera pubblica necessaria.

Se oltre a tutto questo ci mettete il fatto che nessuno risponde o è chiamato a rispondere delle proprie responsabilità avrete la giustificazione di questo ennesimo disastro.

di Vittorio D’Oriano, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi 

foto di Giovanna Fadda