Nuovo studio della Fondazione CMCC

Siccità, l’Italia paga un tributo economico monstre

Dal 2001 al 2016, le estati sempre più torride hanno comportato per il nostro Paese perdite tra mezzo miliardo e 1,75 miliardi di euro

[28 Settembre 2020]

La forbice è ampia, ma il dato è comunque significativo: dal 2001 al 2016, la siccità in Italia ha comportato perdite economiche tra mezzo miliardo e 1,75 miliardi di euro.

A sostenerlo è un nuovo studio, “firmato” dal ricercatore David García-León, della Fondazione CMCC e pubblicato di recente sulla rivista Land Use Policy che propone un nuovo metodo per valutare gli effetti economici della siccità con un approccio agronomico ed economico, in grado di rappresentare i suoi impatti diretti e indiretti sull’economia.

Quello che emerge oltre al “conto economico” è che – anche se non dovrebbe certo sorprendere – Ad essere colpito non è solo il settore agricolo, “ma anche altri settori economici, come quello della produzione alimentare o dei servizi”.

La siccità – si legge nel documento – è senza dubbio fra i pericoli naturali più onerosi in termini di costi, seconda solo ad alluvioni e tempeste. La crescente frequenza e intensità dei periodi di siccità attese per effetto dei cambiamenti climatici, rende ancora più urgente la necessità di migliorare la qualità e l’affidabilità delle informazioni sugli impatti economici della siccità e di ulteriori e più accurate analisi dei costi, per integrare tali stime nella valutazione dei costi dei cambiamenti climatici.

David García-León, in passato Marie Curie Research Fellow al CMCC presso CMCC@Ca’Foscari e adesso in forze al Joint Research Centre della Commissione europea, studia gli effetti macro-economici (% PIL) degli impatti delle siccità agricole in Italia. Gli altri autori dello studio sono i ricercatori CMCC Gabriele Standardi Andrea Staccione, delle Divisioni scientifiche ECIP – Economic analysis and Climate Impacts and Policy e RAAS – Risk Assessment and Adaptation Strategies.
Se qualcuno pensa che i dati siano “vecchi”, in quanto si tratta di stime registrare fino al 2011, lo studio spiega che sono però “coerenti con quelle di altri studi, e in particolare con la stima fatta da Coldiretti per la siccità in Italia nel 2017 (anno estremamente secco) che, per livelli severi di siccità, stimava le perdite per l’economia attorno ai 2 miliardi di euro”.

“Ci siamo avvalsi del telerilevamento, ovvero di immagini da satellite”, spiega García–León, “e attraverso l’uso dell’indice di vegetazione fPAR – fraction of Absorbed Photosynthetically Active Radiation, una misura dello stato vegetativo della pianta – siamo stati in grado di fotografare e monitorare nel tempo gli impatti sulla crescita della vegetazione e sulla produttività dei fattori di stress ambientali, in particolare lo stress idrico della pianta per effetto della siccità.”

“Questi dati”, aggiunge la ricercatrice CMCC Andrea Staccione, “sono stati quindi correlati ai dati geo-referenziati su uso del suolo e produzione agricola forniti dal Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria – CREA, per valutare gli impatti diretti della siccità sulle rese agricole”. In questo modo i ricercatori hanno potuto correlare lo stato vegetativo delle piante con le rese agricole, considerando tre diversi scenari e tre anni di riferimento per i livelli di siccità analizzati: 2003, 2006 e 2011, espressione rispettivamente di anni secchi estremi, moderati e lievi. Dopo una stima degli impatti diretti della siccità sulle rese agricole, gli autori hanno quindi stimato gli impatti indiretti per i diversi settori economici, sia a livello regionale che nazionale. “Gli impatti sulle rese agricole, aggregati a livello regionale e per le diverse colture, sono stati utilizzati nel modello regionalizzato di Equilibrio Economico Generale (CGE), un modello macro-economico specificatamente calibrato sull’economia italiana”, spiega il ricercatore CMCC Gabriele Standardi. “Le nostre stime ci dicono che i danni totali causati dalla siccità all’economia italiana oscillano tra lo 0,01-0,10% del PIL e non interessano solo l’agricoltura, ma hanno ripercussioni anche su altri settori a questa collegati, come quello dell’industria alimentare o dei servizi”.

La distribuzione spaziale dei danni economici – e anche questo non deve sorprendere – mostra una grande variabilità regionale, che dipende dalla configurazione geografica della siccità in uno specifico anno e dalle diverse colture presenti in quel dato territorio. Si nota inoltre una ricomposizione nell’uso della terra agricola verso quelle colture in teoria più resilienti alla siccità come ad esempio l’olivo.

“È importante sottolineare – conclude giustamente la dottoressa Staccione, che sa bene quanto sia fondamentale rendere concreti attraverso i numeri duri gli studi sul clima – come il nostro sia un approccio replicabile e scalabile, che potrebbe essere applicato ad aree specifiche o esteso per realizzare studi e valutazioni a livello europeo dei costi della siccità. Il nostro studio potrebbe quindi migliorare la gestione del rischio siccità della politica, aiutando a capire quali potrebbero essere le migliori azioni di mitigazione (pre-impatto), e di risposta post-impatto, da includere nei piani contro la siccità”.

La metodologia proposta mostra tutte le sue potenzialità come supporto ai processi decisionali su l’uso del suolo e su gestione delle siccità e potrebbero aiutare, ad esempio, anche la definizione di strumenti assicurativi che riflettano i costi prodotti da eventi siccitosi e, di conseguenza, adeguati strumenti di compensazione.