L’acqua del mare è risalita per 30 km lungo il delta del Po

Crisi climatica, abbassamento del suolo ed estrazione di gas spingono il cuneo salino e mettono a rischio l’agricoltura

[28 Agosto 2020]

«La risalita dell’acqua salata, detta cuneo salino, nei rami del Delta del Po è un grande problema, che viene accentuato dalla siccità e da una regimazione non regolare; contamina le falde e nelle situazioni più gravi rende l’acqua inservibile a fini potabili e per l’irrigazione di terreni  che, peraltro, essendo caratterizzati dalla forte componente sabbiosa, facilitano l’infiltrazione di acqua salata».

A spiegare il quadro della situazione è Franco Dalle Vacche, presidente del Consorzio di bonifica Pianura di Ferrara, che pone l’accento su un fenomeno in rapido avanzamento. Se da una parte le portate del fiume Po sono praticamente dimezzate rispetto alla media, a causa della siccità legata alla crisi climatica, dall’altra «negli ultimi 20 anni l’acqua salata del mare è riuscita a risalire di quasi 30 chilometri lungo le foci deltizie, in particolare nei rami secondari  che, per quanto riguarda il ferrarese, sono il Po di Goro ed il Po di Volano. Entrando nell’entroterra, mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole, che operano sul territorio estense verso la costa, a causa della presenza di maggiori valori di salinità sia nelle acque necessarie per l’irrigazione, che in quelle di falda altrettanto importanti».

«Si tratta di una minaccia molto significativa, che da sempre è oggetto di intervento del Consorzio – sottolinea il presidente – che attenziona 40 chilometri di zona costiera, dal Po di Goro alla foce del Reno. Contrastiamo la salificazione dei terreni, immettendo acqua dolce, prelevata e veicolata dai nostri impianti e canali, permettendo così la diluizione della salinità. Tale opera, in particolare, è svolta dai canali di gronda, realizzati paralleli alla costa, nei quali immettiamo acqua dolce, creando una barriera naturale, che favorisce la vita della flora naturale e la produzione agricola di questi areali costieri. Senza quest’azione costante, zone come il Bosco della Mesola o le pinete verso i lidi sarebbero scomparse, ma anche gli importantissimi vivai della zona non potrebbero conservarsi».

A questo ora si aggiunge il progetto internazionale “Reservoir” per una gestione sostenibile delle acque sotterranee: un programma gestito dal Consorzio Canale Emiliano Romagnolo e del quale il “Pianura di Ferrara” è partner attivo con l’obiettivo del monitoraggio del fenomeno nella zona del comacchiese.

«Il cuneo salino è certamente favorito dai cambiamenti climatici, dall’innalzamento del livello del mare, dall’abbassamento del livello del suolo dovuto a fenomeni naturali, ma anche dalle storiche estrazioni di gas – sottolinea Dalle Vacche – La nostra presenza è costante per salvaguardare l’ambiente e l’economia delle aziende agricole ma, per puntare ad avere risultati significativi, servirebbe davvero lavorare su più fronti, realizzando barriere antisale, ma anche una regimazione del Po, della quale si discute da anni e che, oltre a favorire la navigazione, lo renda meno soggetto a magre estreme, contrastando con efficacia la risalita dell’acqua salata. Nel contempo servirebbero azioni politiche per la salvaguardia della coltura del riso, che è una barriera naturale contro la salinizzazione dei terreni. Purtroppo, nel giro di pochissimi anni, da 11.000 ettari coltivati siamo oggi a soli 5000 ettari: una grave diminuzione causata dalle importazioni di riso asiatico  a prezzi molto bassi, mettendo fuori mercato le nostre produzioni, con il conseguente abbandono della coltura da parte degli agricoltori».