Agroecologia circolare: dal campo alla tavola

Un Green new deal dell’agricoltura libera da chimica e plastica, per combattere la crisi climatica e rilanciare l’economia verde

[15 Ottobre 2019]

Oggi a Napoli Legambiente ha lanciato la sfida per «Un nuovo modello di agricoltura che sposi appieno la sostenibilità ecologica; un’agricoltura che possa finalmente diventare non solo l’asse portante dell’economia made in Italy, ma un settore strategico anche dal punto di vista ambientale a cominciare dalle sfide imposte dalla crisi climatica». E per farlo ha chiamato a raccolta le esperienze più avanzate del nostro Paese per «proporre una nuova alleanza che possa condurre, oltre alla riduzione dell’utilizzo della chimica attraverso il ricorso a buone pratiche agronomiche, ad un impegno concreto per un Green new deal anche in questo settore».

Al primo forum nazionale di Legambiente sull’Agroecologia Circolare si sono confrontati agricoltori e aziende del settore agroalimentare delle diverse filiere e comparti, dalla coltivazione, alla trasformazione fino alla vendita, insieme a tecnici, studiosi e istituzioni per stringere un patto che possa rispondere alle crescenti richieste dei consumatori per avere prodotti più sani e per fermare la febbre del pianeta.

Legambiente sottolinea che «L’attenzione e la sensibilità nei confronti della sostenibilità ambientale delle filiere, dell’utilizzo delle rinnovabili – dal solare termico o fotovoltaico fino alla produzione di biogas o biometano – della lotta agli sprechi idrici ed energetici, dell’innovazione tecnologica delle macchine e attrezzature agricole in chiave sostenibile sono sempre maggiori in Italia e ciò ci dimostra che siamo sulla strada giusta. Anche in agricoltura è, inoltre, necessario porre un freno al largo consumo di plastica: su questo fronte, oltre alle pratiche virtuose già attive sul riciclo degli imballaggi in plastica, alcune sperimentazioni sui biomateriali e sull’eco-packaging devono essere per Legambiente incoraggiate per ridurne gli impatti su tutte le filiere».

Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, «Le politiche agricole nazionali e comunitarie devono cambiare rotta se vogliamo davvero rilanciare questo settore in chiave green Una parte della buona imprenditoria e della buona agricoltura italiana si sta dimostrando già molto attenta sia alle esigenze dei consumatori, che chiedono cibo sano e tracciabile, sia rispetto alla necessità di una svolta epocale per ridurre i processi di inquinamento ambientale. Il nostro obiettivo è quello di mettere in campo una serie di sinergie con le eccellenze dell’ambito agroalimentare, istituzioni, università e centri di ricerca per cambiare in meglio l’attuale modello agricolo. Un modello che guardi alla riduzione degli impatti climalteranti, alla valorizzazione del biologico e alla qualificazione dell’agricoltura integrata, promuovendo l’economia circolare e l’utilizzo di materiali riutilizzabili, riciclabili e compostabili, fino al profilo etico del lavoro in agricoltura e alla lotta all’uso dei fitofarmaci illegali. Un modello, siamo convinti, che saprà garantire sostenibilità sia dal punto di vista ambientale che economico e sociale. Al Governo italiano e all’Unione Europea chiediamo di valorizzare queste esperienze, prevedendo da subito meccanismi premianti e scoraggiando anche economicamente pratiche agricole e zootecniche intensive ed a elevato impatto ambientale».

Nel corso del forum di Legambiente sono stati presentati gli Ambasciatori del territorio: realtà agroalimentari (molte delle quali presenti in Campania) che producono nel rispetto del patrimonio ambientale, sociale e culturale dei loro territori, che mettono al centro la sostenibilità ambientale e la salute dei consumatori.

Oltre a contribuire fortemente alla crisi climatica, l’agricoltura intensiva, l’eccessivo utilizzo della chimica e la corsa alle rese piuttosto che alla qualità causano anche la perdita di biodiversità, mentre aumentano, in particolare nelle acque, i livelli di sostanze dannose per gli esseri umani.  Inoltre, negli ultimi 20 anni in Italia sono scomparsi 5,4 milioni di ettari di terreni coltivati, praticamente una superficie pari a Liguria, Piemonte e Lombardia messe insieme.

Per Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, «Ribaltare tutto questo è possibile, ma servono provvedimenti concreti, liberando agricoltura dalla dipendenza dalla chimica e puntando con vigore sul biologico che già oggi in Italia ha numeri considerevoli: 2 milioni di ettari coltivati, il 15% della superficie agricola complessiva, 72.000 operatori coinvolti per un fatturato di 3 miliardi di euro l’anno. Per sostenere questo processo è necessario investire sempre più in politiche di ricerca e innovazione per consentire all’agroecologia di affermarsi come punto di riferimento strategico in modo tale che sia presidio sociale dei territori rurali cooperando alle politiche di disinquinamento e di difesa della biodiversità Al Governo chiediamo di avere maggiore coraggio: l’obiettivo deve essere quello del raggiungimento del 40% di coltivazioni biologiche rispetto alla superficie agricola entro il 2030, ma anche tempi rapidi per la riduzione dell’utilizzo di pesticidi, il rafforzamento del sistema dei controlli e l’incremento di metodi di coltivazione più sostenibili. Per tutelare la salute dei cittadini, inoltre, occorre stabilire distanze minime di 15 metri rispetto ai trattamenti di pesticidi  dalle aree antropizzate (case, scuole aree sportive) per i trattamenti di fitofarmaci, vietandoli nel verde urbano».

Il Cigno Verde è convinto che «La sfida per la Politica Agricola Comune deve essere l’abbandono della logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro che ha caratterizzato la programmazione precedente e divenire sempre di più un punto di riferimento per chi pratica agricoltura sostenibile, biologica e diminuisce fortemente i carichi emissivi. Gli stessi presupposti devono però essere alla base del nuovo Piano di Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari che sta per essere adottato in Italia.  Liberare l’agricoltura dalla chimica è uno dei pilastri sul quale fondare il nuovo modello di agricoltura». L’ultimo dossier Pesticidi dell’associazione ambientalista evidenzia che «Ancora oggi, seppur diminuita negli anni, la quantità di fitofarmaci sia ancora considerevole: 130.000 tonnellate di pesticidi che contengono 400 sostanze diverse. I trattamenti effettuati con molecole pericolose di sintesi (diserbanti, erbicidi, fungicidi) non si limitano infatti al bersaglio, ma si disperdono nel suolo e nell’ambiente: secondo i dati forniti da IspraA la presenza di principi attivi dei fitofarmaci più usati in agricoltura è riscontrata sia nelle acque superficiali (67%) che in quelle sotterranee (33%)».

Ridurre l’uso di sostanze inquinamenti e dannose significa anche combattere le sacche di illegalità ancora presenti nel comparto agricolo. Legambiente conclude ricordando che «Ancora oggi vengono illegalmente agli agricoltori prodotti realizzati con molecole vietate dalle attuali leggi, pericolose sia per gli ecosistemi che per gli stessi agricoltori e per i consumatori. E’ molto importante dare sostegno alle iniziative volte al contrasto del caporalato: dove non c’è rispetto del lavoro e della legalità è assai difficile che ci sia rispetto della salute dei cittadini e dell’ambiente».